“Bléche”, ora in italiano

Scritto in prima persona secondo la tecnica del flusso di coscienza nel 1928 e tradotto per la prima volta in Italia, “Bléche” è il secondo romanzo di Drieu dopo “L’uomo coperto di donne” (1925).

Bléche è l’indiretta protagonista del romanzo, una figura femminile dolce e volitiva nel contempo, che non rinuncia ad amare malgrado il disincanto: «Oh! l’amore… esiste. Solo che passa tra la gente… Difficile prenderlo. E poi vi prende di sorpresa, noi che lo aspettiamo con tanto ardore, alla fine non siamo preparati…», lei osserva in un dialogo con Blaquans, che è invece l’io narrante del romanzo.

Blaquans è un affermato giornalista politico, che non vive però in famiglia con la moglie e i figli, ma in una stanza disadorna d’un bel caseggiato nei pressi di Notre-Dame. È in questo luogo, che assomiglia vagamente alla cella di un monastero, che egli scrive i suoi articoli di fondo, meditando sui grandi temi dell’esistenza. Ma ecco d’un tratto accadere qualcosa che turba profondamente la sua quiete: la sparizione dei preziosi gioielli che la moglie gli ha regalato per poter fare un viaggio in America e in Russia e di cui sospetta la sua segretaria, la giovane Bléche.

In realtà, dietro i sospetti nutriti nei confronti di Bléche si cela ben altro. Blaquans alterna desideri e rinnegamenti, è un egocentrico, incapace di tessere rapporti autentici con le altre persone, un piccolo borghese che ama soprattutto la propria «solitudine selvaggia», persuaso di poter resistere al fascino che la donna esercita su di lui («io non amavo Bléche e tuttavia mi affascinava», confessa a se stesso). All’indagine propria di un giallo sul presunto furto dei gioielli si aggiunge nel romanzo la serrata e sottile analisi psicologica sul rapporto spesso problematico che lega l’uomo alla donna e sulla natura degli uomini del nostro tempo.

In Bléche Drieu dissimula alla meglio gli elementi autobiografici che sono sempre presenti nella sua produzione narrativa e perfino saggistica. È fondamentale anche in questo romanzo il tema della decadenza, del declino dell’uomo e della civiltà, che è da lui profondamente sentito e vissuto fino al punto da diventare il filo conduttore della sua opera.

Considerato a torto tra le opere minori di Drieu, “Bléche” è senz’altro un piccolo capolavoro, un «romanzo di accadimenti e di inquietudine che è impossibile cominciare a leggere senza finirlo», come annotava Colette nel suo diario. L’amore al giorno d’oggi, sembra volerci dire lo scrittore francese, è una passione triste. E questa confessione, se è vero che la letteratura è una forma edulcorata della confessione, ci riguarda tutti.

Sandro Marano

Pierre Drieu La Rochelle (1893 – 1945) è stato uno dei maggiori intellettuali francesi del primo Novecento. Scrittore affascinante e lucido, nei suoi romanzi e nei suoi saggi descrisse la decadenza del suo tempo prendendo posizione contro il materialismo e il nichilismo dilaganti nell’Occidente. Avendo creduto, e proposto tra i primi, una confederazione dei popoli e delle regioni d’Europa contro i grandi blocchi americano, sovietico e asiatico che si andavano allora delineando e costituendo, si schierò negli anni Trenta con le rivoluzioni nazionalpopolari che cercavano di trovare una terza via tra capitalismo e collettivismo. Al crollo delle sue speranze nella notte tra il 15 e il 16 marzo del 1945 si tolse la vita.

Per quanto riguarda la narrativa, sono da segnalare i romanzi “Una donna alla finestra” (1929) e “Fuoco fatuo” (1931), da cui furono tratti dei film con la regia rispettivamente di Pierre Granier-Deferre nel 1977 e di Louis Malle nel 1963, nonché “Gilles” (1939), che è considerato il suo capolavoro, e “L’uomo a cavallo” (1943). Dedicati alla prima guerra mondiali, cui l’autore partecipò come volontario, i magnifici intensi e duri racconti de  “La commedia Charleroi” (1934).

”Bléche” di Pierre Drieu La Rochelle, 160 pagine, 16 euro, Eclettica edizioni