Calcio. I buuu di ieri e quelli di oggi. Tra cronaca e storia.
C’era una volta un buuu o bu-bu-bu che echeggiava negli stadi urlato dai tifosi della squadra del cuore contro i giocatori avversari; ma c’è ancora oggi un buuu impronunciabile, urlato nei campi di calcio, offensivo per i giocatori che militano nei nostri campionati, presi di mira per il colore della pelle. L’accusa per chi proferisce tali insulti è quella di razzismo. Dinanzi al dilagare degli insulti, fra campagne di sensibilizzazione ed azioni repressive tese a ridurre, fino ad eliminare il buuu ed ogni altro tipo di sfottò razzista, da talune parti si è insistito a minimizzare il tutto sottolineando di non dare importanza al “fenomeno”: in pratica, più se ne parla e più si reprime, più i casi aumentano. Ciò per quanto riguarda il buuu impronunciabile di questi tempi.
Eppure, per chi ha vissuto la cronaca – poi fattasi Storia – del nostro calcio, ci fu un altro buuu urlato dalle tifoserie negli stadi, soprattutto nei primi anni Settanta, quando la squadra del cuore giocava in casa. Nei primi anni Ottanta il buuu scomparve per riemergere nei tempi attuali con sfottò a carattere appunto razzista.
Prima di esaminare il buuu originario degli anni Settanta appaiono doverose talune precisazioni. Non era continuamente urlato il buuu, ma quando le tifoserie, partendo da piccoli gruppi di supporter, lo “intonavano” contagiando tutto lo stadio, gli effetti sonori erano alquanto devastanti.
Certo, la fraseologia comune del tempo che prendeva di mira l’avversario, ma anche l’arbitro, era limitata a poche ma incisive parole del tipo corn…, buffone, venduto. Inoltre, quando la squadra di casa era in vantaggio su quella avversaria, se quest’ultima navigava nei bassifondi della classifica, tutto lo stadio ne invocava, a squarciagola, la retrocessione nella categoria inferiore (es. in caso di incontro di Serie B si gridava Serie C, Serie C, Serie C, per svariati, interminabili secondi, equivalenti ad un’eternità).
Ma era il tempo in cui i tifosi si lasciavano anche andare ad applausi di scherno ed a simpatiche ironie soprattutto quando non venivano condivise le decisioni arbitrali… fermi restando gli epiteti di cui sopra.
Da ricordare una contestazione rivolta ad un fischietto, autentica celebrità dell’epoca: l’arbitro Paolo Casarin.
Correva l’anno 1979, il 1° aprile, Campionato di Serie B, gara di ritorno Bari-Cagliari disputata allo stadio della Vittoria. Proprio Casarin assegnò, in apertura di partita un inspiegabile calcio di rigore ai sardi magistralmente realizzato da Brugnera, uno dei sopravvissuti dello Scudetto 1969-70. Fu a quel punto che entrarono in scena i tifosi del Bari. Inizialmente furono piccoli gruppi che, ad ogni fallo subito dai calciatori cagliaritani, specie a centrocampo, chiedevano ironicamente al direttore di gara di concedere ai rossoblù la massima punizione: Rigore. Dopo pochi minuti, quella invocazione si estese a tutto lo stadio che ripetutamente gridò, contro Casarin, Rigore, Rigore, Rigore.
In effetti un alto rigore Casarin lo concesse alla fine del primo tempo, ma al Bari. La partita terminò 2-2 e, in quel torneo, il Cagliari guidato da Mario Tiddia fu promosso in Serie A.
Ma quando il buuu veniva urlato?
Quando le squadre entravano in campo, nel caso quella ospite annoverava uno o più ex, i tifosi della squadra di casa accompagnavano o facevano precedere il buuu da sonore bordate di fischi; fischi che piovevano sull’ex anche ad ogni tocco di palla durante la partita. Oggi se un calciatore realizza un goal alla ex squadra non esulta, all’epoca si esultava, eccome si esultava.
Il buuu urlato nell’epoca era opera di sparuti o singoli di tifosi che, il più delle volte, lo azionavano per distrarre il giocatore avversario che, in possesso di palla, si distendeva lungo la linea di fallo laterale. Certo, se fra la gradinata ed il campo di gioco le distanze erano ridotte, il bu-bu-bu era più accentuato ed accompagnato da espressioni colorite.
Nel caso un calciatore avversario protestava vivacemente nei confronti dell’arbitro fino ad essere espulso, fischi e soprattutto buuu di tutto lo stadio lo accompagnavano negli spogliatoi, un assordante sonoro di interminabili minuti da mettere a dura prova l’udito.
Chi l’avrebbe mai detto, che un quarantennio dopo, quel buuu-bu-bu-bu sarebbe stato censurato sui campi di calcio. Un ulteriore segno dei tempi che denota la mancanza di quel Calcio Romantico che fu e che, oggi, purtroppo non c’è più!
Michele Salomone