Santa Sofia, se continua così non vedrà il 2050

Santa Sofia, la grande Basilica di Costantinopoli, torna a far parlare di sé. Dopo essere stata aperta al culto musulmano come moschea nel luglio 2021, Santa Sofia è stata oggetto di un reportage della testata giornalistica turca Cumhuriyet che ha documentato (https://www.dailymotion.com/video/x8axbbq) come l’affluenza indiscriminata di gente sia causa di un vorticoso degrado. Con il titolo provocatorio: “Santa Sofia, se continua così non vedrà il 2050” Cumhuriyet ha denunciato la mancata esecuzione dei necessari lavori di restauro, l’utilizzo del tempio per pernottare o come deposito bagagli e passeggini, o ancora l’ingresso libero per l’utilizzo dei bagni. Archeologi e studiosi di storia turchi hanno suggerito di imporre un biglietto a pagamento per un ingresso contingentato di 20 persone alla volta come misura conservativa del sito.

Ovviamente, tale denuncia ha avuto una immediata eco in Grecia, dove già nel 2021 si registrò la più veemente protesta contro la decisione di trasformare Santa Sofia in moschea, e dove la sensibilità sulle sorti della Basilica è altissima. Ma le rimostranze elleniche sono state respinte al mittente da Ömer Çelik che, con sprezzante ironia, si è chiesto cosa c’entri la Grecia con Hagya Sofya dal momento che questa moschea rientra nel territorio della Repubblica di Turchia, ignorando, tra l’altro, che Santa Sofia, pur rientra nel patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

A tener ancor più viva la polemica intorno alla più grande Basilica della Cristianità, caduta nelle mani dei musulmani nel 1453, l’idea di Erdogan di porre l’immagine di Santa Sofia sul passaporto turco: non si sa se come elemento di identità di un popolo o di conquista.

Paolo Scagliarini