Pregare con gli occhi. La contemplazione delle icone
Prima di iniziare la divina liturgia, il presbitero, il diacono e i fedeli che entrano in chiesa, venerano le immagini del Signore Gesù Cristo, della Santissima Madre di Dio, del precursore Giovanni Battista e di tutti i santi, perché esse presentano alla nostra mente tutta l’economia della salvezza divina: “L’immagine infatti è una memoria. Ciò che è il libro (ndr. la Sacra Scrittura) per coloro che conoscono la scrittura, questo è l’immagine per gli illetterati, e ciò che è la parola per l’udito, questo anche è l’immagine per la vista”[1]. Per questa ragione non esistono chiese bizantine senza icone, indispensabili per celebrare la divina liturgia.
Nel kontàkion della domenica dell’Ortodossia si canta che la prima icona del Signore si è rivelata con la sua incarnazione e la prima iconografa è stata la Madre di Dio: “L’incircoscrivibile Verbo del Padre, incarnandosi da te, Madre di Dio, è stato circoscritto e, riportata l’antica forma l’immagine – l’icona – deturpata, l’ha fusa con la divina bellezza. Noi dunque, proclamando la salvezza, a fatti (NdR ossia con la raffigurazione delle icone) e a parole vogliamo descriverla”[2].
La lettura del Vangelo e le icone, il Vangelo dipinto, ci aiutano a vivere il mistero della salvezza dell’uomo che celebriamo nella divina liturgia e ci accompagnano nel Regno dei cieli fin d’ora presente: “Mentre l’occhio sensibile fissa l’icona, concentro l’occhio spirituale dell’anima – assieme all’intelletto – sul mistero dell’economia dell’incarnazione”[3]. Attraverso le sante icone guardiamo e ascoltiamo il Signore Gesù, la Madre di Dio e i santi che, come da delle finestre, si affacciano dal paradiso per comunicare con loro: “Con gli occhi corporei gli apostoli videro il Signore, altri videro gli apostoli e altri i martiri. Anch’io desidero di vederli con l’anima e con il corpo… Io, poiché sono un uomo e sono rivestito di corpo, desidero anche con il corpo di entrare in dialogo con le cose sante e di vederle”[4].
Le icone ci stimolano a lodare Dio: “Soffocato dai pensieri come da spine mi reco nel comune luogo di cura delle anime, nella chiesa: lo splendore della pittura mi attira guardare, come un prato essa mi rallegra la vista e insensibilmente infonde nell’anima la gloria di Dio. Io contemplo la fermezza del martire ed il premio delle corone, sono spinto all’emulazione da un sentimento ardente come fuoco, prostrandomi a terra presto venerazione a Dio attraverso il martire e ricevo salvezza”[5].
In questo modo insegna il nostro santo padre Teodoro lo Studita: “Imprimi Cristo […] nel tuo cuore, là dove egli [già] abita; sia che tu legga un libro su di lui o che tu veda in immagine, possa egli illuminare il tuo pensiero mentre tu lo conosci doppiamente sulle due vie della percezione sensibile. Così tu vedrai con gli occhi ciò che tu hai appreso mediante la parola. L’intero essere di colui che ode e vede in questo modo sarà riempito della lode di Dio”[6].
diac. Antonio Calisi
- [1] GIOVANNI DAMASCENO, Difesa delle immagini sacre, 1, 17, a cura di V. FAZZO, Città Nuova , Roma 1983, p. 50 (Collana di testi patristici, 36).
- [2] Anthologhion di tutto l’anno, vol. 2 a cura di M- B. ARTIOLI, Lipa, Roma 2000, p. 596.
- [3] GIOVANNI DI GERUSALEMME, Contro gli iconoclasti, 13, PG 96, 1360 B.
- [4] GIOVANNI DAMASCENO, Difesa delle immagini sacre, 1, 36, p. 68.
- [5] Ibid., 1, 7, p. 72.
- [6] TEODORO LO STUDITA, Epistolarum, XXXVI; PG 99, 1213, cit. in TEODORO LO STUDITA, Antirrheticus Adversus Iconomacho. Confutazioni contro gli avversari delle sante icone, Traduzione, introduzione e note a cura di Antonio Calisi, Independently published 2019, p. 45.