L’Italia, la Russia, il Terzo Reich e l’URSS

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La storia, si sa, la scrivono i vincitori e molte volte la scrivono anche coloro che millantano vittorie. In Italia poi siamo molto creativi e in fin dei conti con il 25 aprile, con la scusa della dal cosiddetto nazi-fascismo, finiamo col festeggiare la fine della II guerra mondiale quasi l’avessimo vinta. Di tanto abbiamo conferma quando sentiamo affermare che la guerra l’ha fatta l’Italia di Mussolini, l’Italia fascista, mica l’Italia! Per ottant’anni ci si ostina ancora a dover prendere le distanze da un evento storico incontrovertibile che coinvolge tutti noi che vogliamo dirci italiani. È come se un domani l’Italia dovesse uscire dall’Unione Europea e si cominciasse a dire che è stata l’Italia di Prodi a volerci entrare.

Lo si affermi una volta per tutte: la storia d’Italia, bella o brutta che sia, è unica per tutti e si capisca bene che all’estero poco importa chi fosse al governo quando l’Italia entrò in guerra, poiché era l’Italia ad entrare in guerra e non certo la sola persona o il solo partito di Mussolini, né i soli fascisti.

Ma si sa, la partigianeria spaghetti e mandolino è talmente convinta della validità del metodo gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra, che ad ogni piè sospinto si dissocia e si schiera storicamente laddove l’Italia non c’era. L’Italia, piaccia o non piaccia, ha cominciato la seconda guerra mondiale al fianco della Germania e l’ha poi continuata al fianco del Giappone; l’Italia, piaccia o non piaccia, ha combattuto in armi contro gli Stati Uniti d’America e contro l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche alias URSS. Punto. L’esito è stato quello che tutti conosciamo: una sconfitta militare dell’Italia e delle forze dell’Asse con la firma di una resa incondizionata. Punto.

Purtroppo, però, per tanti politici italiani della Prima Repubblica, la voglia di rifarsi una verginità è stata tale da riscrivere i fatti fino al punto da appellare “alleato” chi alleato non era; “male assoluto” chi, fino a pochi mesi prima era osannato dalle piazze; e l’adozione del termine “fascista”, a volte col suffisso aggravante nazista, quale sinonimo di violenza, razzismo, sessismo, prevaricazione, discriminazione, ecc.; creando confusioni senza fine.

Questo allucinogeno clima culturale tutto italiano, che costituisce una posizione di rendita, per fortuna in fase di esaurimento, per tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, ha finito per disorientare anche il nostro Presidente della Repubblica che in un suo intervento, in fin dei conti, si è lanciato nell’accostare “l’odierna aggressione russa all’Ucraina“ al Terzo Reich contro il quale, è fatto noto, l’URSS dell’epoca aveva combattuto.

Ovviamente, mentre in Italia una tale qualificazione non ha destato scandalo, dal momento in cui anche belzebù è notoriamente nazi-fascista, in Russia non è andata proprio così tant’è che la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, non avendo dimestichezza con la retorica politica italiana, ha valutate offensive le dichiarazioni del Presidente della nostra Repubblica ricordando al Nostro la nostra alleanza con la Germania e l’apporto che l’Italia ha dato alla campagna di Russia .

A mio modesto parere, effettivamente, il nostro Presidente della Repubblica, se proprio voleva contestare qualcosa alla Russia, piuttosto che paragonarla al Terzo Reich, avrebbe potuto, meglio e più efficacemente, richiamare alla memoria le atrocità messe in atto da tale Iosif Stalin, per i compagni Baffone, le deportazioni nei gulag, o le decine di milioni di persone uccise per realizzare il paradiso sovietico e comunista.

Di sicuro non avrebbe ricevuto la standing ovation e la solidarietà dei semicircoli parlamentari di casa nostra, ma di certo non avremmo assistito ad una vera e propria gaffe con conseguente lezione di storia.

Paolo Scagliarini