Putin in ginocchio?
L’economia russa tra sanzioni, inflazione e prospettive incerte. L’aumento delle spese militari, metterà in ginocchio la Russia! Questo gridano a squarciagola la maggior parte dei giornali d’Italia. Il governo russo ha incrementato in modo significativo le spese per la difesa, raggiungendo nel 2024 l’equivalente di 108 miliardi di dollari, una cifra che triplica i livelli del 2021. Questo aumento, riportato da diverse fonti, tra cui ISPI, sembra riflettere la volontà di Mosca di rafforzare la sua posizione militare nonostante le pressioni economiche interne ed esterne.
Dovete tenere sott’occhio un quadro economico nazionale in crisi! Sentiamo ogni giorno queste affermazioni nei maggiori programmi televisivi, come pure: “L’inflazione in Russia sta mettendo a dura prova la popolazione”. Secondo Euronews, beni di prima necessità come burro e uova hanno registrato aumenti dei prezzi fino al 50%. Nel tentativo di arginare l’inflazione, la Banca Centrale russa ha mantenuto un tasso d’interesse del 21%, una misura estrema che tuttavia rischia di soffocare ulteriormente l’economia.
Le prospettive per il 2025 sono catastrofiche, altra stangata sulle ginocchia. Secondo il Messaggero, il 2025 potrebbe segnare l’ingresso della Russia in una fase di stagflazione, un mix di stagnazione economica e alta inflazione. Una situazione che potrebbe rappresentare una seria sfida per il paese e per la sua stabilità interna. Per non finire sembra che l’impatto delle sanzioni internazionali, farà crollare il Paese.
Le dichiarazioni dei leader politici italiani durante i primi mesi di guerra in Ucraina sottolineavano un ottimismo marcato sull’efficacia delle sanzioni. L’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il 14 marzo 2022, auspicava un indebolimento dell’economia russa grazie alle restrizioni imposte dall’Occidente. Allo stesso modo, l’allora segretario del PD, Enrico Letta, dichiarava che le sanzioni avrebbero portato al collasso dell’economia russa, citando un calo dell’11% del PIL del paese.
A distanza di tempo, però, l’economia russa non sembra essere crollata completamente, anche se i segni di difficoltà sono evidenti. Al contrario, gli effetti collaterali delle sanzioni stanno avendo ripercussioni soprattutto sull’Europa, Italia inclusa, con l’aumento del costo dell’energia aggravato, dalla chiusura dei gasdotti russi da parte dell’Ucraina. Secondo stime diffuse, le famiglie italiane potrebbero dover affrontare un incremento dei costi pari a circa 300 euro annui.
Come se non bastasse, i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) sfidano l’egemonia occidentale infatti, sul fronte geopolitico, il fronte dei BRICS continua ad allargarsi, con l’ingresso di altri nove stati nell’alleanza. Il blocco, nato come rappresentanza delle economie emergenti, punta sempre più a sfidare l’egemonia degli Stati Uniti e del dollaro, consolidando il proprio peso globale.
Tiriamo le dovute conclusioni.
Tra previsioni allarmanti e dichiarazioni politiche ottimistiche, la realtà sembra collocarsi nel mezzo. L’economia russa sta affrontando una combinazione di sfide interne ed esterne, ma non è crollata come alcuni avevano previsto o sperato. Tuttavia, anche l’Europa, e in particolare l’Italia, non è immune da ricadute economiche.
Resta da vedere quale sarà l’impatto a lungo termine di queste dinamiche economiche e geopolitiche anche se già da oggi non si auspicano estati felici per il 2025.
Le sanzioni possono davvero portare alla resa di un’economia come quella russa, o finiranno per danneggiare maggiormente l’Europa? Come sempre, sarà il tempo a dare un verdetto definitivo.
Giovanni Paradiso