Il bisogno di comunicare
“Non è bene che l’uomo sia solo..” (Genesi 2,18-23). In questo racconto Dio prima consegna all’uomo ogni specie di animali, a cui egli deve dare il nome, poi, dopo averlo addormentato, dalla sua costola forma la donna nei riguardi della quale Adamo, una volta svegliatosi, afferma: “questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna (Isha) perchè dall’uomo (Ish) è stata tolta.”.
A parte il significato profondo, di natura simbolica, di tale passo fondamentale della Scrittura, uno dei possibili elementi che se ne ricava è il bisogno di comunicare con “l’altro”. L’uomo non è fatto per la solitudine e anche se tale stato risulta indispensabile in certi momenti della vita, egli è comunque proiettato verso l’altro. Fin qui credo che si sia tutti d’accordo; il problema nasce nel momento del contatto tra due o più esseri. Perchè il contatto è un problema? La risposta più semplice è che ogni individuo ha una visione soggettiva della Realtà, che spesso non corrisponde a quella degli altri. Ma, a sua volta, la visione soggettiva è sostanzialmente diversa tra persone che vivono in un’epoca in cui c’è la condivisione di una Idea Comune, come può essere stato nell’Atene di Pericle, nella Res Publica di Roma o durante il Medioevo Cristiano, e quella di persone che vivono nella nostra società contemporanea. Difatti questa si è costruita su idee di carattere disgregatrici di qualsiasi sentire comune: dall’individualismo rinascimentale, al razionalismo cartesiano; dalle idee illuministe del 1700, al positivismo e al marxismo del 1800; dai vari movimenti di avanguardia dell’arte e della cultura contemporanea, si è giunti alla dottrina della incomunicabilità di autori contemporanei, al relativismo pirandelliano e al così detto “pensiero debole”dei filosofi attuali.
Ovviamente la ricaduta di tali processi culturali sul modo di vivere e di sentire della gente, non poteva non farsi sentire ed è sotto gli occhi di tutti la crisi dell’uomo e della società contemporanea che si presenta essenzialmente come una crisi di identità, innanzi tutto spirituale e poi culturale, politica, morale ecc. Il grande interesse che sta suscitando Facebook, è come una cartina di tornasole, che da un lato mette in evidenza il bisogno essenziale di comunicare, di dire qualche cosa (qualsiasi cosa!); dall’altro lato mette in risalto la povertà (absit iniuria verbis) di tante notizie, confidenze, facezie e comunicazioni, a volte non prive di una certa volgarità, di un ambiente, quale quello della società moderna, veramente privo di qualsiasi spessore culturale e spirituale.
Certo, non è cosa che possa lasciar contenti notare come la perdita dei rapporti personali, favoriti dal mondo virtuale, porti al progressivo impoverimento dei valori della persona umana, ma non è che questo sia voluto da quelle quinte colonne che si muovono nella storia e che hanno tutto l’interesse a rendere l’umanità come un grande gregge di pecore?
Antonio Bosna