La mistica di Don Tonino Bello
Parlare di Don Tonino Bello attraverso i suoi testi e il suo esercizio spirituale, grazie alla sua presenza nel contesto non solo pugliese ma nella spiritualità intesa in senso complessivo, significa percorrere un viaggio mistico che è quello della misericordia e della capacità di capire cos’è l’evangelizzazione oggi.
Una grande provocazione mistica e ideologica che cerca di inserirsi all’interno di quel mondo cosiddetto «giusto», come diceva don Tonino, che costituisce il punto di riferimento tra la società, nella quale ci troviamo a vivere, e il tempo della storia. Don Tonino si è sempre testimoniato e testimoniandosi ha portato, all’interno di quella visione spirituale, il messaggio di Maria e di Cristo creando un rapporto costante e dinamico con l’uomo di ieri e di oggi. Citando spesso una frase di Sant’Ignazio, diceva che alla chiesa bisogna far presiedere il senso della carità. Ecco l’ultimo concetto forte del suo carisma che ha posto la carità come principio fondante del suo viaggio ontologico. Questo senso della carità diventa poi il segno tangibile nel quale parte, attraverso esperienze, la testimonianza di San Francesco di Assisi.
Proprio su San Francesco d’Assisi, don Tonino Bello si sofferma in modo particolare citando più volte la vita secondo Tommaso da Celano dedicata a San Francesco. Qui emergono quei percorsi in cui il mistero umano diventa, all’interno della dimensione francescana, il mistero di una chiesa che ha necessità di ritrovare il suo senso primordiale. Ecco perché, parlando del suo viaggio mistico, cita sant’Ignazio che lo pone come momento focale della sua lezione evangelica posta ai cristiani. Come riferimento fondamentale pone poi un’altra cesellatura che è quella che fece il cardinale che diventò papa, Benedetto XVI, che noi troviamo trasformata e interpretata, in modo particolare e diverso, proprio nell’enciclica di Benedetto XVI «Deus Caritas est». Questa carità, che viene posta come modello offerto in Benedetto XVI, nasce nella carità della condivisione alla quale faceva riferimento don Tonino Bello.
Don Tonino Bello era nato ad Alessano nel 1935 ed è morto a Molfetta nel 1993. In questo breve-medio viaggio le briciole delle sue parole nascono proprio all’insegna di un percorso della storia della chiesa e della storia dei santi. Infatti uno dei punti di riferimento dei pontefici, che don Tonino prende come modello esemplare, è Paolo VI il quale sottolinea che la povertà non è solo quella del denaro, ma anche la mancanza di salute, la solitudine affettiva, l’insuccesso professionale, l’assenza di relazioni. Tutto questo viene proiettato nel «gruppo prossimo della società», ossia il modello di integrazione e di interazione tra società, nella quale don Tonino si trova vivere, la società pregressa e la possibilità di trovare, in termini profetici, un percorso anche per il domani. Di conseguenza anche questo suo vivere la misericordia attraverso il concetto di carità diventa un punto nevralgico che tocca la necessità di confrontarsi con le differenze.
Diceva don Tonino che bisogna passare dalla «cultura della indifferenza» alla «convivialità delle differenze». Qui c’è l’altro modello che forma il carisma di don Tonino Bello, perché secondo lui vivere è non trascurare mai la vita, è cercare sempre quel tempo che è il tempo della carezza per gli altri e per se stessi, perché quando si viene a perdere il concetto di bellezza, che non è solo una visione ontologica ma diventa anche una visione estetica dell’anima, si corre il rischio di perdere la capacità di comprendere il senso del dono. Quel senso del dono che ci ha portato a vivere la vita con quelle manifestazioni che sono le manifestazioni dell’offrire all’altro e del ricevere dall’altro il senso della fede, della bontà, dell’amicizia. Il senso di trovare la capacità dentro se stessi e nell’altro. E questo è un avvicinamento verso la religiosità del rispetto e della dignità.
Ha fatto sempre delle grandi battaglie per tenere uniti il pensiero verso i diseredati, le povertà diffuse e il pensiero dell’accoglienza. Sono due momenti di grande attualità ma anche momenti che pongono in essere la capacità di recuperare l’uomo nella centralità. È naturale che il sacerdote pone al centro Cristo, Dio. Ma è anche vero che il sacerdote che si confronta con la società non può che porre all’attenzione i due modelli del divino e dell’umano. Cristo e l’uomo. L’uomo e Cristo. Il Tempio della fede. Il Tempio del presente. È come se si mettesse insieme il concetto di fede e il concetto di laico, ovvero il concetto che una volta veniva definito «pagano». Da questo bisogna trarre la capacità di essere integri in un viaggio in cui l’uomo deve essere impeccabile per capire il concetto divino.
La bellezza ci salverà, sant’Agostino e Dostoevskij sottolineavano ciò. Ma don Tonino ci ha testimoniato che il senso dell’avvolgimento del mantello di Maria, ha la forza e la capacità di creare, non solo in noi ma dentro le società, il dono del coinvolgimento. E questo potrebbe essere l’altro punto di contatto: il coinvolgimento che significa anche saper guardare all’altro. Camus ha sottolineato l’importanza del confrontarsi con lo straniero che vive dentro di noi, che può essere l’anima, la spiritualità, ma filosoficamente diventa il vero modello di attrazione tra l’ontologico e il metafisico. Perché non dobbiamo dimenticare che, pur parlando della semplicità di Tonino Bello, non possiamo inserire questo discorso in un legame che c’è tra teologia dell’accoglienza e la filosofia della comprensione. Don Tonino si soffermerà con il suo linguaggio didattico e pedagogico nelle tre lettere scritte a Giuseppe, a Cristo e a Maria che sono i tre momenti fondamentali di un viaggio all’interno del misticismo cristiano: il viaggio-padre, il viaggio-figlio, il viaggio-madre. Infatti intitolerà la lettera a San Giuseppe «Un tempo per la carezza» raccontando la figura di San Giuseppe grazie a questa necessità caritatevole della carezza. Carezza sulla pelle, sul corpo, tra le rughe del falegname, ma soprat-tutto carezza nell’affidarsi alla verità. Mentre la lettera a Gesù, che ha una sua importanza teologica notevole, viene ad essere definita come viaggio metodologico nelle vene della storia. Il rapporto con Gesù diventa mistico ma lo fa entrare nella storia per non lasciarlo soltanto all’improvvisazione di un laicismo che sfocia poi, spesse volte, in una incredulità perché la storia (e qui si rifà ancora una volta a Paolo VI) non appartiene solo ai vincitori, ma appartiene a tutti. «Bisogna stare molto attenti», diceva don Tonino, «essendo vicino ai vinti, non trovo nella storia quella storia che rende l’uomo e la cristianità modelli centrali». È proprio imponente la visione della storia nella lettera a Gesù. Gesù, che viene considerato un vinto, attraversa tutto il percorso della storia storiografica e umana. E accanto a questa lettera, c’è il concetto della purezza che don Tonino chiama «trasparenza». Infatti la lettera a Maria ha come momento di riflessione il concetto di «assetati di trasparenza». Abbiamo bisogno di trasparenza, di rispecchiare le nostre posizioni umane ed esistenziali all’interno non dello specchio ma della trasparenza. Quel velo che avvolge il capo di Maria diventa la trasparenza non solo della fisicità, ma della capacità ontologica di una struttura, che è quella profondamente cristiana.
A Maria, don Tonino ha dedicato diversi scritti nei quali ci sono vari percorsi di interpretazione che raccontano la storia di Maria tratteggiata da momenti di grande energia lirica e vitalità umana.Il suo libro dedicato a Maria, dal titolo: «Maria, donna dei nostri giorni», diventa il libro della trasparenza in cui Maria viene considerata una cattedrale del silenzio e diventa un viaggio leopardiano infinito. Una chiave di interpretazione che scava all’interno della nostra civiltà perché la marianità non va ad avallare altre interpretazioni ma diventa un vero bisogno di schierarsi. Infatti don Tonino dice: «Io mi schiero sempre. Ho sempre bisogno di schierarmi. L’esempio mi viene da Maria». Maria si è schierata. Sul piano storico, Maria ha fatto una precisa scelta. Si è messa dalla parte dei vinti. Ha deciso di giocare con la squadra che perde. Ha scelto di agitare come bandiera gli stracci dei miserabili e non di impugnare i lucidi gagliardetti dei dominatori. Vedete come di nuovo la misericordia, la carità diventano la forza trainante di questo viaggio.
Quando don Tonino usava l’espressione «La donna vestita di sole», di fatto richiamava un concetto di Paolo VI quando affermava: «La madonna è una donna vestita di sole sulla quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrumani ma accessibili della bellezza sovrannaturale». Don Tonino si rifà, con la grandezza della sua testimonianza e della sua esperienza, a Paolo VI. Tutto questo ci conduce ad attraversare questa donna, definita bellissima, che vive su un piano superiore e che ha come riferimento l’obbedienza. Resta la donna del silenzio che appare solo quattro volte nel Vangelo. Il legame tra il divino, l’umano, la misericordia, il mistero e la fraternità. Figlio e madre. Madre e donna. Donna e sposa.
Pierfranco Bruni