In memoriam di Gino Locaputo: un Aristocratico dello Spirito

Il mondo della cultura e delle arti italiane e del bacino del Mediterraneo ha perso una delle sue anime più eclettiche e profonde con la morte di Gino Locaputo, un uomo che ha dedicato la sua vita all’arte, alla letteratura e, soprattutto, alla promozione del dialogo fra Oriente e Occidente. Poeta, attore, regista e scrittore, Locaputo ha saputo fondere la sua passione per la creatività con una visione del mondo fortemente influenzata dall’Oriente, arricchita da un costante impegno nel dialogo interculturale proprio a partire delle espressioni artistiche.
Locaputo, conversanese classe 1953, era stato sottufficiale in aeronautica, ed ha attraversato il mondo a cavallo tra due epoche in cui l’arte ha vissuto trasformazioni radicali, ma è stato capace di mantenere vivo il legame con la tradizione, integrandola con le influenze che ha assorbito durante la sua vita. Il suo amore per l’Oriente, un legame che ha segnato ogni sua opera e ogni sua scelta artistica, risale ai suoi primi anni di vita, quando ebbe la fortuna di incontrare Hrand Nazariantz, un grande poeta e intellettuale armeno, vissuto in Puglia e per alcuni anni anche a Conversano. Il pensiero di Nazariantz, che rappresentava una sintesi raffinata tra la cultura occidentale e quella orientale, fu il primo seme che portò Locaputo ad avvicinarsi a quelle tradizioni millenarie, a quei principi spirituali e filosofici che avrebbero plasmato la sua esistenza. Insieme a brandelli di poesie, fotografie, caramelle Nazariantz soffiò in lui un Spirito nuovo, forse difficile da sopportare per un bambino così piccolo di meno di circa sei anni. Eppure Nazariantz vide in lui una speranza per il suo Oriente e sentì di dovergli affidare la tradizione, come un soffio vitale.
A sua volta Gino Locaputo costituì un ulteriore mezzo per portare gli insegnamenti di Nazariantz ancora oltre, grazie all’incontro con Cosma Cafueri, fondatore e primo responsabile del “Centro Studi Hrand Nazariantz”. Cafueri, amante delle arti e degli studi sulla fotografia e le scienze naturali, accolse i suggerimenti di Locaputo con entusiasmo dando al poeta un ruolo di primo piano nella divulgazione della cultura orientale in Italia.
Se c’è un aspetto che ha reso Gino Locaputo un uomo straordinario, oltre alla sua produzione artistica, è stato il suo costante impegno per il dialogo fra culture del mondo. In un’epoca segnata da conflitti e tensioni internazionali, Locaputo ha sempre creduto che l’arte potesse essere un mezzo potente per abbattere le barriere ideologiche e promuovere la comprensione tra i popoli e punti di vista. Questa sua convinzione lo portò, negli anni a ideare e dirigere il “Festival Mediterraneo”, una manifestazione culturale che aveva l’obiettivo di far dialogare le diverse tradizioni del bacino del Mediterraneo, in un confronto aperto e costruttivo, in luoghi che sapevano di profondissimo Oriente e profondissimo Occidente. Questa manifestazione sotto la direzione, divenne un simbolo di speranza e di impegno per la pace, senza cortei, senza bandiere o orpelli e simboli ideologici di parte. L’evento, che vedeva la partecipazione di artisti, intellettuali e attivisti provenienti da tutto il mondo, non era solo un festival di arte e cultura, ma anche una piattaforma per discutere di temi cruciali come i diritti umani, la cooperazione internazionale, e la lotta contro le ingiustizie sociali. Locaputo, con la sua visione profonda e il suo spirito di sintesi tra le culture, seppe trasformare ogni edizione del festival in un’occasione unica di crescita spirituale e di riflessione sul destino dei popoli in particolare di quelli che non trovavano spazio nel paradigma stato-nazione.
Ma l’impegno per la pace di Locaputo non si limitava alla sfera culturale. Il suo pensiero e le sue parole erano rivolti soprattutto all’educazione delle nuove generazioni, affinché potessero imparare a vivere in un mondo più giusto ed equo, dove il rispetto per sé e per il vicino erano valori condivisi. La sua opera si poneva come strumento per sensibilizzare le persone alla necessità di una comprensione dell’altro, un invito a superare le divisioni e ad abbracciare un’idea di fraternità concreta.
Alla luce di tutto questo, non sorprende che la figura di Gino Locaputo possa essere descritta come quella di un “aristocratico dello spirito”, un termine che, lontano da ogni aspetto elitario, richiama l’idea di un uomo che ha dedicato la sua vita alla ricerca della bellezza, della verità e della pace. Come i grandi maestri del passato, che non cercavano il riconoscimento mondano ma piuttosto il miglioramento dell’animo umano, Locaputo ha saputo coniugare la sua passione per l’arte con una visione profonda della vita, unendo il rigore della tradizione con l’apertura mentale. In un panorama culturale contemporaneo, spesso dominato dall’individualismo e dalla superficialità, Gino Locaputo è unicum. La sua capacità di fondere la ricerca estetica con la ricerca spirituale lo ha reso un esempio di come l’arte possa non solo essere un mezzo di espressione, ma anche una forma di impegno etico e civile. Locaputo, con il suo spirito indomito e la sua passione per l’incontro delle culture, rimarrà una figura di riferimento per tutti coloro nell’Arte Assoluta come Arte dell’incontro.
Gino Locaputo, con la sua morte ci lascia un vuoto, ma anche una ricchezza inestimabile: quella di chi ha saputo essere un vero aristocratico dello spirito, alla maniera dei vecchi maestri, e che ha dedicato la sua vita a insegnare l’importanza di vivere con dignità, bellezza e, soprattutto, indomita pace.
Carlo Coppola