Il matrimonio cristiano e le scelte di castità.
Il matrimonio cristiano ordinato per la procreazione, può anche essere vissuto in castità, astenendosi dai legittimi rapporti matrimoniali, ad imitazione del matrimonio tra la Madonna e San Giuseppe che è stato un vero e valido matrimonio ottemperando agli altri fini per cui è stato istituito: garantire protezione, sicurezza, amore, solidità, stabilità ai propri membri a beneficio anche dell’intera società.
Ci si domanderà come possa essere celebrato validamente un matrimonio simile, dato che il fine primario è quello di procreare ed educare cristianamente la prole?
Rileggiamo alcuni vecchi manuali di Teologia Morale.
Il matrimonio è il sacramento che unisce indissolubilmente gli sposi e gli dà la grazia di vivere santamente assieme e di allevare cristianamente la prole. Con il matrimonio i coniugi si scambiano a vicenda il diritto irrevocabile ed esclusivo sui loro corpi al fine di procreare la prole ed educarla cristianamente.
Oltre al fine primario del matrimonio (cioè procreare ed educare cristianamente i figli) ci sono due fini secondari: il mutuo aiuto spirituale e materiale dei coniugi; e il rimedio contro la concupiscenza (chi non riesce a dominare la concupiscenza della carne, è bene che si sposi, così eviterà di ardere dalla passione e di commettere qualche peccato di fornicazione, come scrive san Paolo in 1 Corinzi 7,2).
Il matrimonio può essere celebrato per uno qualunque dei suddetti fini, purché il fine primario non venga deliberatamente escluso. Affinché un matrimonio sia valido, il fine primario è necessario, pertanto chi
desidera sposarsi non può avere l’intenzione di escludere di cedere al coniuge il diritto ad utilizzare il proprio corpo per procreare la prole.
Tuttavia è lecito rinunciare a esercitare questo diritto, purché entrambi i coniugi siano d’accordo.
In sintesi: la cessione al coniuge del diritto sul proprio corpo per fini procreativi è necessaria per la validità del matrimonio, però è lecito rinunciare ad esercitare questo diritto, purché i coniugi siano tutti e due favorevoli a vivere in castità.
Questo tipo di matrimonio è denominato “matrimonio di San Giuseppe”.
La Chiesa infatti non emette dichiarazioni di nullità relative ad un matrimonio rato e non consumato, ma rilascia una dispensa, che dichiara sciolto un matrimonio dando la possibilità di celebrarne uno nuovo.
Papa Pio XI , nell’enciclica “Casti Connubi” sul matrimonio cristiano afferma che l’onesta continenza è “permessa anche nel matrimonio, quando l’uno e l’altro coniuge vi consentano”.
Alcuni esempi di beati e santi che hanno vissuto in castità la propria unione sponsale.
Il Beato Bartolo Longo a cui si deve la costruzione del Santuario di Pompei, svolse il proprio lavoro di amministratore dopo essersi convertito, presso la dimora di una ricca vedova e nonostante fosse nota
la sua onestà, alcune presone lo calunniarono facendo credere all’allora Pontefice Leone XIII che egli convivesse “more uxorio” con lei. Il Papa gli consigliò di sposarsi con quella donna, e così l’infamante calunnia venne messa a tacere. I biografi ritengono probabile che Bartolo e sua moglie vivessero in castità.
Santa Cunegonda, Figlia del re di Ungheria Bela IV, Cunegonda (o Kinga in ungherese) nel 1239 andò sposa a Boleslao, principe di Cracovia. Entrambi vissero in castità.
Jacques e Raissa Maritain si sono santificati non malgrado il loro matrimonio ma attraverso il loro matrimonio, anche quando a un certo momento della loro vita coniugale hanno liberamente fatto voto di castità.
Queste sante coppie di sposi hanno saputo onorare e mettere al primo posto Dio al centro della propria vita e quindi della propria famiglia elevando suppliche, orazioni al loro sposo, Il Signore, adorandolo
quotidianamente con perseveranza, fiducia e abbandono nello spirito (Mt 18,20).
A questa elevazione spirituale deve seguire anche il dialogo, il pensare insieme cercando di avere gli stessi sentimenti, le stesse vedute, le stesse preoccupazioni (Rm 12,16; I Cor 1,10); il condividere momenti di gioia, pena, paure e angosce sentendole come proprie (Rm 12,15; Eccl. 7,38); il perdonarsi subito e non addormentarsi senza essersi riconciliati e sentirsi in pace (Col 3,13). Da persone sapienti gli sposi devono ignorare una parola meno bella, un gesto meno rispettoso, far capire che non si è dato importanza a cose capitate, a gesti, sguardi non rispettosi (Ef 4,1). In ogni circostanza non si deve perdere la pazienza, perché “pazienza” è sapienza ( Col 3,12; Giac 5,7ss; Lc 21,19). Il loro cammino deve essere verso la perfezione crescendo in tutto ciò che è buono, bello, onesto, amabile (Mt 5,48; 2 Pt 3,18).
Cinzia Notaro