Sant’Arsenio di Cappadocia
La notorietà di san Paisios ha varcato i confini della Grecia espandendosi ogni dove. Di recente anche la cinematografia si è interessata al santo producendo una serie televisiva (canale MegaTv) che quest’anno proseguirà nel narrare la seconda parte della sua vita.
Qui però vogliamo soffermarci su un’altra figura di santità, quella di sant’Arsenio che battezzò san Paisios e condusse, nel 1922, la comunità di Fàrassa dall’Asia minore all’isola di Corfù dove sant’Arsenio rimetterà il suo spirito.
Sant’Arsenio nacque nel 1840 a Cesarea di Cappadocia da Eleftherios Anitsalichos e Barbara Frangos e fu battezzato col nome di Theodoros. Rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, si salvò miracolosamente da una esondazione di un torrente e il prodigio fu attribuito all’intervento di san Giorgio del quale ebbe una apparizione. Questo fu probabilmente l’evento che già da quell’età lo portò a decidere per la vita monastica.
Per avere una formazione andò prima a Nisdi e poi, per continuare negli studi superiori, a Smirne.
A ventisei anni diventò monaco prendendo il nome di Arsenio. Il Metropolita di Cesarea, Paisios II, anch’egli proveniente da Fàrassa, lo ordinò diacono e lo inviò a Fàrassa col compito di dare una istruzione ellenica ai bambini del paese. A trent’anni fu ordinato presbitero con il titolo di Archimandrita e con la missione di padre spirituale.
Appena ordinato si recò in pellegrinaggio in Terra Santa. Tornato a Fàrassa continuò a vivere come monaco con grande ascesi non tralasciando il suo compito pastorale insegnando ai bambini la lingua e la cultura greca. Tanto più rigoroso era nel percorrere personalmente la dura via dell’ascesi, tanto più era l’amore che dispensava al suo prossimo condividendone le condizioni, qualunque queste fossero. Tale esercizio pastorale gli guadagnò da Dio la grazia di poter guarire dalle afflizioni le persone che ricorrevano a lui fossero greci o turchi, cristiani o musulmani; anzi, i turchi vedendo tali prodigi non osarono toccare i cristiani.
Una prova della grazia divina ricevuta da san Arsenio si manifestava sul suo volto che diventava luminoso, quando celebrava la Divina Liturgia. Tale circostanza ebbe numerose testimonianze, specie da parte di coloro che concelebravano.
Dopo la catastrofe dell’Asia minore, quando nel settembre del 1922 la città di Smirne venne data alle fiamme, e dopo lo scambio di popolazioni disposto dal contesto internazionale nel 1924, i greci di Fàrassa dovettero abbandonare tutto per migrare in Grecia. In quella drammatica circostanza e prima di affrontare il viaggio, sant’Arsenio si preoccupò di battezzare chi non fosse battezzato e di mettere al sicuro tutte le cose sacre della chiesa comprese le sacre reliquie di san Giovanni Crisostomo, dopo tutto ciò si mise alla guida del suo gregge in questo esodo.
Arrivò con i suoi compaesani a Corfù dove furono sistemati nel castello. In seguito ad una malattia, come sapeva e aveva annunciato, dopo quaranta giorni, il 10 novembre del 1924, all’età di 83 anni, emise il suo spirito.
Paolo Scagliarini