Il miracolo dell’Eucaristia
“Sine dominico non possumus vivere” (senza l’Eucaristia non possiamo vivere) risposero al Procuratore i martiri di Abitina (odierna Tunisia) durante la persecuzione di Diocleziano (300 d.C.) ; “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (Gv 6,53).
Con tremore e riverenza dovremmo ricevere la Santa Comunione, umilmente pentiti dei nostri peccati per non mangiare e bere la nostra condanna! Infatti è scritto: “Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1Corinzi 11,28-30 ).
La Didachè o cosiddetta Dottrina degli Apostoli, scritta da autore sconosciuto tra la fine del I e II secolo d.C. chiama esplicitamente l’Eucaristia, sacrificio (rifacendosi a Malachia 1,11): “…il giorno del Signore, riunitevi spezzate il pane e rendete grazie, però dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Chiunque ha qualche dissenso con il suo vicino, non si unisca a voi, altrimenti il vostro sacrificio viene profanato (nel senso della rottura della fraternità), infatti di questo sacrificio, il Signore ha detto: in luogo e in ogni tempo vi viene offerto il sacrificio puro”. Si dice, quindi, che è un sacrificio, ma si ribadisce che deve essere un sacrificio puro, e perché sia tale, lo si deve celebrare nella fraternità e nella carità. Questa unione fra eucarestia e sacrificio la troviamo anche altrove, per esempio in Clemente nell’Istrometa (1,9; 4,25), nel quale chiama l’eucarestia come Prosphorà (sacrificio).
Ricordiamo alcuni Padri della Chiesa e Santi che difesero il Santo Sacrificio della Messa come segno di unità ecclesiale. Senza l’eucaristia non c’è Chiesa.
Sant’Ignazio di Antiochia (35-107 d.C.) nella sua lettera agli Efesini: “Farmaco di immortalità, antidoto per non morire e cibo per vivere per sempre in Gesù Cristo”; quando venne condotto dalla Siria a Roma per essere dato in pasto alle belve, a causa della sua testimonianza resa a Cristo nella lettera ai Romani dichiarò : “Grande dono fatto agli uomini da Cristo medico corporale e spirituale… lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio .Sono il frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo”.
San Giustino (100-167 d.C.) decapitato nel II secolo a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino dopo aver subito il tormento e l’ingiuria della flagellazione: “Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: “Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo”. E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: “Questo è il mio sangue”; e ne distribuì soltanto a loro. I malvagi demoni per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra. Infatti voi già sapete, o potete apprendere, come nei riti di iniziazione si introducano un pane ed una coppa d’acqua, mentre si pronunciano alcune formule ” (Apologia I par. LXVI).
Sant’Ireneo di Lione (130- 202 d.C.) nel suo libro “Contro le eresie”: “Se dunque il calice mescolato e il pane preparato ricevono la parola di Dio e divengono Eucaristia, cioè il sangue e il corpo di Cristo, e se con essi si fortifica e si consolida la sostanza della nostra carne, come possono dire che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio che è la vita eterna: la carne che si nutre del sangue e del corpo di Cristo ed è sue membra? Come il beato Apostolo dice nella sua lettera agli Efesini: «Siamo membra del suo corpo formati dalla sua carne e dalle sue ossa» (Ef 5,30) indicando con queste parole non un certo uomo spirituale ed invisibile, «perché lo spirito non ha né ossa né carne» (Lc 24,39), ma l’organismo veramente umano, composto di carne nervi ed ossa, il quale è nutrito dal calice, che è il suo sangue, ed è fortificato dal pane, che è il suo corpo. E come il legno della vite (Ez 15,2.6), collocato nella terra, porta frutto a suo tempo, e «il chicco di frumento caduto nella terra» (cf. Gv 12,24) e dissolto risorge moltiplicato in virtù dello Spirito di Dio che sostiene tutte le cose (cf. Sap 1,7) – e poi grazie all’abilità umana sono trasformati ad uso degli uomini e ricevendo la parola di Dio divengono Eucaristia, cioè il corpo e il sangue di Cristo; così anche i nostri corpi, che si sono nutriti di essa, sono stati collocati nella terra e vi si sono dissolti, risorgeranno al loro tempo, perché il Verbo di Dio donerà loro la risurrezione «per la gloria di Dio Padre» (Fil 2,11), il quale procura l’immortalità a ciò che è mortale e dona gratuitamente l’incorruttibilità a ciò che è corruttibile (cf. 1 Cor 15,53).Sant’Ilario di Poitiers (310-367 d.C.) vescovo e teologo, proclamato Dottore della Chiesa nel “De Trinitate” insiste sulla Comunione tra Cristo e il fedele, di cui l’Eucaristia è il mezzo imprenscidibile e garanzia anche della comunione dei santi. Per questo scrive: ” Noi siamo in lui per la sua nascita nel corpo. Egli poi è ancora in noi per l’azione misteriosa dei sacramenti. Nessuno sara’ in Lui, se non colui nel quale Egli stesso verra’, poichè il Signore assume in sè solo la carne di colui che ricevera’ la sua”. Riferimenti come questi che non lasciano dubbi sulla concezione dell’ Eucaristia da parte dei cristiani dei primi secoli, sono innumerevoli.
Sant’Ambrogio (339-397) vescovo e dottore della Chiesa : “Tu forse dirai… questo è il mio solito pane… ma io ti rispondo che è certamente pane prima della consacrazione, però dopo diviene carne di Cristo (De Sacram. 4,4).
San Gaudienzo vescovo di Brescia ( IV-V secolo): “Il sacrificio celeste istituito da Cristo è veramente il dono ereditario del suo Nuovo Testamento: è il dono che ci ha lasciato come pegno della sua presenza quella notte, quando veniva consegnato per essere crocifisso. E’ il viatico del nostro cammino. E’ un alimento e sostegno indispensabile per poter percorrere la via della vita, finché non giungiamo, dopo aver lasciato questo mondo, alla nostra vera meta, che è il Signore.Il pane è considerato con ragione immagine del corpo di Cristo. Il pane, infatti, risulta di molti grani di frumento. Essi sono ridotti in farina e la farina poi viene impastata con l’acqua e cotta col fuoco. Così anche il corpo mistico di Cristo è unico, ma è formato da tutta la moltitudine del genere umano, portata alla sua condizione perfetta mediante il fuoco dello Spirito Santo. Il Paràclito esercita sul corpo mistico la stessa azione che esercitò sul corpo fisico di Cristo. Il Redentore, infatti, nacque per opera dello Spirito santo e, poiché era conveniente che in lui si compisse ogni giustizia, entrato nelle acque del battesimo per consacrarle, fu pieno di Spirito Santo, disceso su di lui, in forma di colomba. Lo dichiara espressamente l’Evangelista: «Gesù pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano» (Luca 4,1 ).Per il sangue di Cristo vale, in un certo senso, l’analogia del vino, simile a quella del pane. Dapprima c’è la raccolta di molti acini o grappoli nella vigna da lui stesso piantata. Segue la pigiatura sul torchio della croce. C’è quindi la fermentazione, che avviene, per virtù propria, negli ampi spazi del cuore, pieno di fede, di coloro che lo assumono. Liberandovi pertanto dal potere dell’Egitto e del faraone, cioè dal diavolo, cercate di ricevere il sacrificio pasquale di salvezza, cioè il corpo e il sangue di Cristo, con tutto l’ardente desiderio del vostro cuore, perché il nostro uomo interiore sia santificato dallo stesso Signore nostro Gesù Cristo, che crediamo presente nei santi sacramenti e la cui virtù dura nel suo inestimabile valore per tutti i secoli” ( Tratt. 2; CSEL 68,30-32 ).
San Giovanni Crisostomo (344-407) vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa chiamato il doctor eucaristicus che parla esplicitamente esplicitamente del carattere sacrificale dell’eucarestia nel Commento alla lettera agli Ebrei, dove si sottolinea attraverso il memoriale non c’è una moltiplicazione di sacrifici, ma si celebra sempre cio’ che Gesù ha celebrato e offerto una volta per tutte sulla croce: “Non offriamo quotidianamente sacrifici? Lo facciamo, ma come un memoriale della sua morte e questa oblazione è una e non molteplice. E come può essere una e non molte? Poiché è stato offerto una volta per tutte, come un unico sacrificio del Santo dei santi, questo è la figura dell’antico sacrificio e lo fu veramente in questo, perché è lo stesso Gesù Cristo che noi offriamo sempre e non ora una vittima, ora un’altra. La vittima è sempre la stessa e quindi il sacrificio è uno. Diremo che, poiché Cristo è offerto in molti luoghi, ci sono molti Cristi? Certamente no, è un unico e medesimo, Cristo ovunque è qui nella sua interezza e altrove nella sua interezza, un corpo unico. Come Egli è un corpo solo e non molti corpi, pur essendo offerto in molti luoghi, così il sacrificio è uno solo e medesimo; il nostro sommo sacerdote è Cristo stesso che ha offerto il sacrificio che ci purifica. La vittima che fu offerta allora, che non può essere consumata è la stessa e la medesima vittima che noi offriamo ora. Ciò che facciamo lo facciamo come memoriale di ciò che fu fatto allora, non offriamo un sacrificio diverso, ma sempre lo stesso o piuttosto ne facciamo il memoriale”.
Teodoro di Mopsuestia (358 – 350) scrittore, studioso della Bibbia e condiscepolo di Giovanni Crisostomo: “Come fu lo Spirito a fare la carne nel ventre di Maria, come fu lo Spirito a ridare vita al corpo morto di Gesù è lo Spirito a santificare i doni, conferendo loro tutto questo mistero di cui stiamo parlando, rendendoli immortali” (Catechesi 15,26).
Sant’Agostino d’Ippona (354 – 430) dal Sermone n. 227 : “il pane che voi vedete sull’altare santificato dalla parola di Dio è il Corpo di Cristo. Il calice santificato dalla parola di Dio è il Sangue di Cristo”.
San Basilio, un grande Vescovo del IV secolo definito dai testi liturgici bizantini un «luminare della Chiesa» ricorda che… “per tenere vivo in noi l’amore verso Dio e verso gli uomini è necessaria l’Eucaristia, cibo adeguato per i battezzati, capace di alimentare le nuove energie derivanti dal Battesimo” (cfr De Baptismo 1,3: SC 357,192). “E’ motivo di immensa gioia poter partecipare all’Eucaristia” (Moralia 21,3: PG 31,741a), istituita “per custodire incessantemente il ricordo di colui che è morto e risorto per noi” (Moralia 80,22: PG 31,869b). “L’Eucaristia, tutela in ciascuno di noi il ricordo del sigillo battesimale, e consente di vivere in pienezza e fedeltà la grazia del Battesimo”. Per questo raccomanda la comunione frequente, se non quotidiana… “Comunicare anche ogni giorno ricevendo il santo corpo e sangue di Cristo è cosa buona e utile; poiché egli stesso dice chiaramente: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6,54). “Chi dunque dubiterà che comunicare continuamente alla vita non sia vivere in pienezza?” (Ep. 93: PG 32,484b). “L’Eucaristia, in una parola, ci è necessaria per accogliere in noi la vera vita, la vita eterna” (cfr Moralia 21,1: PG 31,737c).
San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153 ) Padre della Chiesa, chiama l’Eucaristia il dono del bacio: “E’ attraverso il bacio eucaristico che Gesù riversa in noi la sua anima, il suo spirito, la sua vita e tutto il suo cuore. E se il bacio ci viene donato ( ovvero se la Eucaristia ci viene donata ), noi la riceviamo e non osiamo prenderlo da noi medesimi, proprio perchè è dono”.Tuttavia quetso immenso e incommensurabile dono di Dio non si esaurisce nell’ostia consacrata. Ma dobbiamo anche far fruttificare attraverso la grazia ricevuta nei sacramenti i talenti e metterli a disposizione della comunita’, in cui non devono mancare la lode , l’adorazione e la preghiera per il suo amore per noi. “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2,9-11).
Lode a Te Signore Gesu’ che col Tuo Sacrificio ci hai riscattato. A te la gloria , l’onore e la potenza nei secoli dei secoli. Amen
Cinzia Notaro