Il sovranismo sociale di fronte al ciclone Trump

Gianni Alemanno

Sono passate poche settimane dall’insediamento di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti e – come previsto, molto più di quanto previsto – un ciclone politico- culturale si è abbattuto su tutto il mondo, colpendo in particolare gli ammuffiti assetti della politica europea. Pur sapendo che gli esiti di questo traumatico cambiamento sono in larga parte imprevedibili, è necessario compiere un’analisi, breve ma chiara, per costruire una posizione politica che non può certo prescindere da questa nuova ingombrante presenza. Anche perché tutto il sovranismo europeo si va schierando dalla parte del Presidente Trump e in particolare sembra assecondare il progetto di Elon Musk di costruire il movimento MEGA (Make Europe Great Again) come una grande alleanza di tutte le forze sovraniste e conservatrici occidentali.

I due volti dell’amministrazione Trump

Donald Trump nella sua incredibile ascesa politica ha assorbito e mescolato insieme molteplici influenze che hanno prodotto slogan di estrema efficacia propagandistica ed elettorale, ma da cui non è ancora uscita una vera sintesi politica e strategica. Per cui il rischio è quello di trovarsi, di volta in volta, ad avere a che fare con un Trump diverso e addirittura contraddittorio. Incredibilmente abbiamo una reazione radicale alla cultura progressista woke, alle teorie gender, al Green Deal, che proviene proprio dallo stesso paese che queste aberrazioni aveva prodotto e diffuso per il mondo. A questo si unisce mobilitazione senza precedenti contro il pericolo dei flussi migratori clandestini e incontrollabili, mobilitazione che è stata la leva principale del sostegno di Elon Musk ai movimenti sovranisti europei. Sulla linea populista e anti-establishment abbiamo anche l’importante segnale della nomina del paladino della lotta alle vaccinazioni obbligatorie Covid, l’ultimo erede politico della dinastia Kennedy, a Ministro della salute, unita all’attacco frontale all’OMS come centrale della dittatura sanitaria mondiale. In campo economico-sociale la nuova Amministrazione USA sta smantellando una buona parte delle misure di welfare, sbrigativamente etichettate come “sprechi” (generando reazioni negative anche dall’attuale Corte suprema americana, di orientamento conservatore), ma nel contempo sta rilanciando una politica per i lavoratori americani che parte proprio dalla messa in discussione del liberoscambismo globale attraverso lo strumento dei dazi e delle protezioni doganali. Questo potrà produrre – nonostante i tentativi di mediazione della Meloni – problemi anche per l’economia italiana, ma fa saltare in Europa e in tutto il mondo il modello di sviluppo export oriented che è stato in questi anni il principale strumento di sfruttamento delle multinazionali a danno dei lavoratori e delle economie nazionali. Le delocalizzazioni, il precariato e le riduzioni salariali sono state finora giustificate con la necessità di essere “competitivi” sul mercato internazionale, mentre al contrario i dazi sullo scambio delle merci possono ridare centralità al mercato interno e quindi imporre, anche in Italia, il rilancio delle nostre filiere produttive e aumenti salariali per mettere più soldi in tasca ai lavoratori per sostenere i consumi interni. Questo avverrà soprattutto se la fine della guerra in Ucraina, eliminerà le “autosanzioni” che in questi anni ci hanno impedito di acquistare dalla Russia quantità illimitate di energia a basso costo. Nei confronti del mondo multipolare i due volti di Trump si manifestano con una drammatica contraddizione. Da un lato ha avviato, come promesso, i colloqui di pace con la Russia di Putin per porre finalmente termine al conflitto in Ucraina, facendo cadere nel ridicolo le pretese guerrafondaie di Zelensky e delle classi dirigenti europee. Dall’altro lato in Medio Oriente – mentre regge una fragile tregua che almeno ha fermato i massacri – Trump ha proposto la deportazione delle popolazioni palestinesi dalla Striscia di Gaza, cosa estremamente grave perché rappresenta una copertura politica totale dei massacri perpetrati da Bibi Netanyahu e la conferma del legame dell’Amministrazione USA con il mondo evangelico e la destra israeliana che vogliono costruire la “Grande Israele” sulla pelle di tutte le popolazioni arabe. Semplificando molto ci sono due prospettive del “ciclone Trump”. La prima populista – caldeggiata in particolare da Steve Bannon – è quella di un’America che, per promuovere il benessere del proprio popolo, trova un posto nel nuovo mondo multipolare, difendendo i propri interessi nazionali e ridimensionando al proprio continente (vedi Groenlandia e Canale di Panama) le sue pretese espansionistiche. La seconda è invece quella di una nuova versione dell’aggressività americana, denudata dalle ipocrisie dei progressimo liberal e dalle pretese di “esportare la democrazia” nel mondo, ma molto più sbrigativa nell’imporre nel mondo le proprie strategie di potere. Dipenderà molto dalla tenuta delle diverse componenti del mondo multipolare se la bilancia si sposterà in un senso o nell’altro. Dipenderà dalla Russia, se riuscirà a costruire il processo di pace in Ucraina e in Europa, senza rompere la solidarietà con gli altri paesi del BRICS. Dipenderà dal mondo arabo e islamico se riuscirà a non farsi dividere, difendendo unitariamente i diritti del popolo palestinese, Se questi freni funzioneranno, il pragmatismo di Donald Trump potrebbe prevalere sulle tentazioni aggressive, aprendo uno spazio negoziale per tentare di costruire un nuovo equilibrio mondiale in cui le sovranità nazionali e il rispetto reciproco delle grandi aree di civiltà si sostituiscano alla pretesa di imporre un unico modello di sfruttamento globale.

La crisi di Bruxelles e gli sviluppi del Sovranismo Europeo

In tutto questo scenario sono proprio l’Unione Europea e i principali paesi del nostro Continente ad avere la posizione più fragile. Insistono ottusamente a sostenere la guerra in Ucraina ad oltranza e proprio per questo vengono clamorosamente esclusi dai tavoli negoziali aperti da USA e Russia, ma continuano invece a rimanere vergognosamente indifferenti sul destino del popolo palestinese. Le istituzioni di Bruxelles si ostinano nelle autoflagellazioni del Green Deal, che, dopo la clamorosa archiviazione fatta da Trump, pesano ormai solo sullo sviluppo economico del nostro Continente. Rimangono ancorati ai dogmi del “pensiero unico” progressista, messo all’indice in tutto il mondo multipolare in nome della riscoperta dei valori tradizionali e identitari. L’unico segnale di vita che l’Europa riesce a dare è quello di un vertiginoso aumento delle spese militari, l’autorizzazione dei parlamenti nazionali e preoccuparsi di chiarire se questi nuovi armamenti debbano servire a difendere le sovranità nazionali dei popoli europei o ad alimentare gli apparati di sudditanza della NATO. Giorgia Meloni, con la sua abituale disinvoltura, sta cercando di ritagliarsi un ruolo di “mediatrice” tra l’Unione Europea e la nuova Amministrazione Trump. Ma in realtà si deve misurare non solo con l’improbabilità di questo compito, ma anche con il nuovo asse che si è stabilito tra gli esponenti di questa Amministrazione e i leader dei sovranisti europei, da cui Fratelli d’Italia si è chiamata fuori per aderire al gruppo dei Conservatori europei caratterizzati dal loro ostracismo anti-russo. Elon Musk ha lanciato il Movimento MEGA a cui sta aderendo tutto il gruppo sovranista di Orban e Marine Le Pen, mentre il vicepresidente J.D. Vance è andato oltre non facendosi scrupolo di incontrare in Germania la leader dell’AfD (Alternative fur Deutschland), partito che allo stato attuale è stato escluso perfino da quel gruppo. Va notato che AfD ha trionfato nelle ultime elezioni tedesche rendendo centrale non solo il tema del contrasto all’immigrazione clandestina, ma anche quello dell’uscita dall’Euro e dall’Unione Europea. A questo punto è legittimo chiedersi che senso abbia, soprattutto per l’Italia, continuare a subire i vincoli e le follie dell’Unione Europea, ormai delegittimata anche dagli Stati Uniti che sono stati fino a ieri il principale sponsor di questo progetto. L’Unione Europea rimane il principale strumento della nostra sudditanza: i vincoli del patto di stabilità europeo e dell’Euro ci impediscono di rilanciare il nostro sistema economico e produttivo, condannandoci a un irreversibile declino (cominciato proprio con il Trattato di Maastricht propedeutico all’introduzione della moneta unica) aggravato dalle “autosanzioni” contro la Russia e dalle follie del Green Deal. Le regole giuridiche europee ci obbligano a sottostare al “pensiero unico” progressista, che aggredisce ogni forma di riferimento identitario o anche semplicemente di elementare buon senso, come dimostrano gli effetti delle teorie gender, gli attacchi al nostro patrimonio agroalimentare, gli obblighi sanitari e vaccinali che non si fermano al periodo Covid. Nessun aiuto reale ci viene dato per difendere le nostre coste dai flussi migratori e per avere un ruolo attivo di pace e di sviluppo nel Mediterraneo, mentre ci troviamo coinvolti in una guerra dei dazi con gli USA di cui non abbiamo nessuna responsabilità. Ma quello che deve essere chiaro è che tutta questa insostenibile situazione non è una “deviazione” del progetto dell’Unione europea: il modello liberista, progressista, anti-nazionale e anti-identitario europeo è scritto nei Trattati costitutivi dell’Unione e si rileva nello stesso Manifesto di Ventotene che ne è stato l’ispiratore. E quindi non si può uscire da questo modello senza azzerare l’Unione Europea e imboccare una strada completamente diversa per costruire la cooperazione tra le Nazioni europee. Tra l’altro i margini di manovra politica ed economica dell’Italia all’interno della UE si fanno sempre più ristretti. Tra due anni finiranno i benefici del PNRR e bisognerà cominciare a restituire le risorse che ci sono state prestate nell’ambito di questo progetto, cumulando questo onere finanziario con i vincoli del nuovo Patto di stabilità che il nostro Governo ha incredibilmente sottoscritto. In più, il progetto politico di Mario Draghi per aumentare la competitività europea, prevede la cancellazione di ogni forma di “diritto di veto” dei paesi membri rispetto alle decisioni prese dal Consiglio europeo, incatenando l’Italia alle decisioni prese dal blocco costituito dalla Germania e dal paesi nordici, I cosiddetti “paesi frugali” che si opporranno ad ogni forma di solidarietà economica e sociale, compresi gli investimenti finanziati con debito comune europeo (salvo ovviamente gli investimenti militari). Insomma, se l’Italia non coglierà “finestra di opportunità” aperta dall’Amministrazione Trump per uscire dall’Unione europea, rimarrà incatenata a questo organismo morente e sarà scavalcata dalle iniziative dei movimenti sovranisti europei che, sotto l’impulso di Musk, saranno molto più incisivi nel far esplodere questa crisi. Si apre quindi uno scenario molto diverso da quello di una patetica “mediazione tra USA e UE” che il Governo Meloni sembra voler assumere, mentre le ultime dichiarazioni di Mosca contro Mattarella hanno reso palese il risentimento russo per l’ostinato sostegno italiano nei confronti del regime di Zelensky.

Cosa deve fare il Sovranismo Sociale

In questo quadro il Sovranismo sociale, rappresentato dal Movimento Indipendenza, deve assumere delle posizioni politiche che rappresentino un investimento per il futuro, un posizionamento che nessuno in Italia sta ancora assumendo, un pungolo per il Governo di centrodestra per portare l’Italia fuori dal vicolo cieco in cui si trova:

1.     Di fronte alle evoluzioni dell’Amministrazione Trump dobbiamo sottolineare che non siamo disponibili a nessuna sudditanza estera, mantenendo la nostra richiesta di scioglimento della NATO (peraltro condivisa in larga parte dallo stesso Trump), ma non possiamo ignorare i profondi e positivi cambiamenti che il nuovo Presidente USA può indurre in tutto il mondo. Apriamo, quindi, un confronto politico a schiena dritta con i rappresentanti trumpiani per cercare di inserire questi cambiamenti nel contesto del mondo multipolare e di renderli compatibili con l’interesse nazionale italiano.

2.     continuiamo manifestare concretamente la nostra solidarietà al popolo palestinese e l’assoluta contrarietà ad ogni progetto di deportazione, sviluppando i rapporti avviati con i paesi del mondo arabo e islamico che sono indispensabili per dare all’Italia un ruolo nel Mediterraneo.

3.     Rivendichiamo la giustezza delle nostre posizioni sulla guerra in Ucraina e la capacità di mantenere un dialogo aperto con la Federazione Russa e gli altri paesi BRICS. Il dialogo tra Trump e Putin è la migliore dimostrazione dell’inconsistenza delle posizioni guerrafondaie tenute fino ad ora da tutta la politica ufficiale e gli organi d’informazione italiani.

4.     Dialoghiamo con le diverse forme di sovranismo europeo, cercando di diffondere le caratteristiche specifiche del nostro “sovranismo sociale”, ovvero quelle di essere contro il liberismo economico, aperti al mondo multipolare e contrari alla pretesa di imporre nuovamente la superiorità del capitalismo occidentale e globale. Non possiamo non tener conto che la strada del sovranismo in Europa passa molto più su temi identitari che su temi sociali, come hanno dimostrato anche le elezioni tedesche dove l’AfD ha trionfato (soprattutto nella Germania orientale) con un risultato quattro volte superiore a quello del BSW di Sahra Wagenknecht.

5.     Questo è il momento di passare all’offensiva contro il nostro vero nemico principale, che è la tecno-burocrazia di Bruxelles, lanciando il Comitato “EXTRA- Fuori dall’Unione Europea” per costruire una “Nuova Europa di Nazioni sovrane”. Dobbiamo cogliere la “finestra di opportunità” aperta dall’Amministrazione Trump per uscire dall’Unione europea, trovando una sintonia con i movimenti sovranisti europei che, sotto l’impulso del MEGA, potranno essere molto più incisivi del centrodestra italiano nel far esplodere questa crisi.

6.      Dobbiamo insistere nel denunciare il legame indissolubile che c’è tra i problemi sociali e i problemi identitari del nostro popolo. Combattere lo sfruttamento e il precariato del lavoro, la mancanza di politiche sociali, insieme alla denuncia degli effetti insostenibili dell’immigrazione incontrollata e della devastazione del territorio e del patrimonio italiano.

Gianni Alemanno