Eutanasia, Costituzione e Diritto alla Vita

Con eutanasia (dal greco ευθανασία, composta da ευ-, bene e θάνατος, morte), può essere definito in senso lato qualsiasi atto, compiuto da medici o da altri, avente come fine quello di accelerare o causare la morte di una persona. Questo atto è volto a porre termine ad una situazione di sofferenza tanto fisica quanto psichica che il malato, o coloro ai quali viene riconosciuto il diritto di rappresentarne gli interessi, ritengono non più tollerabile, senza possibilità che un atto medico possa, anche temporaneamente, offrire sollievo. L’eutanasia attiva consiste nel determinare o nell’accelerare la morte mediante il diretto intervento del medico, utilizzando farmaci letali.

Il suicidio assistito indica invece l’atto mediante il quale il malato si procura una rapida morte grazie all’assistenza del medico. Questi prescrive i farmaci necessari al suicidio su esplicita richiesta del suo paziente e lo consiglia riguardo alle modalità di assunzione. In tal caso viene a mancare l’atto diretto del medico che somministra in vena i farmaci al malato.

Il termine eutanasia passiva, viene invece utilizzato per indicare la morte del malato determinata, o meglio accelerata, dall’astensione del medico dal compiere gli interventi che potrebbero prolungare la vita stessa.[1]

Allo stato, la legislazione vigente in Italia sanziona penalmente i comportamenti eutanasici. Questi sono assimilati all’omicidio volontario (art. 575 c.p.), oppure nel caso in cui si riesca a dimostrare il consenso del malato, all’omicidio del consenziente (art. 579 c.p). Anche il suicidio assistito è considerato un reato ai sensi dell’art. 580 c.p.

I comportamenti eutanasici, potrebbero divenire leciti, solo per effetto dell’introduzione, nel nostro ordinamento, di norme di favore e di depenalizzazione (cambiamento del Codice di Diritto Penale e della Legge sul trattamento dei cadaveri). Tuttavia, una tale previsione legislativa contrasterebbe con la Costituzione Italiana che non consente l’eutanasia, ed anzi garantisce la tutela della vita umana in tutte le sue manifestazioni.

Va detto, infatti, che sebbene nella Costituzione Italiana non ci sia una specifica trattazione dell’eutanasia, tuttavia l’esclusione della stessa si deduce da altre disposizioni. La nostra Carta Costituzionale, converge verso la tutela dell’essere umano, collocando al centro dei suoi interessi la salvaguardia della persona, nelle sue molteplici manifestazioni..[2] I diritti inviolabili dell’uomo sono pienamente riconosciuti e garantiti, e fra tutti i diritti connessi alla presenza della persona, il diritto alla vita è quello supremo ed il più importante, senza il quale tutti gli altri diritti non possono esistere.

Il diritto alla vita è fra i diritti inviolabili dell’uomo il fulcro, l’elemento cardine, l’aspetto centrale della tutela dei diritti umani.

Statuisce l’articolo 2 della Costituzione “ la Repubblica tutela i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità...”. I diritti umani vengono considerati connaturali alla vita umana ed in quanto tali, antecedenti ad ogni riconoscimento normativo. L’idea di fondo è che esistano dei diritti naturali diretti, cioè che appartengono per natura all’uomo e, perciò, precedano l’esistenza stessa dello Stato che, dunque, non li crea ma li deve riconoscere e garantire concretamente, specialmente attraverso le leggi ordinarie. Detto in altri termini, il diritto positivo (ovvero le norme poste dallo Stato) deve conformarsi alle norme del diritto naturale che precedono qualsiasi legislazione positiva[3].

La disposizione contenuta nell’art. 2 della Costituzione viene considerata norma fondamentale di tutela della persona e di garanzia del diritto dell’uomo alla vita perché, il diritto alla vita rappresenta il valore primario per l’esistenza di tutti gli altri diritti della persona ed in se sintetizza il presupposto cardine per le varie espressioni della personalità.

L’art. 2 della Costituzione rappresenta, il limite del diritto positivo dello Stato, che deve conformarsi alle norme del diritto naturale. Pertanto, il legislatore non può operare in contrasto con il diritto costituzionale affermato, quindi leggi che possano permettere fatti di eutanasia sarebbero in contrasto con la Costituzione. L’art. 2 della Costituzione rappresenta il riconoscimento del valore della persona umana e del suo diritto alla vita, con il divieto nei confronti del legislatore ordinario e nei confronti di altri soggetti, di attività che siano in contrasto con il valore giuridico affermato. Quindi, una eventuale legge che consentisse comportamenti eutanasici sarebbe incostituzionale.

Concludendo, non esistono vite di serie A o di serie B, non esistono vite degne ed indegne di essere vissute, il diritto alla vita è sacro ed inviolabile e va garantito indipendentemente dal grado di salute, di autonomia del soggetto interessato e dalla percezione che altri possono avere della qualità della vita stessa.

Teresa Catacchio


[1]             Definizioni del gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza.

[2]             Principio personalistico della forma repubblicana, che afferma il primato dell’uomo nei confronti dello Stato e lo colloca al centro dell’ordinamento giuridico (Enciclopedia del diritto-XXXIII, Giuffrè Editore).

[3]             Il richiamo a questi diritti ha una sua radice nel giusnaturalismo (dal latino jus= diritto; naturalis= naturale), una corrente di pensiero sviluppatasi soprattutto in età moderna e realizzatasi nelle diverse Costituzioni cui hanno messo capo la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese. (fonte enciclopedia Wikipedia)