L’Uomo e le nuove frontiere della medicina. Ne parliamo con il dott. Paolo Gulisano
Sostituito dal medico di famiglia nel 1978, il medico condotto offriva gratuitamente assistenza sanitaria ai meno abbienti ricevendo dal Comune di residenza compensi stabiliti da un tariffario per gli altri cittadini.
Ma come è mutato il rapporto medico – paziente negli anni? Risponde il dott. Paolo Gulisano epidemiologo presso il Dipartimento di Prevenzione dell’ATS della Brianza, scrittore, saggista, autore di diversi volumi sulla Storia della Medicina, tra cui ricordiamo quello sulle Pandemie, nonchè vice presidente della Società Chestertoniana italiana, collaboratore di diverse riviste e siti web.
Il medico condotto ha rappresentato una figura fondamentale nella storia della medicina e dell’assistenza medica. Una figura che conosco bene perché mio nonno paterno lo era stato in un comune (un tempo agricolo) dell’hinterland milanese. I medici condotti facevano davvero di tutto, perfino piccola chirurgia d’urgenza. Salvavano davvero vite, e quando svolgevano il loro lavoro, i Pronto Soccorsi non erano intasati come oggi. Poi al posto dei medici condotti vennero i medici della mutua, e infine ci fu la Riforma sanitaria del 1978, fatta a imitazione del modello inglese, da cui l’attuale figura del “Medico di Medicina Generale”, un libero professionista con partita IVA ma pagato dall’azienda sanitaria in base al numero di assistiti. Il suo compito è quello di essere il primo terminale a livello territoriale del Sistema Sanitario, un ruolo importante ma che presenta diverse criticità. Le scelte politiche fatte in occasione dello stato emergenziale Covid hanno sostanzialmente messo in evidenza la profonda crisi in cui versa la Medicina del territorio, ma anche in cui versa questa figura di medico, sempre più spesso ridotta a burocrate esecutore di protocolli.
Nel suo recente saggio “Imperativo Tecnologico” si ripercorrono le varie tappe della Quarta Rivoluzione Industriale, “una sorta di fantascienza diventata realtà – si legge nella presentazione – che apre le porte al transumanesimo in cui viene meno la nostra umanità cominciando dalla perdita dell’intelligenza emotiva, l’unica, vera, insostituibile e inimitabile intelligenza che ci fa essere persone”. Quali le conseguenze etiche e religiose ?
La nostra epoca di molti dubbi e pochissime certezze vede però l’imporsi di una sorta di imperativo tecnologico: se qualcosa è tecnicamente possibile, perché non farla? Questa idea ha conquistato scienziati, ma anche economisti e politici, particolarmente sensibili alla seduzione del “perché no?” L’intelligenza artificiale è un esempio di questo imperativo tecnologico. I rischi collegati all’intelligenza artificiale sono considerevoli. Oltre a una diffusa riorganizzazione dei mercati del lavoro, i sistemi basati su modelli linguistici di grandi dimensioni, possono aumentare la diffusione della disinformazione e perpetuare dannosi pregiudizi. L’IA generativa minaccia inoltre di inasprire le disparità economiche e potrebbe arrivare addirittura a rappresentare un rischio esistenziale per il genere umano. Il nuovo potere tecnico non è solo un’applicazione economica della scienza nella vita quotidiana, ma è una concezione filosofica del mondo e una visione parareligiosa della vita, dove si “gioca” a sostituire Dio.
L’intelligenza artificiale sostituirà il medico nel fare diagnosi e nello stabilire la cura?
L’intelligenza artificiale è stata accolta con grande entusiasmo in campo medico. Non c’è numero di rivista medica che non parli di nuove applicazioni della IA. Stanno proliferando corsi di aggiornamento su di essa, e nel parlare con medici si avverte un’approvazione incondizionata. L’IA potrebbe essere utilizzata certamente anche nella diagnosi di varie malattie, mediante un’analisi multimodale dei dati del paziente. Si tratta di un approccio più che materialistico alla malattia: è la medicina dei dati, e non più quella dei sintomi. Studi recenti indicano che oltre il 33% delle attività eseguite manualmente dai medici potrebbe essere automatizzato. Il Grande Reset della Medicina potrebbe portarci ad una nuova visione di quella che nell’antichità si chiamava l’arte medica, sostituita da interlocutori meccanici, da decisioni sulla propria salute prese da misteriosi algoritmi.
Il robot non potendo provare emozioni potrà mai soddisfare quel rapporto di fiducia e compassione di cui necessita il paziente?
Assolutamente no. La guarigione è un processo complesso, non un atto puramente chimico o meccanico, dove ha una grande importanza la relazione, tra paziente e medico e anche i congiunti. Si rischia di lasciare il paziente sempre più solo. E’ necessaria l’empatia, oltre che la terapia.
L’uomo si fa dio e crea a sua volta esseri tecnologici che ritiene più perfetti di se stesso, privi di umanità. E’ il trionfo del materialismo?
E’ così. E’ un nuovo tipo di materialismo, diverso da quello dell’800 e del ‘900. Potremmo anche definirlo immaterialismo: è il primato del digitale, della realtà fluida. Ebbri delle nuove scoperte tecnologiche, gli scienziati possono diventare i nuovi prometei che possono spiegare tutto ciò che è umano con l’informatica, con la matematica, con le neuroscienze, con la chimica, analizzando geni, neuroni, ormoni e coscienze. L’uomo, in tal modo, e con l’aiuto di macchine “intelligenti”, non racchiuderà più alcun mistero.
In questa situazione Dio viene escluso, non c’è più posto per i miracoli, la preghiera, la confidenza in un Essere Supremo che si prende cura dei propri figli. E quindi viene meno anche il rispetto del proprio corpo che non si vede più come il tempio dello Spirito Santo in cui dimora l’Onnipotente, ma solo materia. Vero?
Proprio così. La questione dell’Intelligenza Artificiale va oltre un mero dibattito scientifico: è anche filosofico, antropologico e infine religioso. Dietro queste idee, e questi progetti, fa capolino un’antichissima eresia, la più pericolosa della storia, quella della Gnosi. La seduzione della piena e perfetta conoscenza del mondo proposta da Satana nella Genesi: sarete come Dio. E’ l’idea dell’autodivinizzazione dell’uomo, che va oltre i confini della natura.
Ed è per questo che si è arrivati perdendo la fede a fare della vita che Dio ci ha donato quello che pare e piace: aborto, utero in affitto, cambio di sesso, piercing, tatuaggi e ogni sorta di trattamento del corpo che il più delle volte è controproducente e dannoso. Mi sembra che abbiamo toccato il fondo. Pochi o nulli i passi fatti in avanti tra scienza e fede?
“Il corpo è mio e lo gestisco io” diceva un vecchio slogan femminista. Questa pretesa di assoluta autodeterminazione si scontra con il fatto che io non mi sono fatto e non mi faccio da solo, che la vita – e quindi anche il corpo – mi è stato donato, e lo devo custodire e trattare con gratitudine. L’odio per Dio, per il Creatore, si estende alla sua creatura. Per quanto riguarda le scienze, il loro fine è quello di indagare la natura. Non c’è nessuna contrapposizione con la fede, abbiamo avuto nel corso dei secoli tanti scienziati che erano uomini di profonda fede. Ma quando la scienza diventa ideologia, ovvero scientismo, viene utilizzata contro la verità.
Gli studenti di medicina hanno facoltà di esprimere le proprie opinioni o vengono educati dalle case farmaceutiche e molti pensano solo a fare carriera?
L’attuale formazione universitaria dei nuovi medici ha perso a mio avviso la dimensione umanistica dell’arte medica, e c’è il rischio di una visione estremamente parcellizzata del malato. Il rischio poi del vedere nella professione solo una opportunità di guadagno e di carriera è sempre stata forte e lo è anche oggi.
L’uomo secolarizzato vuole vivere eternamente sulla terra scavalcando la legge naturale, rinunciando alla propria anima… un uomo fuori controllo?
E’ il sogno – o per meglio dire l’incubo – del transumanesimo, che è la forma con cui si presenta oggi una antica, terribile eresia, la Gnosi. Se per gli antichi gnostici la redenzionedell’anima coincideva con la liberazione da quella prigione che per essi era il corpo fisico, il transumanesimo cibernetico ne eredita la visione di fondo, riducendo l’anima a mente e la mente a dati informatizzati.
Il mondo ha bisogno di essere rievangelizzato. C è ancora speranza che vengano abbattuti i “vitelli d’oro”?
Noi, da cristiani, non dobbiamo cessare di sperare. Non dobbiamo perdere la certezza che Cristo ha vinto la morte, e ha offerto a tutti coloro che lo accettano la possibilità di salvezza. Nonostante i tempi molto difficili che viviamo, non dobbiamo smarrire la pace e la letizia spirituale che vengono dalla fede, dalla tradizione, da una liturgia correttamente celebrata, dalla preghiera, dalle opere di carità che possiamo e dobbiamo compiere. Dobbiamo sottrarci a quelle forme di vecchia e nuova idolatria che vorrebbero allontanarci dal Dio vero.
Eppure esiste un farmaco d’immortalità, un antidoto per non morire (come scriveva sant’Ignazio di Antiochia nella sua lettera agli Efesini 20,2)… l’Eucaristia la medicina per vivere in eterno!
Questa è esattamente l’arma più efficace e potente per affrontare il male, fisico e spirituale, presente nel mondo, che ci circonda e ci assale. Occorre fare dell’Eucaristia il fondamento del nostro vivere da cristiani.
Cinzia Notaro