La tessera verde dello Stato patrigno
Al netto di una pandemia che ci tormenta da più di due anni, si aggiunge l’aggravante di azioni intraprese dallo Stato che, mentre inneggiano al fine nobile di preservare la salute mondiale, si esplicano attraverso metodi coercitivi lesivi della dignità dell’essere umano. Metodi, che di nobile, hanno ben poco, direi nulla.
Sì, perché lo Stato ha assunto le vesti del Patrigno autorevole che si ritiene capace di educare un Figlio al rispetto delle regole. Peccato non agisca informando e ponendosi come esempio primo, e facendo sì che questo suo figlio rinvenga, in autonomia critica, la dovuta corrispondenza tra le parole e i fatti.
Questo Patrigno, autoritario e un pò narciso, crede invece che la disciplina passi attraverso la manipolazione subdola, l’indottrinamento, il ricatto e l’espiazione, pena la perdita di potere personale che si afferma solo grazie alla piena e libera espressione del Sè.
Il prolungamento narcisistico del patrigno-padrone annulla il figlio nell’affermazione della sua identità, condannandolo per sempre all’inanità e all’inettitudine dell’elettrodo o, al contrario, pone le basi per strutturare un’identità che, per tagliare il cordone conflittuale con l’autorità e affermarsi, avrà bisogno di ribellarsi anche se questo gli costerà lo stigma di adulto antisociale.
Lobotomizzati dai mantra, somministrati con ogni mezzo di comunicazione spietata, che un pò ci coccolano alimentando in noi illusioni di immortalità e un pò agghindano la nostra probità di spirito solidale in nome di quel rispetto cieco agli obblighi del nostro padre-padrone, alimentiamo, di fatto, le nostre radici di intolleranza e odio, finendo per puntare il dito gli uni contro gli altri, contro chi, in ascolto autentico con le proprie pance, appare reticente verso una soluzione tuttora al vaglio della scienza eppure imposta con “spinte gentili”, colpevole dei suoi umani tentennamenti o di scelte bioetiche intime, antitetiche alle volontà del nostro Padre.
“Non vogliamo obbligare nessuno”, dice lo Stato, mentre i mantra ci parlano così: “Vaccino covid, la sicurezza sarà garantita!”; “Riprendiamoci il gusto del futuro”; “Facciamo squadra per la nostra salute”; “Obiettivo copertura 80%”; “La mia libertà finisce dove inizia la tua”; “Bisogna rendere la vita impossibile ai no-vax”; “Dal 6 agosto i no-vax resteranno chiusi come sorci in casa!”; “Dai no-vax violenza vigliacca”; “Sanzioni per chi non si vaccina”; “Licenziamo docenti e operatori sanitari che non vogliono vaccinarsi” “Estendiamo il green pass a tutte le attività quotidiane della gente”…
E così, mentre viene sdoganato l’obbligo vaccinale, viene posta un’interrogazione parlamentare con richiesta scritta il cui oggetto è “ritiro autorizzazione vaccini”. Mentre il vaccino ha fatto irruzione nelle case degli italiani ponendosi quale unica soluzione all’epidemia, i luminari veterani che educatamente hanno rilanciato timide proposte alternative, sono precipitati nel girone dei soggetti affetti da demenza senile. Mentre i virologi della TV non perdono occasione per farsi immortalare su un red carpet, un gruppo sempre più in espansione di camici bianchi, diventati complottisti, ignoranti, no vax, dietro le quinte, nel buio dell’anonimato, fa risplendere una solidarietà genuina, quella capace di nutrire ancora la scienza di speranza e fede. Sono gli stessi che, nella Casa della Scienza, accolgono tutti i bisognosi prendendoli per mano e accompagnandoli con fiducia in questo vicolo buio. Sono gli stessi che, lontani da una visione miope della cura e da una considerazione cinica del paziente, sanno che ogni percorso di cura intrapreso incomincia con il “prendersi cura”.
Mentre aumenta la curva degli “immunizzati”, aumenta la curva delle “vittime da reazioni avverse” (tangibili), eppure di questi ultimi sappiamo ben poco in quanto ci hanno fatto credere che il decesso abbia sfumature di intensità differenti: si muore debole o si muore forte.
Mentre un docente supera la prova “semaforo verde” varcando i cancelli di una scuola, un altro viene cacciato, prelevato dalle forze dell’ordine e umiliato in quanto, sebbene in possesso di tampone negativo che ne decreta con certezza lo stato di salute nel “qui ed ora” a tutela della sua comunità scolastica, risulta privo di tessera verde, la “tessera del vaccinato”.
Il docente, “dissidente e anticonformista”, rappresenterà un pericolo etico, deontologico e sanitario per la sua comunità. Dopo pochi giorni egli sarà licenziato in tronco, punito per aver disobbedito allo Stato scegliendo, in autonomia, come fosse giusto per sè tutelarsi e tutelare.
Mentre un tampone naso-faringeo invasivo e un tampone salivare molecolare non invasivo ma oneroso (quanto il triplo della retribuzione oraria di un docente), da ripetersi ogni 48 h, vengono sdoganati come uniche alternative valide all’ottenimento del green pass, un altro sistema di accertamento immediato, di pari attendibilità, non invasivo ed economico non viene riconosciuto e resta chiuso nel cassetto segreto delle “diverse-possibilità”.
Il docente “dissidente” che si aggrapperà al lavoro con tutti gli arti, si troverà costretto a “cedere al vaccino”, lo subirà come un atto di stupro sul proprio corpo e sulla propria psiche, oppure sarà comunque costretto a “ferirsi” inserendo ripetutamente il bastoncino nel setto nasale, emulando un gesto di stampo autolesionista. Si piegherà al ricatto facendo violenza su di sè o subirà il questa tortura.
E agli educatori professionali, a cui è stato vigliaccamente esteso l’obbligo della tessera verde, cosa accadrà?
Agli educatori che, da anni in lotta per la stabilizzazione alle dipendenze del Miur, operano nelle scuole al fianco degli alunni diversamente abili, con contratti ciclici parziali “offerti” da cooperative sociali appaltanti, ed un gettone di presenza (si parla di 9 € lorde ad ora), a loro chi procurerà un tampone salivare molecolare (65,00 € – 70,00 €) ogni due giorni, al fine di garantire la continuità educativa in sicurezza con i propri alunni diversamente abili ed il tracciamento nelle scuole?
Ancora una volta questa sarà la categoria degli “invisibili” e da oggi anche “dissidenti”.
Roberta Panuzzo*
*Pedagogista – Counselor professionale