Intervista: il dialogo cattolico-ortodosso, con don Alfredo Gabrielli
De “Il dialogo cattolico-ortodosso sul rapporto tra fede, sacramenti e unità della Chiesa” (Cittadella Editrice, Assisi 2022) di don Alfredo Gabrielli , docente di Ecumenismo nell’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “San Nicola” della Facoltà Teologica Pugliese e nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Sabino” di Bari, nonchè direttore diocesano e incaricato regionale dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso… se ne è discusso mercoledi 1 giugno presso la parrocchia Sacro Cuore di Bari. Sono intervenuti p. Giovanni Distante, priore della basilica di San Nicola, don Mario Castellano, liturgista con la partecipazione di S. E. mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto.
“La Fiaccola” lo ha intervistato per capire come procede il cammino tra le due Chiese sorelle. Ricordiamo che don Alfredo ha anche contribuito all’edizione di numerose pubblicazioni riguardanti progetti di ricerca e formazione dell’ Istituto “San Nicola”.
L’opera è conosciuta anche come il “Documento di Bari” approvato e pubblicato al termine della sessione plenaria tenutasi nel capoluogo pugliese nel 1987 dalla Commissione mista cattolico-ortodossa . Sono passati 35 anni dalla conclusione. Ce ne vuole parlare ? E quale ruolo meritorio ha avuto mons. Magrassi in quella fase molto delicata?
Il Documento di Bari è il secondo documento di studio della Commissione mista ufficiale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Esso è di per sé intitolato Fede, Sacramenti e Unità della Chiesa ed è diviso in due parti. Nella prima si guarda al rapporto tra fede personale e fede ecclesiale, come anche si tratta della relazione tra la fede, la sua espressione verbale e la sua espressione liturgica, dunque sacramentale. Nella seconda parte si applicano i principi teologici della prima al caso concreto dei sacramenti di iniziazione cristiana, chiedendosi soprattutto se la differenza di prassi tra Oriente e Occidente manifesta una diversità di fede. I lavori furono travagliati: emersero diversi ostacoli, sia teologici che non teologici. Ricordiamo che la Commissione si incontrò a Bari già nel 1986, ma non riuscì a portare a termine i lavori per l’assenza di diverse delegazioni ortodosse che esprimevano disappunto per alcune iniziative vaticane nei confronti del mondo ortodosso. Mons. Magrassi aveva gradualmente acquisito autorevolezza in Commissione, soprattutto grazie alla sua indole spirituale e monastica, alla possibilità di intrattenere relazioni con il mondo ortodosso in qualità di Arcivescovo di Bari, la città di San Nicola, e la sua competenza liturgica. Il suo apporto si può vedere sia nel contributo teologico, facendosi portavoce dell’autentica tradizione liturgica della Chiesa, che in quello pastorale-relazionale, intrattenendo sempre un clima di dialogo e fiducia reciproca, tanto da riuscire a portare a Bari la Commissione per due anni consecutivi per terminare i propri lavori.
La diocesi barese ha alle spalle una ricca storia ecumenica. Il libro mette in evidenza anche i frutti e i risultati raggiunti attraverso decenni di dialogo interreligioso (inappropriato, o si cancella o si mette “ecumenico”). Quali sono?
Il libro mostra come la scelta di Bari quale “seconda località occidentale” di riunione della Commissione (la prima fu Monaco, città dell’allora arcivescovo Ratzinger) non fosse casuale. Dopo il Concilio Vaticano II la Diocesi, attraverso i suoi pastori, aveva riscoperto il suo ruolo di ponte con l’Oriente ortodosso. Già mons. Nicodemo fu uno dei tre vescovi della delegazione vaticana che si recò a Costantinopoli per la revoca delle scomuniche. E così nel corso degli anni, grazie al supporto magistrale dei domenicani, poté nascere l’Istituto ecumenico “San Nicola”, che ancora oggi vede la partecipazione di docenti e studenti cattolici e ortodossi. Oltre a questa dimensione di studio, è stato fondamentale l’incrementare dei pellegrinaggi ortodossi in Basilica e la concessione di celebrare all’interno della chiesa la Divina Liturgia. Se si pensa che fino a circa cinquant’anni fa i fedeli venivano invitati a non mettere piede in una chiesa dell’altra confessione i progressi sono stati incredibili.
Ci sono questioni non chiarite, difficili da affrontare?
Dalle discussioni avvenute per il Documento di Bari si comprese l’importanza della risoluzione di questioni che esulavano dal dialogo teologico. Infatti si decise di iniziare ad affrontare il tema del proselitismo e delle Chiese orientali cattoliche (volgarmente definite “uniate”). Come vediamo anche oggi i rapporti tra le Chiese si giocano molto sulle relazioni in merito alle convivenze e alle giurisdizioni nei territori. La questione oramai divenuta centrale è quella della comprensione del primato del vescovo di Roma. Invece hanno perso importanza altre problematiche teologiche classiche che emergono solo in periodi polemici (ad es. il filioque o il riconoscimento del battesimo), mentre se ne aprono di nuove sulle questioni morali e sociali, come sull’approccio alla modernità. Ma sotto quest’ultimo punto di vista il dibattito è aperto già all’interno delle stesse Chiese.
Formulazione dogmatica, differenti discipline liturgiche e pastorali, mancato riconoscimento della validità dei sacramenti celebrati dai cattolici e altro ancora sembrano essere d’impedimento al dialogo.
La Commissione mista fu teologicamente chiara nel Documento di Bari ad accettare in linea teorica la diversità teologica, liturgica e pastorale. Quando si tentarono di applicare quei principi alla pratica di iniziazione cristiana ci furono dei nuovi irrigidimenti, causati soprattutto dallo “spettro” di atteggiamenti proselitistici. Ciò che il mondo ortodosso temette e teme è un approccio eccessivamente buonista e indifferentista rispetto alla diversità tradizionale. Probabilmente quegli ostacoli citati nascondono difficoltà di altra natura, che non semplicemente quella teologica. Di certo, una determinata comprensione di Chiesa permette di motivare teologicamente alcune prese di posizione.
Il testo riporta alla luce i documenti del dialogo cattolico-ortodosso che potrebbero essere ignorati o presto dimenticati con la speranza che si riavvii il cammino ecumenico . Ma sono necessari altri studi per riscoprirne l’importanza?
Dal mio punto di vista, ciò che manca non sono gli studi degli specialisti, che lentamente proseguono. È decisamente carente, invece, lo studio da parte dei ministri delle Chiese e la conseguente formazione di tutto il popolo di Dio; il passaggio cioè dall’élite al sensus fidelium. Le Chiese, poi, sembrano non prendere sul serio questi studi attraverso, ad esempio, una riforma del proprio modo di trasmettere il Vangelo nella predicazione, nella testimonianza e nel culto.
Se permette, don Alfredo, le pongo tre domande a cui da tempo cerco una risposta. Come può la Sposa di Cristo essere divisa? Non pensa che non si dovrebbe permettere ad interpretazioni teologiche e dottrinali di dividerla? Mi viene in mente il primo miracolo che Gesù fece alle nozze di Cana che simboleggiarono le nozze di Cristo con la Sua (unica) Chiesa. Tutto dovrebbe ruotare intorno alla Verita’ (Gv 14,6) alla pietra angolare (Salmo 118 , 22- 23 ) cioè a Gesù e quanti hanno ricevuto i Sacramenti ad iniziare dal Battesimo che ci rende figli di Dio e fratelli tra noi, costituiscono la Chiesa . Dovrebbe bastare questo per ritornare ad essere uniti… uniti in Cristo, da Cristo e non dalle diverse interpretazioni.
È vero, la divisione della Chiesa è uno scandalo per il Vangelo e la cosa che più preoccupa è che sembra che non ci si scandalizzi più di questo. Sin dall’inizio del cristianesimo ci furono diversi modi di interpretare la verità cristiana e di vivere la fede e di comprendere Cristo stesso. Le stesse Sacre Scritture ci trasmettono delle “letture” della figura di Gesù di Nazareth, che noi consideriamo autorevoli in quanto consegnateci dalla prima comunità cristiana. La storia ci ha trasmesso pure che sin dagli inizi alcune interpretazioni di Cristo furono considerate non conformi alla verità che Lui aveva annunciato, ossia non capaci di portare la salvezza nella vita dei credenti. Lo sforzo del cammino ecumenico è quello di comprendere quale pluralità non compromette, ma anzi edifica, la comunione con Cristo e tra le Chiese e quale pluralismo invece frantuma il disegno di salvezza.
Crede che ci si dovrebbe impegnare a pregare perchè il Signore riunisca le due chiese sorelle, mettendo in pratica la Sua parola “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17,23). “Come tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Anche san Paolo esorta all’unità… “affinché non vi siano divisioni tra voi… Cristo è stato forse diviso? (1Corinzi 1,10-17). Infatti se c’è divisione, come il mondo potrà convertirsi?
Un nemico ha messo zizzania a quanto sembra. È evidente che la divisione tra Chiese è contrario alla volontà del Signore e mortifica l’annuncio del Vangelo. Essa nasce anzitutto nel cuore dell’uomo, per questo l’anima di tutto il movimento ecumenico è lo Spirito Santo che spinge ciascuno alla conversione al Signore. Più ciascuno e ogni Chiesa si avvicina al Signore, più si può trovare la strada per la comunione vicendevole.
Il cristiano è unito a Cristo per quanto crede in Lui o per quanto conosce di Lui?
È una domanda che potrebbe richiedere molti approfondimenti, ma mi soffermo solo su uno spunto. La spiritualità cristiana afferma l’integrazione di tutti gli aspetti della vita, dunque non c’è separazione tra il credere e il conoscere. Ma ciò che permette l’armonizzazione degli aspetti della vita è lo Spirito Santo, che è Dio stesso, che è Amore. Solo chi ama conosce il Signore e crede in Lui. E nell’amore si può affermare con S. Agostino: Credo ut intelligam, intelligo ut credam (Credo per capire, capisco per credere).
Cinzia Notaro