La teologia della risurrezione di Gesù Cristo in Sant’Ireneo

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Il glorioso evento della Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo è per la percezione della nostra Santa Chiesa, la fiamma e il fervore, che le danno la forza e l’energia per camminare incrollabile attraverso i secoli.

Al contrario, “se Cristo non è risorto, allora la nostra predicazione è vana, e anche la nostra fede è vana.  Inoltre noi ci troveremo ad essere falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato Cristo, mentre non l’avrebbe risuscitato” (1 Corinzi 15: 14-15).

Se alla Chiesa mancasse l’evento della Risurrezione, sarebbe condannata a scomparire contemporaneamente alla sua nascita! Ecco perché la Risurrezione di nostro Signore è per tutta la cristianità, e specialmente per la nostra Ortodossia, la “festa delle feste ed il festeggiamento dei festeggiamenti” e tutti i fedeli con “piedi amorevoli” vengono a godere della ricca mensa spirituale del nostro Risorto Redentore. I Padri della nostra Chiesa con evidente entusiasmo hanno rappresentato nei loro scritti la vera dimensione al grande evento della Risurrezione del nostro Cristo.

Sant’Ireneo, vescovo di Lione, (+ 199) è uno di loro. Nella sua famosa teologia della ricapitolazione colloca questo fatto nel piano generale di salvezza del genere umano.

Nella Persona teantropica di Gesù Cristo avvenne la ricostruzione dell’uomo caduto e dell’intera creazione (Ir. C.H. III, 16,6). L’incarnazione e la risurrezione del Redentore sono le due stazioni principali dell’opera di redenzione. Attraverso l’incarnazione il Verbo Dio entra nella storia, attraverso la sua risurrezione l’uomo entra nell’eternità! L’incarnazione è il principio benedetto, la risurrezione è la fine trionfante dell’opera divina di salvezza del mondo.

Il primo Adamo, il nostro antenato, secondo il Santo Padre Ireneo, a causa della sua malvagità e del suo stesso consenso cadde e divenne portatore del male e del peccato e soggetto della morte. Anche Cristo, il secondo Adamo (1 Corinzi 15:45), fu tentato dai malvagi per soddisfare il bisogno naturale di cibo (Gen. 3:15). Ma non cadde nella trappola dei malvagi, come il primo Adamo. Ha obbedito alla volontà di “Colui che mi ha mandato” (Giovanni 4:34). L’arroganza del terreno Adamo ha tagliato la razza umana fuori dalla vita e l’ha portata alla morte. Al contrario, l’obbedienza e l’umiltà ultima (Fil 2: 8) di Cristo hanno vinto la morte e hanno riunito l’umanità con la vita.

La morte non è un elemento della natura umana, ma è un prodotto del peccato (Romani 6:23). L’uomo è stato creato da Dio per vivere immortale. Ma il peccato ha introdotto la morte nella natura umana come uno stato innaturale. La vittoria di Cristo sulla morte e l’Ade ha guarito la natura umana da questo elemento estraneo e innaturale. La risurrezione del Redentore “fu l’inizio (della risurrezione) dei morti” (1 Cor. 15,20). La risurrezione del Signore ha abbattuto tutte le barriere che impediscono all’uomo di entrare nell’eternità (Ir. C.H.V.23, 2, P.G.7,). La salvezza in Cristo è essenzialmente “lo svuotamento della morte” e l’elargizione della vita. Il legno dell’Eden (Gen. 2) divenne la causa della caduta del primo uomo. Per questo motivo, l’antenato cadde e divenne mortale. Il legno della Croce ha fatto sì che l’uomo diventasse di nuovo immortale.

“Il peccato – scrive il Santo Padre Ireneo – che veniva dal legno, fu cancellato dal legno dell’obbedienza, sul quale fu crocifisso il Figlio dell’uomo, obbediente a Dio abolendo la conoscenza del male, affinché la conoscenza del bene possa fiorire nelle anime degli uomini. Poiché il male è disobbedienza a Dio, il bene è obbedienza… In modo che attraverso la sua obbedienza alla morte, cioè la morte della Croce, espiasse l’antica disobbedienza causata dal legno… Era giusto e necessario che Colui che divenne visibile guidasse tutte le cose visibili alla partecipazione della Sua Croce, e così nella Sua forma visibile la Sua influenza si fece sentire in tutte le cose visibili “(Ir. Ed. Apost. Sermone 34).

Sant’Ireneo unisce il grande evento della Risurrezione del Salvatore con il sacramento dell’Eucaristia. La realtà della Risurrezione è connessa con la realtà della vera trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo (Irene. C.IV, 18,4-5). Il comunicante del Corpo del Signore risorto e incarnato, diventa egli stesso potenzialmente risorto e incorruttibile in Cristo (C.IV, 5,5 e 33,2).

La fede nella risurrezione del Signore, secondo il Santo Padre Ireneo, è il capitolo fondamentale della salvezza cristiana. “Se (Cristo) non è nato, allora non è morto, e se non è morto, non è risorto dai morti, non ha trionfato sulla morte e non ha abolito il suo stato, e se non ha trionfato sulla morte, come possiamo noi, che fin dall’inizio siamo soggetti alla morte, essere innalzati alla vita? Quindi coloro che non riconoscono la salvezza dell’uomo e non credono che Dio li risusciterà dai morti, disprezzano la nascita del nostro Signore. Il Verbo di Dio, accondiscendente, ha ricevuto questa nascita, per dimostrarci la risurrezione della carne e per precedere tutti noi in cielo” (Ir. Ed. Ap. Omelia 39).

Il Dio Verbo con la sua divina incarnazione è diventato come l’uomo in tutto tranne che nel peccato. Ha umanizzato e deificato l’immagine umana, ferita e offuscata dal peccato, con la sua risurrezione, in modo che “l’immagine è stata veramente mostrata, questi lo ha fatto esattamente nella Sua immagine, e certamente ha stabilito la somiglianza, assimilando l’uomo al Padre invisibile “(Ir. CHIV, 16.2).

La nuova natura umana ricreata in Cristo è la gloriosa e trascendente natura umana di Cristo. Chi si “unisce col Signore” (1 Cor. 6,17) partecipa a questa natura divinizzata e glorificata. Grazie all’opera salvifica di Cristo, culminata nella sua risurrezione, “l’uomo nato e modellato a immagine e somiglianza del mai-nato diventa Dio” (Ir. C.H.IV, 38: 3).

Il Cristo risorto, come opportunamente teologizzato da questo grande padre della nostra antica Chiesa, ricapitolò sé stesso all’uomo caduto e attraverso la sua volontaria passione e risurrezione rovesciò completamente e permanentemente lo stato del diavolo e annientò il “distruttore del creato”.

La risurrezione del nostro Salvatore è il culmine della restaurazione e ricapitolazione dell’uomo decaduto e di tutta la creazione.

Per questo la nostra santa Chiesa giustamente ci invita così: “Avviciniamoci con candele accese a Cristo, che esce dalla tomba come camera nuziale e insieme agli ordini degli angeli celesti che amano le nostre feste, celebriamo la Pasqua di Dio, che ha portato la nostra salvezza” (Canone di Pasqua, secondo tropario della 5^ ode).