La S. Messa data in pasto alle statistiche

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“Chiese sempre più vuote in Italia: a dispetto di una grande popolarità di papa Francesco, nel 2022 è stato toccato il minimo storico con il 18,8 per cento delle persone che vanno a messa almeno una volta a settimana. Sono molto più numerosi, il 31%, coloro che lo scorso anno non hanno mai messo piede in chiesa, se non per un evento particolare, come battesimi, matrimoni o funerali”, questo l’incipit di un articolo che Repubblica ha dedicato ai dati statistici emersi sulla partecipazione dei residenti in Italia alla s. Messa.

Questo invece l’incipit che la redazione di Famiglia Cristiana dedica all’argomento “Chiese sempre più vuote in Italia: nel 2022 è stato toccato il minimo storico con il 18,8 per cento delle persone che almeno una volta a settimana partecipano ad un rito religioso. Sono molto più numerosi, il 31%, coloro che lo scorso anno non hanno mai messo piede in un luogo di culto, se non per un evento particolare, come un matrimonio o un funerale”.

Dalla comparazione degli articoli sembrerebbe, eccezion fatta per la concessione di Repubblica a papa Francesco di una “grande popolarità” che però contrasta con il dato statistico, che i pezzi siano “gemelli” evidenza questa di una grande assonanza, non solo letteraria, tra le due testate.

Lasciando perdere ogni polemica in merito a tanto, che pur varrebbe la pena di intraprendere, e che magari intraprenderemo in altro momento, il dato statistico era già ben noto ai pastori (Vescovi) dal momento in cui con le loro visite pastorali presso le parrocchie e soprattutto con il calcolo matematico delle cosiddette “intenzioni” e delle conseguenti offerte, toccano con mano lo stato partecipativo dei fedeli.

Ciò che più stupisce in questa storia fatta di numeri è che l’approccio al tema della partecipazione alla s. Messa sia affrontato, anche dalle testate cosiddette cattoliche, con i criteri valutativi di questo mondo: i numeri, non avendo riguardo le persone. Il mondo è talmente entrato, o forse non è mai uscito, nel nostro modo di pensare che, alla fine anche la partecipazione alla s. Messa è considerata alla stregua dell’adesione ad una qualsiasi altra aggregazione umana.

Le statistiche sono il pane quotidiano di chi deve affrontare una campagna elettorale e non possono esserlo per chi deve pascere anime. Il fenomeno della minore frequentazione delle chiese, indicato dalla statistica in questione, è un fatto grave del quale i Vescovi dovrebbero preoccuparsi? E il dato, corrisponde ad una diminuzione di fede tra i battezzati o invece ad una minore partecipazione per abituale tradizione? In altri termini, forse oggi partecipa chi ha fede mentre ieri i più partecipavano per abitudine? Penso nessuno possa compiutamente rispondere a queste domande che attengono il foro interno di ciascuno di noi, però i preposti non possono sottrarsi.

Dalle statistiche, infatti, emerge chiaro che anche i sacramenti sono meno richiesti di quanto non lo fossero prima, ragion per cui ci sarebbe da chiedersi come mai coloro che li hanno ricevuti non chiedano poi di trasmetterli a chi amano.

Il dato statistico dovrebbe sollecitare i Vescovi ad essere più vicini ai fedeli, più vigili e a porsi delle domande che non riguardino tanto i numeri quanto la vita eterna delle persone loro affidate perché di questo si tratta e non di altro. Se si corre dietro i numeri delle statistiche il rischio è di riempire le chiese con concessioni di ogni genere imbiancando sepolcri.

La Chiesa cattolica romana da anni è impegnata in un mega sinodo di “ascolto”; tante le iniziative, i congressi, le idee; sarebbe bene indire un periodo di silenzio perché Dio possa parlare a tutti noi perché si passi dal fare i cristiani ad essere cristiani.

Paolo Scagliarini