L’Europa contro le patrie

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L’Europa contro le patrie è il titolo provocatorio del pamphlet che Pierre Drieu La Rochelle  scrisse nel 1931 riproponendo la sua visione di un’Europa confederata. Non a caso fu accolto con disappunto dai benpensanti di destra e di sinistra. L’agile libello si articola in tre parti: un discorso ai Tedeschi, l’analisi delle vecchie e nuove patrie condotto secondo una prospettiva geopolitica e un breve dialogo “Partirai?”, in cui paventa un nuovo conflitto mondiale. La nota dominante del saggio è ancora una volta la critica al nazionalismo, giudicato ridicolo e detestabile, perché spinge ai conflitti e inevitabilmente avrebbe portato ad una nuova sanguinosa conflagrazione mondiale (mai scritto fu più profetico!).

È bene precisare che per Drieu le patrie non devono sparire, ma subire una trasformazione, spogliarsi del loro spirito nazionalistico, mantenendo però la propria identità. Anzi, nel proporre una Confederazione europea che sia rispettosa delle autonomie, delle storie e delle tradizioni di ogni popolo europeo, lo scrittore francese non esita ad affermare la necessità di dare un’ampia autonomia a regioni come l’Alsazia, la Corsica, il Tirolo, la Catalogna, nonché alle nuove patrie che si andavano formando ad Est come la Serbia, la Macedonia, la Slovenia. Drieu prende di mira chi confonde la patria col cannone, ma difende strenuamente quel senso di appartenenza ad una comunità che è propria di ciascuna patria.

Al fondo del suo ragionamento è l’osservazione che la nuova patria europea debba misurarsi con la nuova economia. Senza un nuovo blocco europeo la sfida con gli altri blocchi: americano, sovietico, asiatico, è perduta in partenza. E rivolgendosi ai Tedeschi si spinge a dire: «Io non tengo alla Francia e se voi tenete alla Germania, tanto peggio; non vi seguirò nel recinto, colmo d’ossa, in cui vi siete rinchiusi».

A chi lo accusava di utopismo, rispondeva: «Utopia? Un uomo che scrive non può che dare forma a un’utopia. La sola garanzia degli uomini contro se stessi è l’utopia».

Drieu può senz’altro annoverarsi tra i precursori misconosciuti dell’idea di Europa. Un’Europa dei popoli sovrani e confederati e uniti politicamente, militarmente ed economicamente. Niente a che vedere dunque con l’Unione Europea così com’è oggi, che è una mistificazione burocratica rispetto all’idea di Europa disegnata e auspicata da Drieu. L’attuale Unione europea è infatti al traino della politica statunitense attraverso la NATO e i vari accordi commerciali, è sottoposta alla burocrazia asfissiante di Bruxelles ed ignora le sue radici greco-romane e cristiane. Peraltro ha cominciato a costruirsi dal tetto anziché dalle fondamenta, vale a dire dalla moneta unica che doveva essere invece il punto d’arrivo.

La meditazione di Drieu sull’Europa proseguirà negli scritti successivi e fino agli ultimi giorni della sua vita con Socialismo fascista (1934), Appunti per comprendere il secolo (1940) e con un breve appassionato romanzo L’uomo a cavallo (1943), che segna il momento della sua delusione di uomo e di scrittore politico per la disfatta di quella nuova Europa che aveva fino ad allora vagheggiato.

Sandro Marano