Spesso e volentieri, sia nei film che in televisione, si sentono proferire parole volgari da parte di attori, uomini politici e dello spettacolo in genere, ritenendo forse che il turpiloquio, unito a parole stolte e senza senso, possa trasmettere in modo più vivace pensieri e stati d’animo. Tale degenere uso della parola, seguito da tante persone, sia giovani che adulti, è uno dei tanti segni evidenti dello scadimento sia morale che culturale del mondo moderno, in cui il prevalere degli elementi pragmatici dell’esistenza stanno sempre più occultando i valori più significativi dell’essere umano, tra cui vi è la disciplina della parola.

La non conoscenza delle radici della nostra cultura, sia classiche che cristiane, purtroppo sta creando un modo di vivere sempre più anodino, banale e arido e il linguaggio primitivo, specie di tanti giovani, ma anche di tanti adulti, riflette egregiamente sia un basso sentire, che una quasi totale mancanza di cultura. Certamente la pubblicità commerciale, il linguaggio stolto e volgare usato in tanti film e in tante trasmissioni televisive e il così detto “politichese” stanno esercitando un’enorme influenza sul modo di parlare di tante persone, le quali sempre più vanno a formare quella massa amorfa sulla quale è molto facile esercitare ogni tipo di suggestione politica, economica e di costume.

Uno dei tanti esempi dell’importanza della parola nel mondo classico lo si ritrova nell’arte della “retorica”, con la quale si insegnava il corretto uso della parola, tenendo presente sia il modo diverso di accentuazione di ciascuna, che il ritmo quasi cantato della frase molto in uso nei tribunali romani, di cui Cicerone ne fu maestro. Nel dialogo di Platone “Cratilo” si svolge una accanita dissertazione sul significato del linguaggio, in cui Cratilo, discepolo di Socrate sostiene contro Ermogene che il linguaggio non nasce da una convenzione, ma è formato da parole che riflettono oggettivamente la natura delle cose. In altri termini, è la Natura, o meglio l’Anima Mundi, che stabilisce il corretto significato di ogni cosa assegnando a ciascuna il nome appropriato. Tale dottrina ebbe un riflesso nel dibattito della filosofia scolastica sugli Universali, là dove per Universale si intende un concetto archetipico che può essere applicato a più cose le quali partecipano in vario modo di esso. A sua volta il concetto, o meglio l’idea, che si forma nella mente si sostanzia di parole le quali, sia nella posizione aristotelica che asserisce che gli Universali sono in re, cioè esistono nelle cose, che in quella platonica che invece sostiene che gli Universali sono ante rem, cioè esistono di per sé in una dimensione metafisica, ogni cosa ha un nome che partecipa di una realtà superiore e invisibile, di natura spirituale.

La dottrina platonica espressa nel Cratilo influenzò il pensiero islamico shi’ita, in cui fu formulata una scienza delle lettere dall’Imam Ja’far, il quale sostenne che le figure e l’ordine delle lettere sono un segno delle gerarchie celesti. Inoltre, Jabir, un altro pensatore persiano, sostenne che l’Anima Mundi unendosi alla Natura le comunica la sua armonia. In altri termini tutte le cose che esistono in natura hanno dei nomi che derivano da una realtà superiore. Non di minor conto sono le testimonianze bibliche in cui è detto, tra le tante citazioni possibili, “Allora il Signore plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche…”(Genesi 2,19-20).

Bisogna intendere che i nomi dati da Adamo a tutti gli animali significano le leggi intrinseche che formano e regolano la vita di ognuno di essi. Un salmo afferma: “dalla Parola del Signore furono fatti i Cieli, dal soffio della Sua bocca ogni loro schiera”(Salmo 33,6) e “in Principio era il Verbo..”(Giov.1,1), essendo il Verbo la primordiale manifestazione sonora di Dio, in cui sono contenute tutte le cose e quindi tutte le parole che definiscono le cose.

Tutte le considerazioni sin qui svolte vogliono mettere in risalto l’elemento “sacro” della parola; in altri termini ogni parola che viene pensata e poi pronunciata determina una risonanza evocativa di una realtà invisibile, cioè di una Forza, che può avere effetti tanto positivi, che negativi a seconda del suo significato. S. Paolo dice: “nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano” (Efesini 4,29). Ogni parola ha il suo effetto, anche se non lo si percepisce subito, per cui risulta necessario esercitare il dominio tanto sui propri pensieri, che sulle parole che escono dalla propria bocca. Coloro che usano parole cattive o volgari, nel proprio frasario quotidiano, farebbero bene a sapere che in tal modo attirano su di sé e, purtroppo, anche nel proprio ambiente in cui operano, Forze malefiche e quindi si rendono corresponsabili della deriva verso cui sta andando la società e il mondo.

Antonio Bosna