La virtù del patriottismo

Ha fatto il giro della rete l’immagine del sindaco Pd di Bergamo, Giorgio Gori, che utilizza la bandiera tricolore per pulire una targa. Il fatto merita alcune considerazioni.

Sono ormai passati decenni da quando nell’educazione della nostra infanzia è cessato ogni riferimento all’amor di patria. Nei programmi scolastici, nei libri di lettura delle scuole elementari, nei racconti dei maestri, tutto quello che ha a che fare con la Patria, dalla bandiera all’inno nazionale, ai racconti eroici, ecc., è stato puntigliosamente fatto scomparire.

Si è mirato dritto al cuore!

Non per niente, da Gramsci in poi, la scuola è stata terreno di battaglia principale dei marxisti per imporre una diversa concezione etica della società. La cultura dominante ha fatto il resto. Deridendo il patriottismo, ha influito sulle mode e vizi giovanili, ha svuotato gli ideali dei nostri ragazzi di quella virtù sulla quale e con la quale è possibile costruire grandi cose.

Mentre in Italia ai giovani era praticamente “vietato” guardare con rispetto alla bandiera o alle forze armate, nei paesi dell’Est comunista ciò non avveniva, anzi, si era sviluppato un forte nazionalismo alla faccia dell’internazionalismo proletario. La contesa, mai sopita, tra Cina e U.R.S.S. ne era un esempio. In Italia, invece, era consentito “mitizzare” i parà sovietici, la bandiera cinese, le guardie rosse e le truppe di occupazione cubane. In questa ampia operazione mistificatrice, non sono mancati gli appoggi di certi cattolici e di certe associazioni. Badando essenzialmente al volontarismo ed all’assemblearismo spontaneista, queste associazioni cattoliche e certe parrocchie (purtroppo) hanno contribuito alla distruzione dei valori tradizionali, all’insegna del semplicistico “vogliamoci bene”.

Tra questi, un Sant’Agostino o un San Tommaso d’Aquino non potevano e non possono trovare posto.

E certo! Com’è possibile ignorare l’insegnamento dell’Aquinate che nella Summa Theologica dice: “Dopo Dio, come principi dell’essere e dell’agire vengono i genitori e la patria, dai quali e nella quale siamo nati e siamo stati allevati. Perciò, dopo che a Dio, l’uomo è debitore ai genitori e alla Patria”.

Il Magistero della Chiesa è stato, poi, costantemente indirizzato alla difesa dell’amor di patria. “Cara adunque ci deve essere la patria in cui nascemmo; ma più cara ancora la Chiesa. Del resto se giudicar vogliamo rettamente delle cose, l’amore soprannaturale della Chiesa e la naturale carità della patria sono due amori che scaturiscono da uno stesso sempiterno principio, essendo dell’uno e dell’altro autore e causa lo stesso Dio; donde viene che l’un dovere non può mai cozzare con l’altro” (Enciclica Sapientiae Christianae, 10 gennaio 1890, Leone XIII).

E l’invito ad organizzarsi come gli avversari viene da San Pio X nella lettera Poloniae populorum del 3 dicembre 1905: “Ora, perché i cattolici non soltanto amino e desiderino la tranquillità della pace, ma com’è loro dovere, lavorino attivamente a farla nascere e crescere, è indispensabile che imitino su questo punto gli esempi degli uomini di disordine, di raggrupparsi nelle associazioni e nelle riunioni dove, mettendo in comune le loro idee e i loro sforzi, combattano con efficacia per la religione e per la patria”.

Un preciso riferimento alla formazione e all’educazione dei genitori, viene da Pio XII nella Enciclica Summi pontificatus del 20 ottobre 1939: “Missione assegnata da Dio ai genitori di provvedere al bene materiale e spirituale della prole è di procurare ad essa una formazione armonica. Questa formazione deve certamente avere anche lo scopo di preparare la gioventù ad adempiere con intelligenza, coscienza e fierezza quei doveri di nobile patriottismo, che dà alla patria terrestre tutta la dovuta misura d’amore, dedizione e collaborazione”.

Negli ultimi cinquant’anni la scuola se da un lato ha subito gli attacchi detrattori di valori e tradizioni, dall’altro ha abbandonato ogni tentativo di insegnare virtù.

Se poi aggiungiamo che moltissime famiglie non sono state in grado (e non lo sono tuttora) di sopperire a queste mancanze, non ci si può stupire del quotidiano “malessere” giovanile e di una società soltanto votata al consumo e all’egoismo.

Savino Gambatesa