San Basilio il Grande: maestro spirituale dei monaci e di tutti i fedeli

San Basilio il Grande - Icona dpinta da Antonio Calisi

Il legame tra la Sacra Scrittura e san Basilio è particolarmente forte, non solo per la presenza e la vastità dei riferimenti in tutti i suoi scritti, ma principalmente per l’intuizione spirituale con il quale il grande Padre esamina i brani biblici e li commenta con precisione ponendo in risalto la totale e continua ubbidienza alla Parola di Dio raccomandata e messa in pratica.

La Parola di Dio è la massima autorità per la Chiesa come per ogni fedele, di fronte alla quale ciascuno deve mettersi come servitore.

San Basilio afferma più volte che ogni parola, ogni gesto del cristiano deve essere assicurata dalla Parola di Dio. Soltanto fondandosi su di essa, si può operare conformemente alla volontà di Dio. Essa è la sola regola a cui ubbidire, l’esclusivo principio di discernimento a cui fare riferimento.

Davanti ai mali della sua epoca, allontanamento dalla fede da parte dei fedeli e del clero, propensioni elitarie del monachesimo, contrasti che minacciano l’unità, Basilio attribuisce la causa di tutti questi mali all’inadempienza della Parola di Dio[1].

            È indicativo che l’espressione regole (horoi) sia utilizzato nei Moralia in cui sono raccolte più di millecinquecento versetti del Nuovo Testamento, sono le citazioni bibliche utilizzate come base della condotta di vita cristiana. Le Regole Morali, rappresentano la fonte biblica alla quale Basilio attinge dando prova di voler ritornare continuamente al primato della Parola di Dio per comprendere e risolvere un problema.

Ogni battezzato può quindi educarsi sulla Parola di Dio non soltanto sul “che fare” ma anche nei tempi, nelle forme e nei luoghi in cui mettere in pratica la volontà di Dio; il cristiano sarà perfetto nella misura in cui si disporrà alla volontà di Dio manifestata nella sua Parola, svincolandosi da ogni ragionamento umano per abbandonarsi tranquillo nelle mani del Signore. Regola del cristiano e solo la parola di Dio, solo da essa deve lasciarsi plasmare poiché i veri discepoli del Signore sono, infatti, quelli che sono “modellati soltanto su ciò che vedono in lui o da lui odono”[2].

La Parola di Dio è la sola regola valida per tutti i credenti di ogni tempo e luogo giacché unica è la vocazione alla quali siamo stati chiamati nel battesimo, per questo san Basilio non manifesta mai, neanche un piccolo indizio, un’idea che differenzi consigli e precetti evangelici aprendo così la via a una diversità di gruppi o categorie di cristiani.

Pur ammettendo una differenza di ministeri, ai quali corrispondono doni e grazie dello Spirito Santo, san Basilio ribadisce sempre che tutti i battezzati sono chiamati alla santità[3], e che tutti ricevono da Dio forza e potere nel combattimento contro il Nemico, specialmente per mezzo dei sacramenti[4], perché unico è il fine di quelli che collaborano l’uno con l’altro e sono uniti in fraterna unione nell’amore di Gesù[5].

            Nella conclusione alle Regole Morali Basilio esprime il proprium del cristiano:

“Che cosa è proprio del cristiano? La fede operante mediante l’amore…; che cosa è proprio del fedele? Il conformarsi con piena certezza al significato delle parole della Scrittura…; che cosa è proprio del cristiano? L’essere generato di nuovo mediante il battesimo da acqua e Spirito…, l’essere morto e irremovibile di fronte a qualsiasi peccato, come Cristo è morto al peccato una volte per tutte…, amarsi gli uni gli altri, come ance il Cristo ha amato noi…, vedere sempre il Signore davanti a sé…, vigilare ogni giorno e ogni ora… sapendo che all’ora che non pensiamo il Signore viene”[6].

            Ciò è lo specifico di ogni cristiano, questo è sostanziale per ogni imitatore di Gesù che trova nel battesimo e nell’eucaristia la sorgente del suo essere cristiano.

Per san Basilio non ci sono né fattori di distinzione nella chiesa, né elezioni privilegiate che si differenzierebbero da un popolo cristiano dispensato dall’impegno della santità.

Non c’è niente dell’essenza del cristianesimo che spetterebbe ai monaci e non agli altri cristiani; la povertà e l’obbedienza non sono neanche una volta comprese come consigli ma come legge essenziale della sequela di Gesù da parte di ciascun cristiano. La peculiare verità determinante per ogni cristiano è il battesimo e la sola regola di vita è la Parola di Dio.

            Se si mettono a confronto il trattato sul Battesimo e gli scritti “ascetici” vi è una assoluta corrispondenza di espressioni utilizzate per definire la vita ascetica delle fraternità e la vita cristiana[7].

Come qualunque cristiano è consacrato al Signore nel battesimo, allo stesso modo il monaco[8], come ciascun cristiano vive una vita angelica, così il monaco[9].

            A parte il celibato, nulla di quello che spetta alla vita monastica è diverso alla vita cristiana, distacco da tutto quello che è terreno[10], crocifissione con Cristo[11], consacrazione e donazione al Signore[12], appartenenza all’unica fraternità che è la Chiesa, fanno parte del radicalismo di ogni battezzato, per questo san Basilio proporrà come vero ed esemplare cristiano, il martire[13].

Accanto questa raccolta chiamate Regole morali, la tradizione ci ha tramandato altri due scritti, serie di domande e risposte cui fu assegnato in modo inesatto il nome di “Regole”. San Basilio negli anni della sua missione presbiterale visita le comunità comprese fino a quel periodo nell’alveo del movimento eustaziano rispondendo agli interrogativi che gli venivano posti dai fratelli. Queste domande-risposta costituirono una prima fase dell’Asceticon basiliano: il piccolo Asceticon. Negli anni dell’episcopato questo testo fu sviluppato e perfezionato fino a comporre la raccolta delle 55 Regole diffuse dove troviamo una descrizione ordinata dei concetti primari della spiritualità basiliana, seguita da una seconda meno strutturata, le cosiddette Regole brevi, 318 domande-risposte su svariati temi. Nessuna regola di conseguenza, così come nessuna classe specifica di cristiani. Ai fratelli, alle sorelle delle comunità, che si identificano per la particolarità del loro carisma ma che non si separano dalla comunità ecclesiale, viene ripresentata la vita di sequela all’unico Signore Gesù Cristo.

            Sebbene san Basilio ha consegnato delle regole di condotta a quelli che vivevano una vita comune nel celibato, in nessun caso adopera il linguaggio monastico, mai si serve di vocaboli come monaco o monastero. I fedeli sono sempre chiamati cristiani, a volte fratelli poiché ritiene l’unicità della chiamata cristiana come principio di ogni fedeltà alla Chiesa e al Signore Gesù. L’unica regola è il Vangelo.

Non approfondirà molto il celibato e la preghiera e non sopravvaluterà l’esperienza monastica a spese della realtà sacramentale.

            In san Basilio non c’è, in modo specifico, una vocazione monastica, ma la sua attenzione è indirizzata a mettere in risalto il proprio dell’ascesi cristiana, nondimeno non bisogna affatto smentire la particolarità monastica di certi insegnamenti dati alla fraternità nelle Regole Brevi e Diffuse nella Lettera II a Gregorio nazianzeno e nella Lettera 173 alla monaca Teodora.

Come principio della vita monastica per san Basilio c’è il celibato (parthènia, agamia)[14] e la vita comune stabile in fraternità (koinònia)[15].

            Vicino a questi due capisaldi ci sono altri due aspetti propri della vita monastica, ma non possono essere ritenuti riservati al monachesimo. Ci si richiama a due argomenti presenti in tutto l’Asceticon: la rinuncia la non-distrazione.

            La rinuncia (apotaghé) consente di entrare nella vita divina, respingendo il demonio e le realtà temporali fino alla rinuncia di sé stessi[16]

“essa è principio dell’assimilazione a Cristo, il quale, da ricco che era, si è fatto povero per noi. Se non perveniamo all’assimilazione a lui, ci sarà impossibile abbracciare quel genere di vita conforme all’evangelo di Cristo”[17].

            Per quanto concerne la non-distrazione (ameteòriston), rappresenta una parte fondamentale della spiritualità di Basilio riservando molti passi nelle Regole. Solamente con una condotta interiore di non-distrazione si può giungere al traguardo dell’unità del cuore, preoccupandosi delle cose del Signore e vivendo ininterrottamente nel ricordo di Dio.

“Il Signore, infatti, ha affermato categoricamente: Così, chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Ma una volta fatto questo, dobbiamo custodire con ogni cura il nostro cuore perché non ci accada di scacciare il pensiero di Dio o di infrangere con fantasmi di cose vane il ricordo delle sue meraviglie; dobbiamo piuttosto perseverare nel santo pensiero di Dio mediante un ricordo incessante e puro, impresso nelle nostre anime come sigillo indelebile. In questo modo resta vivo in noi l’amore di Dio che ci incita all’adempimento dei comandamenti del Signore e, a sua volta, viene custodito e reso duraturo e saldo per mezzo loro” [18].

            Attraverso la non-distrazione il cristiano, il monaco, diviene tempio di Dio in virtù della memoria Dei[19], difatti, quando lottiamo contro la distrazione siamo in condizione di “a cogliere lo Spirito santo”; all’anima non è dato altro spazio che quello di pensare a Dio, alle sue opere, ai suoi doni, in modo tale da glorificare il Signore e rendere grazie a Lui in ogni attimo della nostra vita. Soltanto in questo modo lo spirito del fedele non trova tempo per distrarsi[20] realizzandosi nella santità.

Tutti i battezzati che aspirano ad essere osservanti del Vangelo di Nostro Signore Gesù, troveranno nelle Regole di Basilio un testimone delle urgenze evangeliche e un sapiente ispiratore di una vita vissuta autenticamente alla santità.

Antonio Calisi


[1] Cfr. BASILII MAGNI, De Judicio Dei, 1-2, PG 31, 653-657.

[2] Moralia, 80, 1; PG 31, 860.

[3] Cfr. Moralia, 80,22; PG 31, 869.

[4] Cfr. De baptismo; Il battesimo, testo greco, traduzione italiana e commento a cura di U. Neri, Brescia 1976, pp. 321-323.

[5] Cfr. NERI, p. 369.

[6] Moralia, 80,22, PG 31, 868-869.

[7] Cfr. NERI, p. 151-153; Epistulae 207, Lettres, II, testo greco e traduzione francese a cura di Y. Courtonne, Paris 1957-1966 207, p 185.

[8] Cfr. IBIDEM, p. 127; Regulae brevis tractatae, 187, PG 31.3, 1208.

[9] Cfr. IBIDEM, pp. 227-229; Regulae fusius tractatae, 8, PG 31, 933-941; Epistulae 46, COURTONNE, I, p. 118.

[10] Cfr. IBIDEM, pp. 227-229. ,

[11] Cfr. IBIDEM, pp. 205-207.

[12] Cfr. Homilia in Sanctu Baptisma, 3; PG 31, 429.

[13] Cfr. Homilia Adversus Iratos, 5; PG 31, 364.

[14] Cfr. Regulae fusius tractatae, 15, p. 129.

[15] Cfr. IBIDEM, 14, PG 31, 949-952.

[16] Cfr. IBIDEM, 8, PG 31, 933-941.

[17] IBIDEM, 8, PG 31, 933-941.

[18] IBIDEM, 5, PG 31, 920-924.

[19] Cfr. Epistulae 2 COURTONNE, I, p. 13.

[20] Cfr. Regulae brevis tractatae, 306, PG 31, 1300-1301.