Duo sunt in homine
La dottrina secondo la quale nell’uomo esistono due nature, la si rinviene in vari sistemi spirituali di tutto il mondo. Nell’opera “Fedone” Platone afferma per bocca di Socrate: “…fino a quando abbiamo il corpo e la nostra anima è mescolata e confusa con un male di tal natura, noi non saremo mai capaci di conquistare compiutamente quello che desideriamo e che diciamo essere la Verità. Infinite sono le inquietudini che il corpo ci procura per le necessità del nutrimento; e poi ci sono le malattie che, se ci capitano addosso ci impediscono la ricerca della Verità; e poi esso ci riempie di amori e di passioni e paure e immaginazioni di ogni genere… guerre, rivoluzioni, battaglie, chi altri ne è cagione se non il corpo e le passioni del corpo? Tutte le guerre scoppiano per acquisto di ricchezze; e le ricchezze siamo costretti a procurarcele per il corpo e per servire ai bisogni del corpo… e ci pare chiaro e manifesto che, se mai vorremmo conoscere alcuna cosa nella sua nettezza, ci bisognerà spogliarci del corpo e guardare con sola la nostra anima pura la pura realtà delle cose”. (Fedone XI, c-d-e).
Il corpo, quindi, per Platone è un ostacolo alla Conoscenza della Verità, a ciò che noi diciamo il nostro “Vero Io”, la nostra Vera Identità, e conclude che solo quando saremo morti, quando l’anima sarà sciolta dal vincolo corporeo, potremo conoscere la Verità. Nella visione cristiana vi è qualcosa di simile quando S.Paolo afferma: ”..finchè abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella Fede e non ancora in visione”. (2 Corinti 5,6-7). E S.Giovanni Apostolo, nella prima lettera dice: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perchè lo vedremo come Egli è”. (1 Giov. 3,2).
Il corpo materiale dell’uomo, con le sue relative funzioni, è molto simile a quello degli animali, specie dei mammiferi, sia nella sua anatomia, che nella fisiologia; per cui esso determina un forte condizionamento sulla psiche. Difatti, molti nostri pensieri e stati d’animo hanno una radice corporea; di questi il soggetto che segue la Via della Conoscenza deve essere in grado di saperli riconoscere e a saper decidere autonomamente se aderire o non aderire ad essi. Con tale atto di autonomia interiore si opera un primo distacco da tutto ciò che deriva dal corpo e si ottiene una prima percezione dell’esser “due”.
E’ opportuno ricordare quanto dice la Scrittura a proposito del corpo che l’uomo ha da tempi immemorabili; nel Genesi, quando Dio scaccia Adamo ed Eva dall’Eden, in conseguenza del peccato originale, si afferma: “il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì”. ( Gen.3,21). Le tuniche di pelli con cui Dio riveste i nostri progenitori, secondo l’interpretazione dei Padri della Chiesa, sono i corpi mortali di carne ed ossa così come li abbiamo noi nel tempo presente. In origine il corpo dell’uomo sicuramente doveva essere costituito molto diversamente, così come molto diversamente dovevano essere costituii tutti gli altri esseri creati prima dell’uomo. Se Adamo, o la prima umanità, aveva una certa familiarità con Dio“ Sentiva i passi di Dio”, certamente la sua costituzione psico-fisica doveva essere molto diversa da quella che attualmente abbiamo noi. Tale visione ci viene confortata dal passo del Vangelo di Giovanni: “e la Vita era la Luce degli uomini”. (Giov. 1,4).
Anche nel Sufismo, che è una dottrina esoterica dell’Islam Shiita, il persiano Sohorawardi sostiene che l’essenza intima dell’uomo è Pura Luce, che deriva dalla “Luce di Gloria”, che l’antico testo sacro persiano l’Avesta, chiama “ Xvarnah”, attraverso una discendente gradazione gerarchica dei vari universi di Luce Angelici.Anche nella dottrina lamaista del Tibet si parla dell’uomo primordiale come di di un “Essere di Luce”, “Ja Lus”.
Ad una attenta considerazione sulla reale costituzione dell’individuo umano, è possibile giungere a comprendere che egli è un essere contingente e che non ha in se stesso la sua ragione sufficiente. La vita umana, considerata nella sua totalità, viene dominata dal divenire, dal cambiamento incessante di ogni cosa, cosa che genera nel soggetto uno stato di inquietudine e di precarietà. Ma come afferma Eraclito, al di là della conoscenza sensibile, secondo cui tutto scorre, “panta rei”, mediante la conoscenza intellegibile si giunge al Logos che regola i mutamenti e rappresenta la nascosta Unità, dietro la perenne guerra delle due Potenze contrarie che generano il divenire. La stessa Verità la si trova nell’antico testo sapienziale cinese dell’I Ching, il libro dei mutamenti.
Quindi, il terreno stabile che l’uomo può trovare è nel suo ancorarsi al Principio di tutte le cose, ciò che cristianamente diciamo Dio. In realtà tale legame esiste già tra ogni essere e il Principio, altrimenti nessuno potrebbe neanche esistere. Nell’uomo il legame con il Principio esiste a livello inconscio; il compito quindi di chi percorre la Via della Conoscenza è di portare a livello di coscienza tale dipendenza sottile. Divenire quindi pienamente consapevoli che tutto dipende e deriva da Dio, dal suo Verbo come afferma S. Paolo nella lettera ai Colossesi: “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui”. (Col. 1,16-17).
Tale legame sostanziale tra l’uomo e il suo Principio, nel corso dei secoli, si è andato man mano eclissando, grazie al processo di progressiva materializzazione del modo di vivere della stragrande maggioranza dell’umanità, ma nella profondità del cuore dell’uomo continua a sussistere come una fiamma nascosta a ricordo della sua primordiale costituzione luminosa. La coscienza della dipendenza dal Principio porta l’uomo a realizzare la povertà spirituale, così come è detto nel Vangelo: “Beati i poveri in spirito, perchè di essi è il Regno dei Cieli”. (Mt. 5,3); e nel contempo lo spirito dell’infanzia: “lasciate che i bambini vengano a Me, perchè a chi è come loro appartiene il Regno di Dio”. (Mc. 10,13-16).
Una volta realizzata la consapevolezza di dipendere dal Principio, l’uomo realizza il distacco da tutte le cose, perchè comprende che solo il Principio è reale in modo assoluto, mentre tutto ciò che è legato al divenire non ha vera sostanza, è frutto di illusione. Conseguenza del distacco è “l’agire senza desiderio”, cioè l’agire staccato dai frutti, il karma yoga come dicono gli indiani; con ciò l’uomo sfugge alle conseguenze dell’azione e quindi dalla molteplicità va verso l’Unità del proprio Essere. Da un punto di vista metafisico egli passa dalla circonferenza al centro, realizza lo stato trascendentale di “vuoto”, come dice Lao Tse: “Colui che realizza il vuoto estremo… sarà solidalmente stabilito nello stato di riposo; egli torna alla radice, al Principio”. (Tao-Te-Ching 16). Unito al Principio l’uomo è in armonia con tutti gli Esseri, torna alla semplicità originaria, allo spirito di infanzia.
Lo stato di semplicità significa anche che l’uomo si è spogliato di tutti i condizionamenti derivanti dalle sue abitudini personali, dalla propria famiglia d’origine, dai complessi psico-ereditari, dalle influenze dell’ambiente socio-culturale a cui appartiene.Lo stato di semplicità equivale anche allo stato di regalità originario; l’uomo torna ad essere il signore degli animali e ella natura nel suo complesso e non più il tiranno e lo sfruttatore; egli riconquista l’amicizia con Dio e vive con Lui, per Lui e con Lui.
Antonio Bosna