La giornata della Terra

Il 22 aprile 2020, si è festeggiato l’Earth Day (la giornata della terra). Sono passati cinquant’anni da quel giorno (22 Aprile 1970) in cui  in America venti milioni di cittadini manifestarono per la difesa del Pianeta. Qualche anno prima nel 1962 la biologa marina Rachel Carson aveva pubblicato un libro, che avrebbe segnato la nascita dell’ambientalismo, Silent spring (Primavera silenziosa), nel quale denunciava l’uso indiscriminato dei pesticidi in agricoltura e le connivenza tra grandi lobby e potere politico. Di lì a poco veniva gettata, questa volta in Italia, nel 1972, un’altra pietra miliare dell’ambientalismo col rapporto I limiti dello sviluppo commissionato da Aurelio Peccei e dal Club di Roma ad alcuni ricercatori del MIT (Massachussets Institut of Tecnology), nel quale si denunciavano la crescita demografica e il consumo irresponsabile delle risorse (acqua dolce, combustibili fossili, ecc.) destinate ad esaurirsi nel futuro prossimo.

Chissà come, mi sovviene un aforisma di Nicolàs Dàvila Gomez: «La filosofia è l’ermeneutica della grazia.» (Pensieri antimoderni, AR, 2007). Grazia deriva dal latino “gratia” che implica e vuol dire riconoscenza, dono, gratuità, generosità. Ed allora grazia non può che fare riferimento alla realtà radicale, nel senso che è alla radice di tutto quel che possiamo fare e pensare e, dunque, alla natura vivente, all’aria pulita, all’acqua dolce e salata non contaminate, alla terra fertile e selvatica, alle piante e alle foreste, agli animali e ai frutti. A tutto ciò, insomma, che ci viene dato in dono. Alle filosofie dell’arroganza, dell’oscurantismo progressista, dell’oscuro dominio della tecnica sul mondo si oppongono le umili filosofie dell’ecologia, quell’ermeneutica della grazia, che ci insegna il nostro posto nel mondo e la saggezza del vivere.

Sandro Marano