Israele e gli ultimi giorni
“Poichè i figliuoli d’Israele se ne staranno molti giorni senza re, e senza principe; senza sacrificio, e senza statua; senza efod, e senza idoli. Poi i figliuoli d’Israele ricercheranno di nuovo il Signore Iddio loro, e Davide lor re; e con timore si ridurranno al Signore, ed alla sua bontà, nella fine de’ giorni” (Antico Testamento, Profeta Osea 3, 4-5).
Mentre mi accingevo a scrivere questo articolo, mi ha colpito ed addolorato la scomparsa di un uomo le cui lezioni sull’Antico Testamento ho seguito con immenso piacere e crescente affetto. In data 4 aprile (22 di Nissàn 5781, ultimo giorno di Pesach) è venuto a mancare Rav Elia Richetti (1950), già Rabbino capo delle Comunità ebraiche di Trieste e Venezia. Nel mondo evangelico ed evangelico pentecostale è sempre un argomento vivo quello del rapporto con il popolo d’Israele. Al di là delle singole posizioni denominazionali e personali, abbiamo in comune il Dio d’Israele ed adoriamo il Dio d’Israele che si è manifestato in Cristo per la dispensazione della Grazia, della Riconciliazione e dello Spirito Santo. Il nostro compito di cristiani non è quello di giudicare il popolo d’Israele, bensì quello di pregare per esso, perché si adempiano le moltissime profezie, dell’Antico e del Nuovo Testamento, secondo le quali arriverà il giorno in cui questo popolo riconoscerà in Cristo Gesù (crocifisso e risorto) il Messia che ancora oggi sta aspettando.
“… e riguarderanno a me che hanno trafitto; e ne faranno cordoglio che si fa per il figliuolo unico; e ne saranno in amaritudine, come per un primogenito. In quel giorno vi sarà un gran cordoglio in Gerusalemme” (Zaccaria 12:10-11).
Sull’avvenire di Israele, consiglio di leggere l’Epistola di Paolo ai Romani, capitolo 11. Per la “caduta” di Israele è avvenuta la salvezza dei Gentili (i non appartenenti al popolo di Dio) perché la loro “diminuzione” è la ricchezza dei Gentili (versi 11-12). “… induramento è avvenuto in parte a Israele, finché la pienezza dei Gentili sia entrata. E così tutto Israele sarà salvato, secondo ch’egli è scritto … (verso 25-26).
Tanti anni fa un Rabbino convertito al cristianesimo arrivò a dire che Dio ha amato il mondo più del suo popolo perché per salvare il mondo ha sacrificato Israele; e il richiamo sembra proprio al noto verso di Giovanni 3:15: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque creda in lui non perisca, ma abbia la vita eterna”. Perché Cristo è la chiamata universale.
Ma Israele resta l’Israele di Dio. Scrive Paolo: “Ben son essi nemici, quant’è all’evangelo, per voi; ma quant’è all’elezione, sono amati per i padri. Perché i doni, e la vocazione di Dio, sono senza pentimento” (Romani 11:28-29).
Israele verrà a Cristo, anzi Israele sta per venire a Cristo. Questo tempo è ormai alle porte. Questa è la profezia che sta per adempiersi: la Stella di David (Israele) riconoscerà “la radice e la progenie di Davide”, Cristo, la Stella del Mattino (Apocalisse 22:16) e quel sangue della Croce unirà due popoli: quello salvato per Grazia (i Cristiani) e quello amato per elezione (Israele). Perché Cristo “è la nostra pace, il quale ha fatto dei due popoli uno solo” (Efesini 2:14).
Ritornando al verso di apertura del profeta Osea, questi che stiamo vivendo sono gli “ultimi giorni” in senso biblico, “la fine dei giorni”. Su questo tema, il libro di recente pubblicato “Ultimi Tempi 2027” (Amazon).
A Dio tutta la gloria!
Gianfranco Annino