Mottola: il Cielo nelle grotte
Ci troviamo nella città di Mottola nel tarantino, nota anche come la terra delle gravine. Una vera esplosione di colori, profumi intensi di erbe aromatiche propri della macchia mediterranea, dove si possono ammirare montagne al rovescio, grattacieli scolpiti nella roccia , chiese, torri, cisterne, case e recinti… Un’attrazione da non perdere che ti porta indietro nel tempo.
Il monachesimo benedettino nell’XI secolo durante il passaggio dalla dominazione bizantina a quella normanna , diviene il canale di trasmissione di una cultura artistica che ricalca fortemente il modello
iconografico orientale.
Tra gli esempi più suggestivi della “cultura delle grotte” nata a cavallo tra Oriente e Occidente ricordiamo le chiese di:
San Nicola, definita la Cappella Sistina della civiltà rupestre che conserva degli affreschi in un eccezionale stato. Evidente la sua anima orientale dato il culto dei Santi Basilio, Santa Parasceve, San Nicola; via via che il processo di latinizzazione andava avanti si promosse la venerazione di estrazione occidentale ad opera dei longobardi relativa ai Santi Lorenzo, Pietro, Stefano, Lucia a cui si aggiunse la devozione all’Arcangelo Michele;
Santa Margherita invocata dalle partorienti. E’ rappresentata in abiti preziosi e con un viso dai tratti delicatissimi. Il suo martirio è ritratto in alcune scene dipinte sulla parete. Possiamo anche apprezzare
una scultura di san Nicola, protettore dei bisognosi e dei poveri nell’atto di concessione della “dote alle tre fanciulle”;
San Gregorio dalle caratteristiche architettoniche di grande pregio. Tra gli affreschi spicca nella sua rara bellezza il maestoso “Pantocratore” realizzato nella calotta centrale dell’abside e paragonato al Cristo del Duomo di Monreale;
Sant’Angelo è un unicum nell’Italia meridionale per il suo sviluppo su due diversi piani ipogei, con l’invaso inferiore utilizzato come necropoli. La chiesa fa parte di uno dei villaggi rupestri di stampo
medievale chiamato Casalrotto, sorto intorno al monastero benedettino di Sant’Angelo. L’ipogeo interno si presenta a tre navate e tre absidi. Due sono le Deesis nella chiesa superiore e una nella chiesa inferiore
che richiamano il suo carattere funerario.
Ci soffermiamo adesso sulla gravina e sul villaggio di Petruscio. Lo spettacolo è straordinario… sembrano dei grattacieli di grotte a piani comunicanti fra loro. La vita sociale era ben organizzata: lavoro nei
campi, magazzini, centri di culto religioso, insediamenti abitativi, cimiteri e altro ancora. Il canyon ospita tre chiese rupestri ricche di graffiti devozionali , di cui la più imponente è la “Cattedrale”. Il territorio antropizzato sin dall’epoca preistorica è stato abitato in maniera stabile dall’Alto Medioevo fino al XIII- XIV secolo.
E per finire, dopo la scalinata di accesso al villaggio di Petruscio si arriva ad una casa-grotta un modello alternativo alla casa costruita (a partire dall’Alto Medioevo al XIII-XIV secolo) adottato soprattutto da chi si dedicava all’agricoltura e alla pastorizia (molte di queste grotte artificiali sono conformi all’unità abitativa urbana di origine contadina mottolese , la cosiddetta “alcuov’ e camarin”), dove c’era un’area di pertinenza chiusa da un cancello di legno, una vasca abbeveratoio per animali, una grande cisterna a
campana per la raccolta dell’acqua. All’interno invece, le alcove, due grandi nicchie, il camino-cucina, l’area riservata agli animali e alla conservazione degli strumenti da lavoro. Il tutto diviso da steccati di
legno. Inoltre sul pavimento possiamo osservare due fovee usate come depositi di derrate.
Sono scenari antichi, ricchi di storia e di bellezza che come sempre l’entroterra ionico continua ad offrire e a saper custodire.
Cinzia Notaro