L’Adorazione dei Magi dall’Oriente

The three wise men Joseph Christian Leyendecker

INTRODUZIONE

Ἡ Γέννησίς σου, Χριστὲ ὁ Θεὸς ἡμῶν, * ἀνέτειλε τῷ κόσμῳ * τὸ φῶς τὸ τῆς γνώσεως· * ἐν αὐτῇ γὰρ * οἱ

τοῖς ἄστροις λατρεύοντες * ὑπὸ ἀστέρος ἐδιδάσκοντο * σὲ προσκυνεῖν * τὸν Ἥλιον τῆς δικαιοσύνης, * καὶ σὲ γινώσκειν ἐξ ὕψους * Ἀνατολήν, * Κύριε, δόξα σοι.

La tua nascita, o Gesù, nostro Dio, fece sorgere nel mondo la luce della Verità: in questo giorno i Magi che adoravano gli astri furono guidati da un astro ad adorare Te, Sole di giustizia, e a conoscere Te, aurora celeste: O Signore, sia gloria a Te!

Apolytìkion di Natale, tono 4

 

Nella tradizione i Magi dall’Oriente erano sacerdoti zoroastriani, astrologi che seguendo l’astro giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù, il re dei Giudei che era nato. Il racconto evangelico – esclusivo di Matteo – li descrive in maniera estremamente scarna e la successiva tradizione cristiana – in particolare con i vangeli apocrifi dell’infanzia – ha precisato alcuni particolari come il numero e i nomi.

I Magi, al loro arrivo a Gerusalemme, per prima cosa, fecero visita a Erode, il re della Giudea romana, domandando dove fosse il re che era nato, in quanto avevano visto sorgere la sua stella. Erode, mostrando di non conoscere la profezia delle Scritture (1), ne rimase turbato e chiese agli scribi quale fosse il luogo ove il Messia doveva nascere. Saputo che si trattava di Betlemme, li inviò in quel luogo esortandoli a trovare il bambino e a riferirgli i dettagli del luogo dove trovarlo, affinché anche lui potesse adorarlo (2,1-8). Guidati dall’astro, essi arrivarono a Betlemme e giunsero presso il luogo dove era nato Gesù; prostrandosi in adorazione gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non ritornare da Erode, fecero ritorno alla loro patria per un’altra strada (2,9-12).

Il testo originale greco non indica né il numero né tantomeno i nomi; parla solo di alcuni Magi dall’oriente (μάγοι ἀπὸ ἀνατολῶν), ma la tradizione più diffusa, basandosi sul fatto che vengono citati tre doni prende il numero e ne fa il simbolo delle razze primigenie scaturite dai tre figli di Noè, dei tre continenti del mondo antico (Asia-Africa-Europa), dei tre momenti dell’esistenza (la giovinezza, la maturità, la vecchiaia) e delle tre scansioni temporali (passato-presente-futuro). La pericope in analisi potrebbe essere intitolata «I popoli pagani alla ricerca di Gesù». L’esegesi storico-critica, a partire dal XIX secolo, ha proposto dei criteri per distinguere i fatti storici probabilmente accaduti da altri racconti creati dalle primitive comunità cristiane o dagli evangelisti stessi. In questa prospettiva, un gran numero di biblisti contemporanei sottolinea che, nel caso di Mt 2, non ci si trova di fronte ad una cronaca, ma ad una composizione didascalica, midrashica: una costruzione letteraria che è stata pensata per fornire un insegnamento. Chi avrebbe scritto e redatto la “novella teologica” dei Magi a Betlemme aveva alle spalle storie e racconti simili nelle letterature religiose del tempo, e soprattutto aveva alle spalle una evidenza inconfutabile: Gesù, considerato l’inviato di Dio, fu respinto dal potere sia politico sia religioso del suo tempo. E se i maestri del Giudaismo, in larga misura, avevano rifiutato Gesù, lo avevano accolto persone che, per lo più, erano marginali, senza titoli particolari. Con un procedimento letterario chiamato retroproiezione l’evangelista avrebbe collocato all’inizio della vita di Gesù ciò che sarebbe poi successo durante tutti gli anni della sua esistenza. In Erode e nell’ambiente di Gerusalemme il racconto vede l’opposizione del potere politico e religioso, mentre i Magi venuti da lontano sarebbero i rappresentanti di tutte quelle persone che proprio perché venute da lontano erano guardate  con sospetto. Si riconosce in questo brano un tema molto caro all’evangelista Matteo2 , ossia una fede e un culto aperti a tutti i popoli.

ESEGESI BIBLICA

Il capitolo 2 di Matteo inizia con una collocazione geografica della Nascita di Gesù “a Betlemme di Giudea” e con una contestualizzazione storica data dalla notizia “al tempo del re Erode”. Betlemme, situata a 9 km a sud di Gerusalemme, è detta “di Giudea” forse per distinguerla da un’omonima città galilea (3), ma più sicuramente per identificarla come città natale di David (4) e quindi come la città di origine della casa regnante in Giudea. Al contrario, Erode non è di discendenza davidica, e neppure giudeo, essendo un idumeo (Edom è nemico tradizionale di Israele (5) che ha ricevuto il titolo di ‘re della Giudea’ direttamente dai Romani. Egli, dopo aver soppiantato e sterminato la dinastia regale giudaica degli Asmonei, si impose ai Giudei con la forza.

Erode ha regnato a Gerusalemme per più di trent’anni, dal 37 al 4 a.C., si può pertanto osservare che la nascita di Gesù, per quanto non databile con assoluta precisione, deve porsi almeno un paio d’anni prima della morte di Erode, cioè 6 o 7 anni prima di quello stabilito come anno zero secondo il calcolo di Dionigi il Piccolo su cui si basa la nostra cronologia.

Nei primi tre versetti della pericope appare la ripetizione della parola “Re” riferita due volte a Erode III il Grande “re di Giudea” e una volta al “re dei Giudei”, ossia al neonato. Ciò pone un programma polemico: il conflitto tra il monarca politicamente stabilito sul popolo giudaico e il re bambino annunciato dall’astro ai Magi. È Erode il Faraone persecutore del nuovo Mosè e dunque il simbolo delle potenze di questo mondo. Non stupisce l’atteggiamento di turbamento del Re Erode per la nascita ignorata di un rivale per il fatto che la sua cieca fame di potere è nota, quanto invece il turbamento di tutta Gerusalemme. La città è a lui unita sentimentalmente dalla congiunzione “con”. Gerusalemme, città simbolo del mondo ebraico, è secondo Matteo colei che “uccide i profeti” (6). L’evangelista è infatti fortemente marcato dall’atteggiamento di rifiuto del Cristo da parte dei giudei (7) che lo porta – a differenza di Luca – a non riportare nessuna delle apparizioni di Gesù fatte in questa città, per il fatto di esservi stato messo a morte.

La capitale della Giudea appare così malefica fin dall’inizio, mentre traspare una gioia immensa per l’adorazione, e quindi l’accoglienza da parte dei Magi e delle genti pagane. La domanda posta dai Magi dall’Oriente “Dov’è il neonato re dei giudei?” può essere così formulata solo dai pagani, infatti gli israeliti non direbbero mai “re dei giudei”, bensì “re d’Israele”.

L’Evangelista sa bene cosa intende dire, infatti “Re dei giudei” è la causa del processo e della condanna a morte di Gesù, quella fatta scrivere anche sulla croce sul Golgota. Matteo presenta l’infanzia nella prospettiva del seguito, ivi compresa la passione. I magi con la rivelazione dell’astro arrivano al luogo della nascita del messia, non senza essersi confrontati sulla loro strada con la testimonianza della Scrittura; Erode e i capi giudei, nonostante l’esplicita testimonianza della scrittura non approdano al riconoscimento messianico di Gesù. In tal modo le sequenze contrapposte che si creano attorno alla nascita di Gesù-Messia sono come una piccola densa parabola di quel movimento paradossale che contrassegna la vicenda storica di Gesù, rifiutato dai vicini e accolto dai lontani.

Erode diviene avversario numero uno del neonato Re ed elabora nascostamente una antiprogramma che si oppone a quello dei Magi (per adorarlo) e di Dio (l’economia salvifica). Ignorante delle Sacre Scritture, Erode mobilita tutto Israele nelle sue autorità religiose (il Sinedrio) per sapere il luogo in cui doveva nascere il Messia. La risposta data è autorizzata perché si appoggia sulla parola profetica di Michea (8) a cui viene aggiunto un elemento preso da 2Sam 5,29.

Nella citazione profetica Matteo sostituisce «Efrata» con «Terra di Giuda» per evitare la confusione con la Betlemme del Nord10; cambia pure completamente il senso della frase originale per dare maggiore gloria alla città di David e di Giuda. All’oracolo biblico ricevuto, Erode ancora più turbato chiama segretamente (λάθρα) i Magi facendosi dire con esattezza il tempo in cui era apparso l’astro e li invia come manipolandoli, invitandoli a proseguire attentamente la loro ricerca al suo servizio, affinché anche egli potesse andare per adorarlo. Da notare che Erode riprende il termine dei magi, ma ipocritamente, perché ha pianificato un subdolo progetto omicida che si rivelerà solo più avanti. I magi riprendono così il cammino guidati ancora dall’astro, che deriva da Dio secondo il codice culturale dell’epoca, sotto la mozione di Erode, coinvolti inconsciamente nel suo antiprogramma. Seguendo l’astro i Magi giungono alla meta.

Dal racconto sembra quasi che la stella a Gerusalemme si spenga temporaneamente per cui i Magi sono quasi costretti a rivolgersi al Re per avere indicazioni, mentre nel riprendere il cammino, quindi uscendo da Gerusalemme, la stella si fa loro nuovamente presente. Da qui si potrebbe capire meglio il versetto 10, in cui si dice che “al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”.

Entrati nella casa (εἰς τὴν οἰκίαν), la visione si concentra sul bambino e su sua madre Maria, entrambi segno tangibile della potenza di Dio, e il loro primo atteggiamento è proprio quello già annunciato, ossia la prostrazione e l’adorazione del fanciullo. Da notare che i verbi greci qui utilizzati (πεσόντες προσεκύνησαν) sono specificatamente riservati alla sottomissione e all’adorazione di Dio creatore da parte delle creature. È normale tra gli orientali, e lo era soprattutto per i persiani, cadere sulle ginocchia e toccare la terra con la fronte, come espressione di profonda riverenza (11).

 L’adorazione dei Magi è prolungata dalla loro offerta, oro, incenso e mirra. Tutti e tre i tesori sono marcatamente regali; il più importante, in riferimento al Cristo Messia, appare proprio la mirra. Si tratta di una pianta medicinale da cui si estrae una resina gommosa, che veniva mescolata con oli per realizzare unguenti a scopo medicinale, cosmetico e anche religioso: la parola Cristo significa proprio unto, consacrato con un simbolico unguento, un crisma, per essere re, guaritore e Messia di origine divina. Dal versetto 11 si capisce che la visita dei Magi non è avvenuta immediatamente dopo la nascita di Gesù – come spesso viene erroneamente pensato – infatti il testo greco parla di casa (οικία) e non di una stalla ove il vangelo di Luca dice fosse avvenuto il parto “perché per loro non c’era posto  nell’alloggio” (12).

La stessa letteratura apocrifa, come il Protovangelo di Giacomo, afferma che i Magi giunsero al cospetto di Gesù non pochi giorni dopo la sua nascita, bensì circa due anni dopo, il che renderebbe più comprensibile la decisione di Erode di far sterminare tutti i fanciulli inferiori ai due anni di età. Tutti gli antichi credevano che alla nascita di un uomo si accendesse in cielo una stella/astro, tanto più se questi doveva essere un re, come ad esempio un Alessandro Magno (13). Gli stessi israeliti, secondo l’oracolo di un profeta straniero, attendevano il Messia come un astro che sarebbe sorto da Giacobbe. La profezia di Balaam, in Num 24, 17 (TM), richiama l’evento così: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro da Israele”. Nella traduzione dei LXX, lo “scettro” diviene “un uomo”, e soprattutto i Targumim aramaici ci danno l’interpretazione più esplicitamente messianica: “Quando il re potente della casa di Giacobbe regnerà, e quando il Messia, lo scettro potente d’Israele, sarà unto…”(14)

EXCURSUS: I MAGI

Magi è la traslitterazione del termine greco magos (μάγος, plurale μάγοι). Nella traduzione greca della Bibbia dei LXX, la parola appare come traduzione dell’ebraico ashaf15 e viene collegata con l’attività dei caldei che era propriamente mantico-astrologica. Si tratta di un titolo riferito specificamente ai re-sacerdoti dello zoroastrismo tipici dell’ultimo periodo dell’impero persiano.

Alla luce dell’esegesi storico-critica del XIX secolo, risulta difficile credere che l’evangelista Matteo volesse intendere con la parola μάγοι meramente e unicamente i membri della casta persiana dei sacerdoti-astrologi che traevano il loro nome da una delle tribù originariamente costituenti il popolo della Media. Le fonti elleniche forniscono numerose informazioni sui Magi, ma a volte incoerenti fra loro: Eraclito di Efeso (VI-V sec. a.C.) ne spiegava la funzione dicendoli detentori di culti misterici da porsi su un piano analogo a quelli di Dioniso, ritenendoli pertanto esponenti di una vera e propria religione; Erodoto di Eraclea sul Ponto (V sec. a.C.) insisteva particolarmente sul loro carattere etnico: secondo lui essi sarebbero stati una delle sei tribù nelle quali si distinguevano i Medi, insidiatisi fin dal IX sec. a.C. nell’area nord-occidentale dell’attuale Iran, nel paese che avrebbe da loro assunto il nome di Media. Erano personaggi dell’aristocrazia, ritenuti capaci di uccidere i demoni e di ridurli in schiavitù; Strabone di Amasea nel Ponto (I sec. a.C.) li qualificava semplicemente come praticanti del culto del fuoco; Plutarco di Cheronea in Beozia (I sec. d.C.) nel Περὶ Ἴσιδος καὶ Ὀσίριδος consegnò definitivamente i Magi alla tradizione magica nel senso moderno.

In realtà nella lingua greca si indicava come μάγος chiunque detenesse una scienza e praticasse una tecnica di tipo sovrannaturale o preternaturale, come predire il futuro o interpretare i sogni. Nel capire l’identità di questi magi si è proposto, in ambito cristiano, che fossero astrologi babilonesi, i quali si sarebbero interessati alle attese messianiche degli ebrei fin dal soggiorno coatto di essi in Babilonia ai tempi di Nabucodonosor e avrebbero tentato di tradurne i contenuti essenziali nei termini delle loro teorie sul rapporto tra il corso degli astri e quello della storia umana. Praticavano la divinazione, la medicina e l’astrologia. Quest’ultima nella Sacra Scrittura non gode affatto di buona fama16. I Magi del racconto di Matteo vengono presentati come personaggi molto rispettabili, che, messi in attesa dal sorgere dell’astro, vanno a prostrarsi davanti a Gesù e sono simbolo dell’astrologia da essi praticata che si inchina dinnanzi all’unico vero Dio. Al contrario negli Atti degli Apostoli altri magi esperti in magia si rivelano fortemente negativi, in un vero e proprio conflitto tra cristianesimo e arte-scienza.

Anticamente non vi era la distinzione tra astronomia e astrologia, e le due discipline cadevano entrambe sotto la seconda denominazione. Questo almeno sino al XIV secolo. Anche se il sostantivo maschile μάγοι è stato usato un paio di volte in riferimento a una donna (17), tuttavia l’appartenenza alla classe dei magi era riservata ai maschi adulti.

Se è vero che il brano evangelico non riporta il numero esatto dei Magi, la tradizione cristiana li ha identificati come i tre Saggi o i tre Re e ha assegnato loro i nomi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, come testimonia un manoscritto persiano del VI secolo. Esiste comunque una tradizione alternativa che porta i magi in visita a Gesù in numero maggiore, fino a dodici, come per i cristiani siriaci ed armeni.

Fin dai primi secoli del cristianesimo ai Magi sono stati associati gli atteggiamenti positivi della ricerca della luce spirituale e del rifiuto delle tenebre: addirittura si riteneva che con la loro opera avessero contribuito a cacciare i demoni verso gli Inferi. E, poiché erano sacerdoti, sebbene zoroastriani, seguendo la stella e raggiungendo il neonato re di Israele, lo avrebbero anche riconosciuto come Dio, anzi, come l’unico Dio venerato anche dalla rivelazione zoroastriana. Quindi i Magi sarebbero arrivati presso la mangiatoia di Betlemme con piena coscienza dell’importanza religiosa e cosmica della nascita del Cristo. In effetti, per il Vangelo di Matteo i Magi sarebbero stati le prime autorità religiose ad adorare il Cristo e quindi, dei tre doni che essi portavano con sé, da questo punto di vista, il più importante era l’ultimo, la mirra. A partire dalle poche informazioni neotestamentarie, la tradizione cristiana ha arricchito la storia dei magi di molti dettagli. Una delle evoluzioni più rilevanti è il passaggio dalla condizione di astrologi a quella di re. L’opinione più accreditata è che si tratti di un richiamo alle profezie dell’Antico Testamento che parlano dell’adorazione del Messia da parte di alcuni re18. I primi esegeti avrebbero, dunque, reinterpretato il passo di Matteo alla luce di queste profezie elevando i Magi al rango di re. Il biblista Mark Allan Powell rifiuta però questa interpretazione, sostenendo che l’idea di un’autorità regale dei Magi è di molto successiva, addirittura posteriore a Costantino, e strumentale alla giustificazione del ruolo dei monarchi cristiani. Già dal 500, comunque, tutti i commentatori adottarono la versione più diffusa che parlava di tre re, che non venne messa in discussione fino alla Riforma protestante. Un’ulteriore evoluzione vuole che i re Magi provenissero da paesi lontani posti nei tre continenti allora noti (Europa, Asia e Africa), a significare che la missione redentrice di Gesù era rivolta a tutte le nazioni del mondo. Per questo motivo i tre re sono raffigurati in genere come un bianco, un arabo e un nero. L’incenso, che veniva usato nel tempio, indica il sacerdozio di Gesù; l’oro ne indica la regalità; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, indica l’espiazione dei peccati attraverso la morte.

CONCLUSIONE

Il racconto dei Magi gode di un particolare rispetto presso le popolazioni cristiane, soprattutto di origine pagana. La pericope evangelica in analisi narra con grande solennità la manifestazione del Cristo Dio al mondo pagano. I Magi, infatti, sono da sempre ritenuti nella tradizione cristiana come la primitia gentium – ossia i primi fra i Gentili – ad aver riconosciuto e adorato il Signore Gesù in quanto Dio. Nel Nuovo Testamento abbiamo tre “epifanie”, intese come manifestazioni e rivelazioni della divinità di Cristo: la prima è appunto al mondo pagano nell’adorazione dei Magi dall’Oriente (Mt 2, 1-12), la seconda ai Giudei col Battesimo nelle acque del Giordano (Mt 3, 13-17; Mc 1, 9-11; Lc 3, 21-22), la terza è invece ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana (Gv 2, 1-11).

Tutti i Padri della Chiesa riconoscono nell’episodio dei Magi, al di là di ogni possibile ricostruzione storica, il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani. I Magi sono l’esplicita dichiarazione che l’Evangelo è da predicare a tutte le genti, e preannuncia il comando del Cristo fatto ai suoi discepoli espresso più avanti nello stesso Vangelo di Matteo 28, 19-20 «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Dio si rivela all’uomo in maniera personale e propria, per cui parla all’uomo pagano attraverso il mondo visibile creaturale: lo splendore del sole, l’armonia degli astri, la luce degli astri nel firmamento conducono l’uomo a percepire una certa presenza di Dio creatore. Per questo motivo il culto dei Magi si è molto diffuso e radicato tra i convertiti al cristianesimo dal paganesimo

Archimandrita Vissarion Kouotsis
Sacerdote dell’Esarcato Greco Cattolico di Grecia

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1 Michea 5,1: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti”.

2 Cfr Mt 8,18; 12,18s; 15,24; 24,14; 28,19.

3 Cfr. Gs 19, 15.

4 1Sam 17, 12: “David era figlio di un efratita da Betlemme di Giudea, chiamato Jesse”.

5 Cfr. Mal 1, 2-5.

6 Cfr. Mt 23, 37.

7 Cfr. Mt 21, 43.

8 Cfr. Michea 5,1.

9 «Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo di Israele».

10 Cfr. Giosia 19,15.

11 Cfr. THAYER J.H., Lexicon of the New Testament, pag. 548.

12 Lc 2, 7.

13 Cfr. Cicerone, De divin. 1, 47.

14 Cfr. Paul a., L’évangile de l’infance selon saint Matthieu, Paris 1968, pp. 104-115.

15 Daniele 2, 2: «καὶ εἶπεν ὁ βασιλεὺς καλέσαι τοὺς ἐπαοιδοὺς καὶ τοὺς μάγους καὶ τοὺς φαρμακοὺς

καὶ τοὺς Χαλδαίους τοῦ ἀναγγεῖλαι τῷ βασιλεῖ τὰ ἐνύπνια αὐτοῦ» – «allora il re ordinò che fossero chiamati i

maghi, gli indovini, gli incantatori e i Caldei a spiegargli i sogni».

16 Cfr. Dan 1,20: 2, 2-10; At 8,9; 13,8; 19,13.

17 Antologia Palatina – Luciano.

18 Isaia 60,3-6; Salmi 72, 10-11; 68, 30.

BIBLIOGRAFIA

 – Per la Sacra Scrittura:

LΑ SACRA BIBBIA, Cei-Uelci 2008

NOVA VULGATA, LEV 1979

Η ΑΓΙΑ ΓΡΑΦΗ, εκ. Αποστολικής Διακονίας της Ελλάδος 2000

 – Per l’esegesi biblica:

BROWN R., La nascita del Messia secondo Matteo e Luca, Ed. Cittadella, Assisi 1981;

CARDINI F., I Re Magi: storia e leggende, Ed. Marsilio, Venezia 2000;

GARGANO I., I vangeli dell’Infanzia, EDB, Bologna 2004;

LAURENTIN R., I vangeli dell’Infanzia di Cristo, Ed. San Paolo, Cinisello Balsano 1989;

NOLLI G. (a cura di), Evangelo secondo Matteo, LEV, Città del Vaticano 1988;

ORTENSIO DA SPINETOLI, Introduzione ai Vangeli dell’ infanzia, Ed. Paideia, Brescia 1967;

PERROT C., I racconti dell’Infanzia di Gesù, Ed. Gribaudi, Torino 1977.