La propaganda azera sbarca alla Gregoriana

Roma, 10 aprile 2025 – A una settimana esatta dall’inizio del Triduo Pasquale, si è tenuta presso la Pontificia Università Gregoriana una conferenza dedicata ai cosiddetti “cristiani dell’Azerbaijan”. Un tema sorprendente, considerando che in un paese come l’Azerbaijan – dove il controllo autocratico oscilla tra ateismo di Stato e interessi finanziari legati all’Islam – in pochi erano a conoscenza dell’esistenza di una comunità cristiana realmente attiva.
Chi segue da tempo le dinamiche della geopolitica caucasica conosce bene le modalità d’azione dell’Azerbaijan sul piano della comunicazione internazionale: disinformazione, conferenze ad hoc, articoli pilotati, minacce velate e ricatti contro dissidenti, sia all’interno del paese che all’estero. Non sono rari i casi di blogger azeri critici scomparsi misteriosamente, “volati giù” dai palazzi in Turchia, Georgia, Russia e persino in Europa, o ritrovati annegati nei canali dei Paesi Bassi.
Il metodo è sempre lo stesso: approfittare dei momenti di distrazione dell’opinione pubblica – ferie natalizie, estive o crisi mediatiche – per diffondere fake news e iniziative pseudo-culturali. Secondo fonti vicine al Vaticano, una conferenza simile a quella tenutasi ieri era in preparazione già da un mese, ma sarebbe stata rinviata per non coincidere con i giorni in cui il mondo era con il fiato sospeso per le condizioni di salute di Papa Francesco, ricoverato al Gemelli.
Il modus operandi azero è ben collaudato: offerte economiche generose a giornalisti poco attenti, narrazioni storiche distorte e, più di recente, un uso spregiudicato dell’intelligenza artificiale per confezionare contenuti apparentemente credibili. Eppure, per chi sa leggere con spirito critico e metodo filologico – come insegnava Karl Lachmann – i segnali della manipolazione sono sempre riconoscibili: nei linguaggi usati, nei loghi assenti o falsificati, nelle immagini fuori contesto, nella mancanza di date o patrocini ufficiali.
Gli esempi non mancano. Qualche anno fa, fu diffusa una dichiarazione falsificata del Comune di Napoli: un messaggio di sostegno all’Armenia manipolato e rilanciato come se fosse un appoggio all’Azerbaijan, pubblicato il 27 dicembre, quando l’attenzione pubblica era altrove. Il caos scatenato tra le comunità armene fu notevole. Non va dimenticata nemmeno la controversa pubblicazione su L’Osservatore Romano che attribuiva i monasteri armeni dell’Artsakh alla civiltà degli “Albanesi del Caucaso”, figura storica del tutto mitizzata nella propaganda azera.
Negli ultimi anni, il piano si è fatto ancora più raffinato: borse di studio e accesso a dottorati di ricerca per promuovere tesi surreali che riscrivono la storia culturale armena, da Erodoto fino all’epoca moderna, trasformando la storiografia in uno storytelling al servizio della dinastia al potere a Baku.
Oggi, la tensione è palpabile. Fin dalle prime ore del mattino, ho ricevuto numerosi messaggi da amici armeni (e non solo) indignati con il Vaticano per aver ospitato un evento del genere. Un’indignazione profonda, che va oltre la semplice critica intellettuale.
Va ricordato anche che, negli scorsi mesi, è uscito un libro in cui si insinua che l’attentato contro Giovanni Paolo II sia stato opera di terroristi armeni. Un’accusa gravissima, priva di fondamento, che getta ulteriore benzina sul fuoco in un momento di forte instabilità internazionale.
È auspicabile – e sarebbe auspicato da molti – che tutte le autorità armene, di ogni livello e in ogni settore, chiedano formalmente al governo azero di non coinvolgere le istituzioni culturali e politiche di altri Paesi nella loro strategia di propaganda. La difesa dell’onore e della verità storica non è mai troppo audace, quando in gioco c’è la dignità di un intero popolo.
Carlo Coppola