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L’Anno Nuovo nella percezione di molte persone, queste feste che vanno da Natale all’Epifania, sono solo l’occasione di continui raduni gastronomici, di spese per regali e per vacanze, di stravolgimento dei consueti ritmi di vita (si fa sempre molto tardi la sera), i ragazzi dormono fino a mezzogiorno e oltre, e così via. L’esperienza che viene fatta comunemente, a meno che non ci si sia completamente intontiti per l’abbondanza del cibo e per il frastuono generale, è paradossalmente quello di un tempo privo di Sapore, anche se si consumano vivande prelibate, che lascia un senso di aridità e di vuoto. Tutto questo è conseguenza della perdita della dimensione del Sacro anche per tutti coloro che in qualche modo seguono una Religione per tradizione familiare e per motivi più di carattere sentimentale, che spirituale, senza però averne coscienza di ciò.

La categoria del Sacro, ben più ampia di quella della Religione, è un elemento strutturale dell’essere uomo. Ciò viene attestato in tutte le culture del pianeta, in particolare in quelle del mondo arcaico. Per chi volesse approfondire la questione, rimando agli ottimi studi di Mircea Eliade, Renè Guenon, Georges Dumezil, Titus Burckhardt, Marius Schneider, Arturo Reghini, Ananda Coomaraswamy, Cyrill Krasinski, Julius Evola, Pio Filippani Ronconi, Fritjof Schuon, Marcos Pallis, Guido De Giorgio ed altri, a cui devo molto della mia formazione spirituale e culturale.

L’esperienza del Sacro è un’esperienza veramente significante, perché introduce l’individuo nella Realtà Totale. In tale esperienza l’uomo travalica il consueto modo di sentire e di vedere le cose e tutti gli esseri, perché ottiene un notevole ampliamento della sua coscienza, grazie al quale supera il senso dell’alterità e conosce le cose e gli esseri in modo diretto, cioè egli diviene Uno con il Tutto, senza perdere la sua individualità, la quale risulta molto più estesa di quella ordinaria. La dimensione del Sacro introduce l’individuo in una Realtà oggettiva, la quale sola da senso e “Sapore” alla vita e alle cose. Il piccolo mondo meschino e fatto di nulla dei vari egoismi e vanità dei singoli, così fortemente aggrappati agli interessi materiali, svanisce e l’uomo ottiene così un profondo rinnovamento di tutto il suo essere che gli apporterà: Sapienza-Potenza e Bellezza. Il mondo arcaico può dirsi che sia stato il mondo in cui il Sacro abbia costituito l’asse portante tanto della vita dei singoli, che delle intere comunità; cosa che si è perpetuata, sia pur in modo minore, nel mondo antico fino al nostro medioevo e che sussiste ancora in varie tribù, così dette “primitive”, di varie parti del pianeta. Una delle esperienze più potenti del Sacro delle società arcaiche, è quella del “NUOVO ANNO”. Un re mesopotamico nel giorno dell’Anno Nuovo (Nauroz) proclamava: “Ecco un nuovo giorno di un nuovo mese di una nuova annata; bisogna rinnovare ciò che il tempo ha consumato!”.

Nella concezione di tutti i popoli arcaici la vita vissuta nel tempo lineare, quella che ormai sola vivono i moderni, è una vita profana che viene distrutta dal tempo. Affinché l’uomo possa salvarsi, deve quindi sfuggire alla sua morsa per approdare al non-tempo, cioè alla dimensione del Sacro. Tale esperienza, la sola veramente pregna di significato, veniva propiziata mediante la partecipazione a vari Riti, tra cui assumeva particolare valore il Rito del Rinnovamento all’inizio dell’Anno Nuovo. Naturalmente va inteso che la partecipazione ad un Rito, e a quello del Rinnovamento in particolare, non era un fatto semplicemente cerimoniale e formale, come per lo più lo si intende oggi, ma coinvolgeva potentemente tanto il corpo che la mente dei partecipanti, i quali alla fine ne uscivano realmente cambiati interiormente.-

Il Rito di Rinnovamento dell’Anno Nuovo consisteva nella ripetizione rituale della Cosmogonia. Tale rigenerazione periodica del Cosmo era allo stesso tempo una rigenerazione di tutti i partecipanti al Rito, perché si riteneva che, rivivendo tutto ciò che è avvenuto alle Origini del Mondo, si poteva sperimentare la “Potenza” delle Origini con cui tutte le cose sono state fatte. Importanti erano anche le abluzioni con l’acqua, elemento a cui molti popoli associavano l’origine della vita (anche nel Rito originario dell’Epifania il Cristo benedice le acque).

In tutto il Medio Oriente antico la ripetizione della Cosmogonia comportava il combattimento rituale tra due gruppi di uomini, inteso a riattualizzare il combattimento tra il dio Marduk mesopotamico, e il mostro marino Tiamat; in Egitto tra Ra e il serpente Apophis, tali lotte riattualizzavano ciò che era avvenuto all’origine dei tempi tra il Cosmos e il Caos, con la vittoria del primo sul secondo. In altre tradizioni si spegnevano tutti i fuochi alla fine dell’anno trascorso per accederne dei nuovi all’inizio del nuovo anno. Inoltre, per il fatto che l’Anno Nuovo ripete l’atto cosmogonico, i “dodici giorni” che separano il Natale dall’Epifania, vengono considerati come una prefigurazione dei dodici mesi dell’anno. Anche il clamore che si fa alla fine dell’anno con i fuochi d’artificio e con la distruzione delle cose vecchie, può essere considerato un residuo simbolico di un antico Rito con cui si intendeva cacciare i demoni e allontanare il male.

Un’ultima considerazione: non è tanto la distanza spazio-temporale che separa noi moderni dalle società arcaiche, quanto la frattura interiore che si è prodotta ad un certo punto della storia dell’uomo, la vera causa dell’incapacità degli uomini contemporanei a comprendere e a sperimentare il vero senso del “Rinnovamento” delle cose, per cui conseguenza ne sono le scialbe e insignificanti manifestazioni chiassose dei vari concerti nelle piazze delle città, gli assurdi cenoni in saloni anonimi, gli spari, i fuochi d’artificio e gli auguri formali di buon anno.

Che si riaccenda la Luce nei cuori!

Antonio Bosna