Dai testi biblici sappiamo che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma a cosa si riferisce questa qualità, esclusiva del genere umano?

L’immagine e la somiglianza divina nell’uomo non si riferiscono di certo al viso, agli occhi, alle mani, etc. Sono qualcosa di più profondo e misterioso. Esse riguardano, tra varie altre qualità, la Trinità, che è l’essenza del Dio cristiano. Il Dio rivelato da Gesù Cristo è infatti trinitario. Una è la sua natura, appunto divina, ma tre sono le Persone altrettanto divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Gesù di Nazaret, è noto, è l’incarnazione di Dio nella persona umana del figlio di Maria, che è nel contempo anche il Cristo, l’Unto, l’Inviato, ovvero il Figlio di Dio.

Questa speciale qualità è stata partecipata da Dio all’uomo nell’atto della sua creazione. Infatti, secondo l’antropologia cristiana l’uomo è certamente un’unità, definita poi anche come persona, ma composta, perché possa essere tale, da tre fondamentali componenti: il corpo, ovvero la sua carnalità, la mente, cioè la sua razionalità, e lo spirito, ossia la sua spiritualità. In questa tripartizione assolutamente indissolubile si spiega la grandezza della creazione dell’uomo, fatto appunto a immagine e somiglianza del Dio trinitario.

Cosa sia il corpo dell’uomo è abbastanza evidente a tutti. Riguardo alla sua mente, invece, dobbiamo almeno ricordare gli aspetti razionali, di ragionamento, di pensiero, di calcolo, di memoria, di ricordo, in una parola le facoltà cerebrali. Gli aspetti spirituali, poi, richiamano invece i cosiddetti pensieri del cuore, quali la preghiera, la misericordia, la pietà, il perdono e, sotto alcuni aspetti, le facoltà artistiche.

L’uomo, quindi, è persona quando esplica, unitamente, le attività corporali, mentali e spirituali. Se nell’agire o nel pensare prelevasse uno solo di questi aspetti avremmo degli squilibri. Rispettivamente, l’uomo materialista, l’astratto positivista o il disincarnato di tipo spiritualistico-irrazionale. È infatti l’equilibrio delle tre facoltà che conserva nell’uomo l’originaria e autentica immagine e somiglianza di Dio. Solo per fare un esempio e lasciare tutte le disquisizioni teologiche esegetiche che prenderebbero troppo spazio, è nello stesso segno più celebre del cristianesimo che troviamo questo antico e profondo insegnamento: il segno della croce.

Il cristiano, nel segnarsi, dapprima tocca la sua fronte, ovvero il luogo della ragione, il capo, chiamando e rimandando, nel gesto, a Dio Padre. Poi, portando la mano verso il cuore, tocca il centro del suo corpo, che ora rappresenta la sua umanità, o carnalità, qui rappresentata dall’invocazione al Figlio incarnato. Infine, sfiorando le due braccia, fa riferimento allo Spirito Santo, ovvero all’energia attraverso cui tutto è possibile. Per questo la Sacra Scrittura, la teologia e la liturgia conoscono la celebre frase: per volontà del Padre, per mezzo del Figlio, per opera della Spirito Santo.

Ecco come la Trinità è tutta intera nell’uomo che, compiutamente, diviene cristiano. Tuttavia non è facile per l’uomo conservare intatta l’immagine e la somiglianza di Dio nel corso della vita. Essa viene, come è noto, più volte offuscata, lacerata, tradita, al cui restauro la Chiesa ricorre con i sacramenti. Che però non sollevano l’uomo da ulteriori cadute e imperfezioni a causa del peccato sempre presente e minaccioso.

Alla luce del nuovo periodo quaresimale e delle vicende internazionali quali il Covid e più recentemente del conflitto Russo-ucraino l’uomo è chiamato, ancor più che nel passato, a testimoniare l’autentica immagine e somiglianza di Dio che porta sigillato in sé.   E lo fa avendo cura del proprio corpo e della natura (aspetto corporale), del suo pensiero e delle sue azioni (aspetto razionale) e, infine, avendo cura del prossimo (aspetto spirituale), così da attuare il più possibile la cosiddetta Regola d’oro o grande comandamento che Gesù ci ha lasciato, e che tutte le norme comprende: ama il prossimo tuo come te stesso e Dio sopra ogni cosa. Solo in questo modo l’uomo può divenire più umano, ricordando un’altra celebre frase, questa volta di San Giovanni Paolo II, Gesù Cristo svela l’uomo all’uomo.

Questa è la responsabilità che oggi l’uomo compiuto è chiamato ad offrire al mondo, senza immaginarsi al di fuori del peccato o perfetto, anzi. Ma essere sempre pronto a desiderare di restaurare nella sua vita l’immagine e la somiglianza di Dio che, sebbene perdute o tradite, posso sempre essere sempre riottenute o rinvigorite, se penitente, attraverso il per-dono, ovvero l’ottenimento reiterato di quel dono divino d’origine grazie alla sua relazione filiale con Dio e con la Chiesa.         

Michele Loconsole