Covid, tamponi, vaccini, nanotecnologia. Qualche domanda alla Dott.ssa Antonietta Morena Gatti

Fisico e Bioingegnere, specializzata in Tecnologie Biomediche  dal 1975, ricercatrice, docente aggregata all’Università di Ferrara, di Bologna e di Modena fino al 2012, ha collaborato col Dipartimento di Stato di Washington, con la Commissione Uranio Impoverito, col Ministero della Difesa per le malattie dei nostri soldati in missioni di pace e nei poligoni di tiro .

Per il suo contributo al progresso della scienza , in Cina scienziati provenienti da tutto il mondo le hanno conferito  il titolo di  “Fellow dell’International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering”. L’unione delle varie società nazionali di biomateriali e bioingegneria  l’ha  eletta a far parte dell’èlite  di scienziati  composta da 32 membri.

Quindi un grande riconoscimento a livello internazionale , da premiare con  una medaglia d’oro per il suo impegno e la  sua tenacia.

Parliamo della dott.ssa Antonietta Morena Gatti a cui abbiamo rivolto alcune domande .

In una conferenza alla Camera dei Deputati nel 2021 ha parlato dei tamponi usati nei test anti covid. Cosa ha trovato analizzandoli al microscopio?

Analizzando quei tamponi con un microscopio elettronico, ho trovato qualcosa di nuovissima concezione. Fino all’era pre-Covid, c’erano, e ci sono ancora, tamponi per prelievi nasali, vaginali, anali fatti di un bastoncino di legno o di plastica che portano sulla sommità un batuffoletto o un filo di cotone arrotolato varie volte, creando così degli anfratti/porosità per catturare i fluidi biologici. Per la pandemia Covid sono stati realizzati, e questo specialmente da parte di case produttrici cinesi, bastoncini di plastica con adèsi  sulla sommità, dei fili pure di plastica, creando così una struttura tipo “porcospino”. Dato che i fili di plastica così sottili sono troppo “molli” per lo scopo, sono stati ricoperti, con una tecnica sofisticata, da un film che li rende più duri, capaci di screziare la mucosa interna del naso, screziatura di cui non si capisce lo scopo, se lo scopo deve essere quello dichiarato. Ovviamente, quei bastoncini erano anche imbevuti di un liquido per conservare più a lungo il materiale biologico prelevato, evitando deteriorazioni e la non corretta lettura da parte delle apparecchiature PCR in primis.
Negli ultimi tempi dell’era Covid è apparso anche un modello che sulla superficie distale aveva una spugna microporosa.
In tutti i casi si potevano però “ammirare”, qua e là, fili colorati rossi, neri e verdi. Osservandoli al microscopio, erano evidenti, poi, impurezze, sporcizie, polveri provenienti probabilmente da una lavorazione non eseguita in camere sterili, ma in luoghi polverosi e sporchi. La confezione in cui questi tamponi, però, erano inseriti, riportava la dizione “sterilizzati in ossido di etilene o a raggi gamma”. Ad un occhio superficiale, risultavano, quindi, sterili, cioè senza microrganismi vivi. Ma le polveri c’erano e, dunque, quei prodotti restavano sporchi.
È inevitabile interrogarsi come le apparecchiature PCR che dovevano rilevare, forse, spezzoni di virus abbiano potuto dare un risultato “significativo”. Non mi pare improbabile che certi risultati dichiarati “positivi” abbiano, di fatto, rilevato solo la sporcizia.

Che tipo di contaminazioni nei diversi vaccini analizzati?

In un articolo scientifico del 2018 (pre-pandemia) avevo descritto le contaminazioni inorganiche presenti in 42 vaccini (quelli definiti vaccini da più di un secolo, cioè farmaci contenenti il patogeno in qualunque forma) fra quelli di maggior uso (anti parotite, antidifterica, febbre gialla, morbillo, ecc.). Ho verificato che esistevano delle contaminazioni inorganiche che niente avevano a che fare con la parte biologicamente attiva. Sappiamo, perché lo leggiamo sul bugiardino, che quei prodotti contengono anche composti inorganici definiti adiuvanti. Le mie analisi di allora non evidenziarono la presenza di Mercurio o di suoi composti in forma di polvere identificabile, ma quella di Alluminio o Alluminio fosfato o idrossido di Alluminio come dichiarato dal produttore. Trovai, però, altri detriti come l’acciaio (lega di Ferro-Cromo-Nichel), carburo di Tungsteno, Oro, Argento, Bario, Piombo, ecc. (https://www.researchgate.net/publication/313498832_New_Quality-Control_Investigations_on_Vaccines_Micro-_and_Nanocontamination). Oggi le analisi sono arrivate a 45 vaccini in centinaia di campioni totali. I nuovi cosiddetti “vaccini” non hanno un meccanismo d’azione simile a quelli dei vaccini propriamente definiti, sono introvabili nelle farmacie essendo coperti da segreto militare, con tutto quanto questo significa da ogni punto di vista, compreso quello legale. La loro disponibilità è solo negli hub vaccinali dove vengono iniettati direttamente nel corpo umano senza discussioni. Quindi, nessuno ha la possibilità di analizzarli con una strumentazione adeguata allo scopo, e intendo, almeno per quanto mi riguarda, quella nanotecnologica. Lo ripeto perché sia chiaro: per la prima volta nella storia un farmaco non è legalmente analizzabile, e chi lo facesse incorrerebbe in sanzioni gravissime. Che su quei prodotti esista un controllo di qualità fatto dagli enti preposti (FDA, EMA, ISS, ecc.) non è dato sapere, mancando qualunque informazione in proposito. Insomma, non sappiamo e non dobbiamo sapere.

I vaccini veterinari sono consigliabili?

Non sono un veterinario, quindi non posso esprimere un giudizio. Personalmente ne ho analizzato un solo campione. Era un prodotto per gatti che, essendo scaduto, mi era stato regalato. A differenza di tutti i campioni di vaccini umani che ho analizzato, in quel campione non avevo trovato contaminazioni, ma da quel risultato non è possibile trarre conclusioni valide per qualunque vaccino veterinario, e chi lo facesse sbaglierebbe grossolanamente. Anche in questo caso, quei medicinali sono in mano direttamente ai veterinari per la somministrazione diretta sui loro pazienti e, comunque, io non ho dati davvero significativi in proposito.

Il vaccino non ferma il contagio dell’agente Sars-Cov 2”… la recente dichiarazione dell’Aifa (agenzia italiana del farmaco). Troppo tardi… Come mai se autorevoli scienziati già lo avevano “profetizzato”? 

Il primo scienziato che aveva messo in dubbio l’efficacia preventiva del farmaco era stato un Premio Nobel, il prof. Luc Montagnier, deriso pubblicamente. Montagnier aveva anche previsto che cosa sarebbe potuto succedere, poi, a chi si fosse inoculata la pozione, e le sue previsioni si sono tutte avverate. E’ probabile che, trattandosi di un personaggio di fama mondiale e con molte fonti d’informazione, conoscesse particolari della “ricerca” che si svolgeva in molti laboratori a livello mondiale e, dunque, che le sue “profezie” fossero, in fondo, ovvietà.

Il grafene è stato inserito nei vaccini anticovid? Se sì, per quale motivo? Tra le ipotesi quella di veicolare farmaci da remoto?

Non sono in grado di rispondere. Purtroppo nanoparticelle come quelle di grafene composte di solo Carbonio e che hanno una struttura cristallina particolare sono rilevabili esclusivamente con una strumentazione di alto livello (e di alto costo) come un microscopio elettronico a trasmissione e uno spettroscopio Raman che rileva la struttura cristallina usando la radiazione infrarossa. Impossibile farlo altrimenti. Personalmente penso che, se è stato aggiunto, non è come carrier, perché per questo ci sono i nanoliposomi. Se è stato aggiunto, ha sicuramente un altro scopo non legato alla missione biologica del cosiddetto vaccino. Vista la proprietà conduttiva molto elevata di questo materiale, ipotizzo che un suo accoppiamento con un materiale biologico risponda ad un altro scopo non del tutto comprensibile, almeno per ora.

Si parla di nanoantenne ottiche in grafene, dispositivi plasmonici al grafene, nanodispositivi ultraveloci, fotorilevamento, raccolta di energia, biosensing, imaging biomedico e comunicazioni terahertz ad alta velocità… un campo davvero vasto. Ci vuol spiegare sinteticamente di cosa si tratta?

Io mi occupo di altro e non sono esperta di grafene, ma ci sono nuovi materiali che, a livello nano, mostrano delle proprietà straordinarie, tali da permettere applicazioni fino ad ora inaspettate e, forse, insperate. Purtroppo alcune di queste nuove scoperte non vengono condivise pubblicamente con la scienza e con la società, e rimangono a disposizione solo di un piccolo nucleo di plutocrati per niente “nano”, per niente votati al cosiddetto bene comune. Ciò che posso dire è che a parlare di grafene sono spesso fonti prive di qualunque sostanza e affidabilità. Tutto questo genera solo confusione e allarme, il che, certo, non aiuta.

Quali gli effetti delle nanoparticelle sulla salute umana e ambientale?

Ormai da tanti anni studio l’impatto delle nanoparticelle “accidentali”, cioè polveri nanometriche prodotte non in un laboratorio di nanotecnologie per scopi specifici, ma polveri nanodimensionate create casualmente da processi ad alta temperatura come accade all’uscita di un camino di un inceneritore/termovalorizzatore, in fonderie, nei motori a scoppio, in campi di guerra e poligoni di tiro, in zone colpite da attacchi terroristici e, insomma, in mille situazioni diverse. Una volta respirate/ingerite o iniettate, queste nanoparticelle penetrano, di fatto, ovunque nell’organismo, fino a potere entrare nelle cellule, destabilizzando il DNA. Gli effetti di queste nanocontaminazioni interne possono esitare in patologie come, tra le altre, vari tipo di cancro e sono descritti in vari libri e articoli scientifici (Gatti, Montanari, Nanopathology: The health impact of nanoparticles  PanStanford 2008 ; Gatti, Montanari, Case studies in nanotoxicology and particle toxicology,  Elsevier 2015 ; Gatti, Montanari,  Advances in Nanopathology, Pan Stanford 2021). Ultimamente il nostro interesse si è focalizzato su patologie neonatali, scoprendo come nascano bambini già contaminati con una contaminazione che viene trasferita al feto dalla madre col suo sangue a sua volta contaminato, e condivisa durante i 9 mesi di gestazione.

L’acqua che esce dai nostri rubinetti e quella che compriamo quanto possiamo considerarla pura? 

Purtroppo le analisi dei vari organismi che dovrebbero lavorare per la nostra salute verificano solo alcuni parametri secondo le normative di legge, ma la presenza di nanoparticelle, anche di amianto, non vengono ricercate, come pure è il caso per composti organici come i PFAS (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate) che contaminano i nostri terreni e le acque.

I terreni agricoli hanno bisogno di continua bonifica per garantire una certa sicurezza dei prodotti biologici?

Il suolo è contaminato da molti inquinanti come, per esempio, i pesticidi, le ricadute industriali e civili, i PFAS, ciò che esce dalle centrali a biomasse e usato come ammendante, e, per completare il quadro, tutto ciò che cade dal cielo rilasciato da aerei sotto forma di scie chimiche. Un progetto di ricerca nazionale di nanoecotossicologia che condussi dal 2009 al 2012 dimostrò che le nanoparticelle influiscono pesantemente con la salute della pianta e la sua possibilità di produrre. Certo non a migliorare la situazione, da anni abbiamo gli OGM, argomento su cui molto ci sarebbe da dibattere.

Le scie chimiche che osserviamo giornalmente ad alta quota quanto sono pericolose per l’essere umano ed il pianeta?

Sia chiaro: io non ho mai analizzato direttamente le scie chimiche e, a quanto so, nessuno lo ha mai fatto. Ciò che faccio da anni è analizzare l’aria, la pioggia, la neve e la grandine, e i risultati sono, a dir poco, sconvolgenti. Se di certe polveri, perché di quelle io mi occupo, si può ipotizzare un’origine spiegabile, di altre sostanze direi proprio di no. A quanto pare, aerei di nazionalità non sempre conosciuta hanno ugelli che rilasciano all’occorrenza nanoparticelle capaci di alterare il clima come, per esempio, indurre la pioggia o la siccità. Ci sarebbe, quindi, una contaminazione a base di ossido di Titanio, di solfato di Bario, di carbonato di Calcio, di silice o silicati, di ghiaccio secco, e altro. Queste polveri nuocciono senza alcun dubbio alle piante, a chi le respira e a chi le mangia, visto che possono entrare nella catena alimentare contaminando frutta, verdura e cereali e  l’erba che gli animali mangiano, sempre che lo facciano ancora, visto che i mangimi industriali vengono usati sempre più spesso nei grandi allevamenti.

Quanto la ricerca scientifica in Italia è libera?

Non si può più parlare di ricerca libera non solo in Italia ma in tutto il mondo. Chi riesce a fare ricerca lo fa perché è finanziato, ma è il finanziatore che stabilisce quale ricerca si può fare e quale no. E bisogna stare molto attenti ai risultati: se questi non aggradano al finanziatore, il centro non riceve più un soldo. Ultimamente abbiamo visto ricercatori ancora liberi che hanno dovuto ritirare il loro lavoro scientifico perché non in linea con il mainstream. Un altro problema è quello delle riviste mediche. Ormai tutte sono mantenute pressoché in toto dalle aziende farmaceutiche le quali, comprensibilmente, esercitano una censura ferrea su quanto viene pubblicato. Non per nulla, Richard Horton e Marcia Angell, rispettivamente a capo di The Lancet e New England Journal of Medicine, cioè l’élite della medicina, affermano che metà di ciò che si pubblica è falso. Per quanto riguarda l’Italia, dopo più di 40 anni passati a fare ricerca devo constatare che la stessa Costituzione è dimenticata o stravolta. Basta leggere l’art. 33:“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Oppure, più vanti, “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Per quanto mi riguarda, ho potuto personalmente verificare che il diritto di autonomia nell’era durante e post Covid non esiste più. Quanto alla libertà, non credo si possa perdere tempo sull’argomento: la censura è ferrea.

L’industria farmaceutica ha sostituito le cure erboristiche a quanto sembra. Cosa è cambiato per l’umanità? E’ stata una svolta che ha portato benefici? 

La sola Medicina abilitata è quella dettata dall’OMS e dalle case farmaceutiche. Le cure fitoterapiche stanno tornando di moda, ma non in modo ufficiale. L’umanità le sta riscoprendo quando le cure di chimica sintetica non risolvono i problemi di salute, e talvolta, con i loro effetti collaterali di cui ci si accorge non di rado dopo anni, li peggiorano. Il problema è che il paziente non ha punti di riferimento per le cure alternative. Funziona solo il passaparola.

L’intelligenza artificiale sostituirà l’uomo nell’ambito della ricerca scientifica?

Non credo. Dopo un primo successo (talvolta ottenuto con l’imposizione) ci sarà una retromarcia dal momento che la cosiddetta AI peggiorerà alcune situazioni. Non dimentichiamoci, poi, che basta un calo o un’interruzione di corrente per metterla fuori gioco. Da qui la corsa alle energie alternative visto che l’AI è molto energivora. Inoltre, c’è un altro piccolo problema: l’AI non inventa niente, non crea, elabora solamente. Quindi, se io volutamente non immetto certe informazioni nel suo database, le elaborazioni saranno forzatamente limitate agli “ingredienti” che ho deciso di mettere. Molto , inoltre, è la scomparsa di non pochi libri. Si è avuta notizia che la Harvard Library ha tolto dai suoi cataloghi e scaffali molti manuali (https://www.giornaledellalibreria.it/news-liberta-despressione-usa-biblioteche-sotto-attacco-i-libri-censurati-aumentano-del-65-6011.html) ritenuti (da chi?) non idonei (per chi?).

Quali i possibili rischi per la salute connessi alle emissioni elettromagnetiche del 5G?

Questo è un argomento di cui non mi occupo direttamente. Sappiamo che il corpo umano funziona su fenomeni biochimici, ma, andando più a fondo, a livello nanometrico e oltre, il corpo umano si basa su reazioni chimiche e su leggi di Fisica quantistica. Tutti questi fenomeni possono essere compromessi da forze elettromagnetiche. Il 5G può influire negativamente sui nostri processi fisiologici, e non solo nostri ma anche, ovviamente, degli animali. Tempo fa ci sono stati studi di ricercatori allora indipendenti (https://www.facebook.com/istituto.ramazzini/videos/1054606668300130/) per capire l’impatto che esercitano certe onde, per esempio, sull’insorgenza di tumori, ma anche sulla sterilità. La dott.ssa Belpoggi dell’Istituto Ramazzini (centro per lo studio dei tumori indipendente) da un decennio ha messo in guardia sulla pericolosità di campi elettromagnetici di certe frequenze sui processi fisiologici, ma con poco successo, visto che i detentori di questa tecnologia hanno la possibilità di silenziare una voce nel deserto

Cinzia Notaro