L’Orfanotrofio di Prinkipos

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Sull’isoletta di Prinkipos (Büyükada) di fronte al lato orientale di Costantinopoli, nel mar di Marmara, sorge l’edificio in legno più grande d’Europa, ed è di proprietà del Patriarcato Ecumenico. Dopo un lunghissimo ed estenuante contenzioso giudiziale, conclusosi nel luglio 2006 con il pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla sua proprietà patriarcale, l’“Orfanotrofio di Prinkipos”, cinque piani con 206 stanze e saloni, ha visto riaprire, si fa per dire, le sue porte al pubblico. Le ha riaperte nello scorso mese di agosto a quanti si sono recati per ascoltare le parole con le quali il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo, ha rilanciato il proposito di salvare e restaurare quello che ormai può considerarsi un monumento identitario. Già tre anni fa il Patriarca Ecumenico, in occasione della presentazione di una pubblicazione sull’Orfanotrofio di Prinkipos, così ebbe a dichiarare: “I monumenti della diaspora greca, cui appartiene il monumentale capolavoro architettonico dell’Orfanotrofio di Prinkipos, costituiscono la storia della Nazione, espressione autentica della sua identità e cultura, e ne seguono il divenire storico”, e ancora “L’indifferenza per questo edificio storico, per la sua tutela e manutenzione e per la promozione degli ideali che incarna ed esprime, starebbe a significare abbandono della lotta per il futuro della romeità nella sua culla naturale e storica, ma anche indifferenza per la conservazione dei valori che hanno salvato la Nazione lungo il suo corso storico e ne hanno formato la personalità”.

L’Orfanotrofio di Prinkipos è, infatti, una delle presenze tangibili della romeità (“Ρωμηοσύνη Romiosyni”) in Asia minore. Romei erano e sono tuttora chiamati i greci-ortodossi dell’Asia minore proprio per manifestare la loro discendenza romana dalla Nuova Roma (Costantinopoli) e per distinguersi dalla gente, diventata maggioranza, musulmana.

Dallo svolgersi degli accadimenti che hanno interessato l’Orfanotrofio, emerge, più che evidente, l’interesse coltivato dal governo turco a cancellare i segni ed i simboli della storia, soprattutto recente, della Polis e della sua identità strettamente legata all’ellenismo,  all’impero bizantino ed alla cristianità. Se da un lato c’è un interesse commerciale legato al turismo che tende alla riscoperta ed alla valorizzazione dei segni dell’antichissima presenza ellenica, dall’altro è altrettanto vero che il governo della mezza luna sembra ancora ben impegnato in un’operazione oblio, avviata già nel 1923 col Trattato di Losanna e lo scambio di popolazioni che ne è seguito (circa 2 milioni di romei abbandonarono per sempre l’Asia minore) che perdura oggi anche a colpi di carte bollate. Del resto i numeri parlano chiaro: mentre in Grecia la minoranza musulmana nel 2011 contava circa 120.000 unità (dati statistici 2011), in Turchia nel 2012 i greco-ortodossi rimasti erano soltanto 1.821 (dati ONU).

Ma torniamo al nostro bel palazzo. L’Orfanotrofio di Prinkipos fu costruito da una ricca famiglia greca su progetto dell’architetto levantino Alexandre Vallaury nel 1898. L’idea era quella di realizzare un lussuoso albergo con casinò ma il progetto naufragò poiché Abdul Hamid II, 34° sultano dell’Impero ottomano, ne vietò la destinazione. Quindi, fu oggetto di donazione al Patriarcato di Costantinopoli che nel 1903 lo trasformò Orfanotrofio con annessa scuola primaria. In questa struttura trovarono ospitalità più di 5.800 bambini. Lo stabile assolse a tale funzione fino al 1964, anno nel quale le autorità turche lo dichiararono inagibile, mentre, successivamente, negli anni ’80 fu danneggiato da un incendio. Da questo momento in poi il Patriarcato, legittimo proprietario, per rivendicare il proprio esclusivo diritto, ha dovuto intraprendere la via giudiziaria che, come abbiamo detto, si è risolta positivamente.

Che il Patriarca Bartolomeo sia seriamente intenzionato a restaurare e dunque a riutilizzare questa magnifica costruzione, attenzionata anche dall’UNESCO, è provato dal fatto che lo scorso 18 ottobre ha convocato degli esperti i quali, ciascuno per la propria competenza, hanno cominciato a studiare la storica struttura al fine di individuare la soluzione migliore per il suo restauro.

Paolo Scagliarini