Don Olindo Del Donno
Una ricorrenza non priva di significato per la storia del cattolicesimo italiano cadrà l’anno prossimo, in particolare per l’area del pensiero non conformista, se si vuole anche tradizionalista, di segno appunto cattolico.
Nel 2022, infatti, si ricorderanno i centodieci anni dalla nascita di don Olindo Del Donno (20 aprile 1912), presbitero, eclettico uomo di cultura e dottrina, parlamentare del Movimento Sociale Italiano, personalità a suo tempo spesso al centro di polemiche, nota a livello nazionale per il portato anche provocatorio di alcune sue posizioni.
Don Olindo aveva origine campana, era nato a Santa Croce del Sannio, comune del beneventano situato nella valle del fiume Tammaro, lungo il tratturo Pescasseroli-Candela. Ma il prete politico ha avuto vita barese, città che ha amato e dov’è morto il 13 marzo del 2009.
Ci sarebbe molto da dire su questa particolare figura della storia della destra italiana e del cattolicesimo stesso. Laureato in giurisprudenza, lettere, filosofia e teologia, depositario di erudizione secondo stilemi antichi, è stato uno studioso su più ambiti, in più saggista moderatamente prolifico, a tema ora filosofico ora teologico. Abbiamo deciso, per ricordarlo, di concentrarci su una sua pubblicazione in particolare, un volume dedicato a don Giovanni Bosco: La pedagogia di san Giovanni Bosco, edizioni Milella di Lecce, 1963.
Il nostro ha firmato anche Storia della pedagogia (1965), Della educazione (1966), almeno su questi aspetti; Il Vangelo di San Giovanni – Letture filosofiche (1960), su altri campi, ancora prima; L’uomo e la Parola – Manuale di stilistica e metrica (1967), dopo. Sull’esperienza bellica, invece, Un alpino fra gli alpini in Albania, lavoro del 1946. E su quella politica, decenni dopo, Tre peccati e un deputato – Motivi di una scelta, 1982.
Ma ecco l’opera su don Giovanni Bosco.
Il libro è un’analisi abbastanza dettagliata del pensiero del Bosco educatore e pedagogo. Don Olindo entra nel cuore del tema, con tantissime citazioni del grande presbitero, accanto a ‘letture’ personali dell’approccio speculativo del futuro santo sul tema educativo. Emerge uno scandaglio specialistico da parte di Del Donno, facente ossia diretto riferimento al ricco suo bagaglio in questo senso, da laureato appunto in filosofia e teologia quale egli era. Le culture si abbracciano e così le possibilità di studio e conoscenza diretta delle posizioni di don Bosco. Non manca anche una dimensione fortemente emotiva da parte dell’accurato esegeta, non a caso don Olindo parla di «studio introspettivo» da parte sua, in pagine dal mirabile afflato persino poetico, di sicuro ispirato, tuttavia senza nulla togliere ai contesti meramente di studio del libro.
Questa sfaccettatura ‘lirica’ può benissimo inserirsi nel particolare animo dell’oratore e dell’erudito Del Donno, notoriamente incline, evidentemente anche come scrittore, al citazionismo durante pure i più ordinari eloqui, magari politico-parlamentari. L’operato di don Bosco, come noto attivissimo sul fronte dell’educazione, suo anzi tratto peculiare e distintivo dell’impegno anche sociale come uomo di fede, è così percepito secondo dinamiche che dal teologico, in quanto elaborazione precipua di un «discorso su Dio», passano allo spirituale, se non al mistico.
Anime cosmiche e La meta luminosa i paragrafi più emblematici secondo questa speciale visione ermeneutica di Del Donno.
Ma la dissertazione segue poi traiettorie legate a ragguagli dotati di maggior analiticità, quasi prettamente scientifica: Santità e pedagogia, don Bosco come «scrittore di Dio», espressione di Vocazione alla educazione, fedele all’insegnamento paolino (don Bosco Sulle orme di S. Paolo).
La pedagogia del sacerdote santo è definita tradizionalmente come «teologia della educazione», formula felice, utile anche a significare la perfetta dottrina cattolica che ispirava e muoveva l’agire del fondatore dei salesiani.
«Anima sacerdotale, don Bosco colse quest’ansia di infinito, forte ed irrompente, specie nei giovani e, nella dovizia inesauribile di elementi soprannaturali, offrì ai suoi monelli le investigabili ricchezze del Cristo per una integrale trasformazione spirituale». Scrive così don Olindo.
Il sapere promosso da don Bosco e la sua concezione di educazione sono da sempre e storicamente definiti come «preventivi», tutti aspetti che il libro richiama ampiamente, in prospettive afferenti ad un tempo che doveva ancora conoscere i cambiamenti che anche i salesiani imporranno al loro ‘credo’, specie dopo la svolta conciliare del Vaticano II (il libro è, come già detto, del 1963).
La seconda parte del volume raccoglie diversi scritti di don Bosco, con tutta evidenza scelti dall’autore campano-pugliese nella sequela del suo stesso pensiero attorno alle tesi del santo. Citazioni del don Bosco ‘secondo’ Del Donno.
Attraverso questi frammenti di radicale contenuto noi possiamo immaginare anche l’idea cattolica di don Olindo, come anche il suo stesso slancio educativo e formativo, nella certezza che egli seppe spendere nella Città di Dio ma anche nella Città dell’uomo la radice di un impegno, profondo ed intensamente vissuto. C’è anche da dire come, malgrado questi studi e scritti, la componente specificatamente cattolica di don Olindo, almeno nella pubblicistica libraria, sia stata poco fertile, nell’accezione quantitativa, non certo in quella quantitativa. La realtà è che il sacerdote era un patriottico, inserito nel dibattito nazionale, dunque non poteva sposare fino in fondo le tesi tradizionaliste, specie a livello storico e storiografico, si pensi alle conseguenze del discusso Risorgimento italiano. Egli, per sintetizzare, si collocava nello spirito di un Vincenzo Gioberti più che di un Davide Albertario: non fu un intransigente, nella connotazione storica e politica del termine, s’intende.
Di sicuro la stessa esistenza ‘pubblica’ di don Del Donno interroga sul grande argomento dell’esperienza dei cattolici in politica, non certo priva di biografie importanti spese in questo ambito. Un motivo di ricerca che demandiamo ad altri appuntamenti ed occasioni di studio attorno alla figura di don Olindo.
I discorsi parlamentari potrebbero offrire un interessante pretesto d’esame attorno alla sua personalità, alle sue parole, al suo consequenziale pensiero.
Per il momento un ricordo di Del Donno a partire da questa sua pubblicazione su don Bosco, anch’egli, se si vuole, un intransigente, proprio con riferimento al Risorgimento ed alle responsabilità di casa Savoia.
Un libro che comunque qualcosa contribuisce ancora a dire dell’uomo don Olindo, della persona di fede: persino, forse, del sacerdote che fu missino.
Marino Pagano