La scomparsa di Piero Vassallo. Il tradizionalismo culturale nella rivoluzione metafisica tra crisi della modernità e fenomenologia 

È scomparso un personaggio di primo piano della cultura della tradizione. Un riferimento che ha sempre legato con eleganza filosofica l’utopia alla filosofia e questa ad una teologia tra escatologia, ortodossia e cattolicesimo. Piero Vassallo. Era nato a Genova nel 1933.

In uno dei suoi ultimi libri che ho avuto l’onore di presentare nella sede del Sindacato Libero Scrittori a Roma il sottile graffio del sottosuolo si è intrecciato con quella terra di Thule tanto cara ad un amico  di fratellanza antica.

Piero, Tommaso Romano ed io abbiamo percorso un progetto di esistenza e di cultura. Il libro in questione era “Un treno nella notte filosofante. Cronaca di un viaggio tra incubo e teologia”, Edizioni Solfanelli, con il quale editore ha pubblicato diversi ultimi libri che creano una identità ereditaria.
Il punto centrale ruotava intorno al viaggio come filosofia e il pensiero come creatività nella Idea. Ma i suoi studi da Mignosi a Vico, da Solzenicyn a Primo Siena sono il portato storico e spirituale di un intrecciare il tempo della ciclicità alla sacralità del metafisico. Studi editi nelle edizioni di Thule di Palermo.

In quel pomeriggio del maggio romano del 2013 parlammo, come spesso ci capitava nei nostri incontri, di intellettuali con i quali avevamo condiviso valori ed eredità sempre nel solco della tradizione, Francesco Grisi era venuto a mancare da oltre un decennio. Il suo scavare nei modelli dello spiritualismo iniziatico ci portava ad una problematica discussione sino a toccare l’antropologia filosofica di Gentile, al quale aveva dedicato uno scritto di notevole interesse: “Gentile l’Italiano”, Bibliotheca edizioni, Roma 2005.

Già nel 1963 pubblicò “Girolamo Savonarola (profilo biografico, inedito)”. Nel 1965 “Lo spirito del risorgimento” e tra il 1972 e 1974 scrisse “Mondo nuovo e apocalisse mondana, saggio sull’influsso neognostico nel pensiero politico” e un saggio “Su Teilhard de Chardin”. Ci fu una seconda fase dei suoi studi in cui intrecciò tradizionalismo e sacro come reale e realismo utopico. Mi riferisco agli anni di Thule con Tommaso Romano.

Pubblicò “Dal mondo nuovo alla libertà Solzenicyn profeta dell’età postmoderna”,1976, “In hoc signo Orientamenti per una milizia cristiana nell’ordine civile”, 1976,  “Vico filosofo della Controriforma”, 1976, “Nazionalismo rivoluzionario e nazionalismo cristiano”, 1977. La collaborazione con Thule continuò per anni sino a toccare una composita e articolata ricerca con testi sulla monarchia, sul cristianesimo, e un testo a più voci, al quale demmo un contributo io, Tommaso, Pino Tosca, Isabella Rauti:  “Oltre la modernità. La Tradizione”,  il quale costituì un vero documento sul Tradizionalismo popolare, era il 1989.
Il percorso toccò altri elementi sulla scia di una riflessione che riguardò “La gnosi del sottosuolo”. I suoi rapporti con Baget Bozzo e poi il suo legame con il cardinale Siri furono elementi di una riflessione incisiva proprio sul tema della spiritualità e letteratura.

Al Sindacato fu una di quelle voci fondamentali e i nostri convegni tra Roma, Genova, Palermo, Caserta e Taranto diedero un segno tangibile di una cultura, in quel tempo, in cui la cultura incarnata dalla destra era diventata un confronto fenomenologico tra spiritualità, appunto, e letteratura. A questa fase risalgono lavori come “Itinerari della destra cattolica”, Solfanelli, 2010, “Continuità della gnosi spuria nella destra italiana del Novecento”, “Icone della falsa destra”, sempre con  Solfanelli nel 2010.
Con Solfanelli, infatti, aprì un ulteriore cammino i cui contributi vanno da “Contravveleni e antidoti al pensiero debole Corti pensieri nella notte lunga”, “Futuro e Tradizione”, “Giuseppe Bottai”, “Icone della falsa destra”, “Itinerari della destra cattolica”, “Il un Fascismo e la Tradizione italiana”, “Ragione e Fede”, “Un treno nella notte filosofante, “Il viaggio del Novecento”. Una vita spesa per raccontare e fare capire quello che Piero stesso chiamava “delirio ateista” e gli incubi che fanno di ciò il fallimento del pensiero incastonato nella modernità, rinascendo sempre tra la traduzione e il futuro. 

Bisogna restare sfiniti perché lo sfinimento è già la crepa nel buio. Bisogna avere la consapevolezza dello sfinimento ma non bisogna mai considerarsi finiti. L’uomo che ha tracciato Piero è oltre quella visione papiniana, alla quale restavo però legato, e resta nel Cristo della completa resurrezione. La Tradizione ha la sua sacralità proprio nel viaggio cristiano che è una verità che supera ogni illusione, ogni catastrofe, ogni abisso. È qui che leggeva o intravedeva anche culturalmente la rifondazione italiana.

In quel “Treno filosofante nella notte”, edito da Solfanelli, c’è il suo testamento. 

La confessione. In Vassallo come in Zambrano divenne genere letterario. Un testamento di armonia, fede e cultura ma anche un leggere il tempo della leggerezza nella confessione dell’ironia itinerante tra la pagina e la vita. Il porto di approdo resta la presenza di Francesco Grisi, maestro di tutti noi, che propone una rivoluzione dello spirito attraverso interrogativi e forme di enigmaticità. A commento del testo, infatti, si legge: “Nel finale a sorpresa la speranza cristiana si propone attraverso i paradossi scintillanti e le espressioni enigmatiche e spericolate del poeta tradizional-futurista Francesco Grisi”.

Un rivoluzionario in una rivoluzione in cui la fede è tradizione e la tradizione è il silenzio nella ricerca di un  cammino tra verità e dilemma. Da Vico a De Maistre forse ma il tempo della religione in Piero è il tempo di Cristo. Il tutto in quei “Corti pensieri della notte lunga”, edito sempre da Solfanelli in cui un una nota di sottolinea: “Il fine perseguito da Vassallo è attualizzare la filosofia di San Tommaso d’Aquino intesa quale efficace e insormontabile ostacolo alla impunita circolazione del pensiero moderno negli ambienti ‘sapienziali’ intitolati alla tradizione immaginaria”. In questa tradizione l’infinito ha bisogno del sacro per reggersi. 

Piero lo sapeva bene. Come ben sapeva il legame tra memoria e storia definito proprio nel suo ultimo testo edito da Solfanelli e scritto con Sergio Pessot: “Il viaggio del Novecento. Influenza intellettuale e politica della rivoluzione italiana all’estero”. Qui si confessa dunque attraverso alcuni scrittori che in fondo hanno accompagnato un po’ tutti noi: Charles Maurras, il primo Jacques Maritain, Henri Massis, Georges Valois, José Antonio Primo de Rivera, Antonio de Oliveira Salazar, Knut Hamsun, Ezra Pound, Josef Tiso, Corneliu Codreanu, Louis Ferdinand Céline, Marcel de Corte, Robert Brasillach, Pierre Drieu La Rochelle, Maurice Bardèche. Una geografia spirituale in un un orizzonte di tempo. Il tradizionalismo culturale nella rivoluzione metafisica tra crisi della modernità e fenomenologia è un viaggio tra rocce e discese di pensieri. In alto i cuori ci dicemmo. Tra spiritualità e metafisica è questo che si abita. Una idea. Una filosofia. Il Cristo come principio e mai fine.

Pierfranco Bruni