ipazia

I processi inquisitori hanno sempre avuto come punto di riferimento il legame tra verità, illusione e teologia. In un tale contesto di idee tutto ciò che non veniva considerato pertinente a una teologia vera e propria, dalle regole precostituite, o a qualche sospetto di messa in discussione della teologia, veniva considerato fenomeno eretico. Di fatto l’eresia è ciò che si “contrappone”, che va oltre il pensiero delle norme. Non solo un fatto morale, etico, ma anche un fatto giuridico all’interno di un processo avente come punto di riferimento la teologia. In parecchie occasioni il cinema è stato cruente nel rappresentare gli aspetti e gli elementi che hanno caratterizzato i processi inquisitori. Uno dei primi atti inquisitori ha colpito una grande filosofa e matematica quale Ipazia di Alessandria d’Egitto, nata tra il 350 e il 370 e morta nel 415. Una astronoma di grande interesse che ha posto all’attenzione aspetti di filosofia antica che hanno messo in discussione l’intero sistema filosofico. Rappresentante della filosofia neoplatonica, fu uccisa per mano dei cristiani su volontà dei parabolati che ai tempi costituivano un nervo importante per mantenere intatto il pensiero della teologia cristiana.

Il film Agora analizza la visione di questo personaggio carismatico. Ipazia viene definita una donna martire, uccisa a causa della sua libertà di pensiero. Accanto alla filosofia e al pensiero matematico, aveva posto anche il problema dell’astronomia, in un’epoca in cui l’astronomia si legava all’alchimia. Il suo studio su Tolomeo è una dimostrazione emblematica di questo aspetto. Pallada nell’Antologia Palatina le dedica i seguenti versi: “Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto, Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura”. Una dichiarazione dell’antico poeta e grammatico greco che dimostra come veniva considerata Ipazia. Il film Agora pone all’attenzione il passaggio di una Chiesa concepita come centro di potere nel mondo greco all’interno di un percorso ortodosso e come la Chiesa stessa avesse recepito le istanze, non solo delle donne in generale, ma soprattutto delle donne dal pensiero forte. È questo uno degli aspetti significativi di tutta la realtà che ha rappresentano la figura di Ipazia. Su di lei sono stati scritti alcuni saggi, oltre ad essere stato realizzato il film Agora di Alejandro Amenábar del 2009 liberamente ispirato a questa carismatica figura in cui viene posto come punto nevralgico il suo rapporto con il fanatismo del vescovo Cirillo, considerato il mandante dell’omicidio, divenuto in seguito san Cirillo.

Il film contempla bene l’intransigenza del vescovo Cirillo, il suo fanatismo, il suo esercitare il potere e lo scontro non solo con il mondo pagano, ma anche con il mondo ebraico. Ipazia non era ebrea, bensì pagana. Considerava la filosofia come modello neoplatonico. Quella filosofia greca in cui gli dei dominavano il cammino. Il suo confrontarsi con la grecità e con il mondo egiziano la poneva al di fuori di alcuni schemi. Ecco perché veniva giudicata pagana. Cirillo (e il film lo testimonia) non pone solo come questione nevralgica del potere della Chiesa di quel tempo la lotta contro il paganesimo, ma anche quella contro gli ebrei. Di qui la sua “promozione” alla santità. Si è tornati a studiare Ipazia dall’illuminismo in poi, non perché sia da annoverare tra i post illuministi o i neo illuministi, ma per il fatto che il suo essere uno “spirito libero” poneva una questione di teologia. Questo è il dato concreto sul quale si sposta tutto il discorso inquisitorio che prende le mosse dalla sua formazione basata sulla filosofia antica di Aristotele e Plotino. Un viaggio in cui la sua presenza era molto temuta. Si narra, infatti, che il vescovo Cirillo abbia detto “Sia lapidata a morte”, a sottolineare la volontà di annientare la persona, ma soprattutto il suo pensiero. Tutto ciò si avverte nel film, ma siamo in un tempo in cui ancora dominava il cosiddetto “paganesimo”.

La cultura greca costituiva il punto di riferimento di un intero percorso destinato a diventare dominante all’interno del Mediterraneo. Ritengo che il film sia un buon film perché non si sofferma solo ad analizzare l’iconografia di Ipazia, ma va oltre, ponendo come attrazione tutto quel contesto fatto di platonismo e di ellenismo. Il grande filosofo Charles Péguy ebbe a scrivere: “Ciò che noi amiamo e ciò che onoriamo è questo miracolo di fedeltà che un’anima sia stata così perfettamente in accordo con l’anima platonica e con la sua discendente l’anima plotiniana e in generale con l’anima ellenica, con l’anima della sua razza, con l’anima del suo maestro, con l’anima di suo padre, e un accordo così profondo, così intimo, che raggiungeva così profondamente le fonti stesse e le radici.

Piefranco Bruni