Esperienza unica nella Casa Circondariale “Ugo Caridi”
Nel nostro percorso iniziatico dell’esistenza siamo tenuti a superare la sofferenza per poter accedere al paradiso. È questo il senso dell’esperienza di vita di tutti coloro che si trovano a vivere momenti di grande difficoltà. Il progetto “La letteratura rende liberi”, che ho avviato con la mia associazione culturale “Ophelia’s friends Cultural Projects” insieme all’avvocato e scrittore Felice Foresta, in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, con Presidente Pierfranco Bruni, prende avvio dalla Casa Circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro. Un luogo detentivo in cui la sofferenza cerca di essere mitigata attraverso un grande senso di umanità, grazie alla profonda sensibilità della Direttrice dott.ssa Patrizia Delfino e di tutto lo staff dirigenziale.
La cultura in carcere è una necessità. Uno strumento potente che può trasformare le vite dei detenuti offrendo loro le risorse necessarie per cambiare e reintegrarsi nella società. Investire nella cultura significa credere nel potenziale umano, anche in contesti di grande difficoltà, e lavorare per un futuro più giusto e inclusivo per tutti. La cultura rappresenta una risorsa essenziale per la riabilitazione e la reintegrazione dei detenuti, trasformando il carcere da un luogo di mera punizione a uno spazio di crescita personale e collettiva. In un contesto dove le opportunità di sviluppo sono spesso limitate, la cultura diventa un faro di speranza e un potente strumento di cambiamento.
Varcare le porte del carcere e accedere a una dimensione diversa, è stato un evento straordinario. Un mondo che avevo solo immaginato basandomi su quanto letto nei libri, visto nei film e ascoltato dalle testimonianze. Trovarmi fisicamente all’interno di quel contesto mi ha permesso di confrontarmi con una realtà spesso fraintesa e lontana dalle rappresentazioni mediali. Un’esperienza che ha sfidato le mie aspettative, offrendomi una visione più autentica e profonda della vita carceraria.
Il mio giudizio iniziale, lontano dall’essere un “pre-giudizio”, era comunque falsamente influenzato da informazioni esterne. L’emozione che ho provato è stata inaspettata. Mi sono resa conto di quanto il mio pensiero fosse distante dalla realtà. Il mondo che ho trovato al di là di quelle sbarre è intriso di autentica umanità. L’umanità di persone che hanno oltrepassato il dolore, e che lo stanno ancora attraversando, non riuscendo più a indossare una maschera. Quella maschera che, al contrario, copre i volti della maggior parte di coloro che vivono nella cosiddetta realtà “libera”, alle volte ancora più coercitiva delle pareti di un carcere.
La scoperta più appagante è stata rendermi conto che questa autenticità poteva emergere, in quel contesto, grazie alla letteratura. La letteratura, infatti, ha permesso a me, allo staff dirigenziale e ai detenuti presenti all’incontro, di vivere un’ora in totale libertà. È singolare usare questo termine in un ambito simile, ma è realmente ciò che è avvenuto parlando di Eleonora Duse e Alessandro Manzoni, entrambi protagonisti di progetti culturali sostenuti dall’Associazione culturale “Ophelia’s Friends Cultural Projects”. In quel momento era come se le pareti del carcere fossero scomparse, trasportandoci in una dimensione senza confini né spaziali né temporali, dove esisteva solo la condivisione della bellezza, della magia e delle esperienze di vita di grandi artisti. Questo legame cosmico è stato percepito da tutti i presenti, creando un’emozione unica. Sono confidente del fatto che questa esperienza proseguirà nel tempo, grazie alla sensibilità e umanità della Direttrice e dello staff dirigenziale che credono fermamente nel valore della cultura.
Durante l’incontro sono stati messi in luce i valori fondamentali dell’esistenza portati avanti da Alessandro Manzoni e da Eleonora Duse. I detenuti hanno mostrato grande interesse e partecipazione, desiderosi di approfondire questi temi anche nei prossimi incontri. In apertura di incontro la Direttrice ha sottolineato l’importanza della cultura come strumento di elevazione intellettuale, fondamentale in ogni contesto ma ancor più in una realtà coercitiva come quella carceraria. La cultura, secondo la dott.ssa Delfino, può aiutare a distaccare i detenuti dalla loro realtà, proiettandoli verso un’illuminazione dovuta al sapere. Ha inoltre enfatizzato l’importanza di trattare personaggi come Alessandro Manzoni, che evidenziano valori quali la fede, la tradizione, il senso di identità e appartenenza, l’importanza della famiglia e dei sentimenti come l’amore.
Stefania Romito