Sognando l’UE. Visite e incontri tra Italia e Serbia
Ad agosto 2025 ricorrerà il 30° anniversario dell’intervento bellico della Nato nei Balcani. I nostri lettori certamente ricorderanno quando dalle nostre basi aeree partivano aerei per andare a bombardare i territori al di là dell’Adriatico, ebbene sembrano passate ere geologiche da questi eventi, ma è pur vero che le tensioni nella vicina regione non sono affatto sopite.
Di recente i rapporti tra Serbia e Italia sembrano essersi intensificati per una dichiarata volontà di aderire all’UE da parte dello Stato balcanico, tant’è che il 19 dicembre c’è stato un incontro tra Tajani e il Presidente Aleksandar Vučić che su X ha pubblicato un breve intervento “I nostri due Popoli sono uniti dai profondi legami storici e di amicizia, e la Serbia e l’Italia oggi sono partner vicini in molti campi. Sono particolarmente grato del continuo supporto italiano al futuro europeo della Serbia e della Regione dei Balcani Occidentali. Ho ribadito l’importanza del proseguimento del processo e del ruolo che l’Italia può avere come partner che appoggia in modo coerente e convinto la politica di allargamento dell’UE”., messaggio a cui Tajani ha replicato: “Al Presidente @avucic ho dato pieno supporto dell’Italia al processo di adesione all’Unione Europea dei Balcani occidentali. Vogliamo continuare ad essere protagonisti di questo percorso di riunificazione europea con un vertice Italo -Serbo a gennaio e una riunione a Roma a febbraio con i Ministri dei Balcani e nuova Commissione Ue”.
Già questa estate, nel mese di luglio si è conclusa la visita di due giorni in Italia del Ministro degli Affari Esteri del Governo della Repubblica di Serbia, Marko Đurić, il quale si è dichiarato soddisfatto della sensibilità e del grado di comprensione dell’Italia per problemi regionali nonché la dichiarata volontà del nostro Governo di impegnarsi per risolverli in modo positivo tenendo però conto degli interessi serbi.
Rivolgendosi ai giornalisti a Roma, Đurić, riassumendo la sua visita ufficiale di due giorni in Italia, ha sottolineato il sostegno ricevuto dalla Serbia in termini di integrazione europea e i frutti della cooperazione tra i due Stati.
Il ministro serbo ha incontrato il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana ed ha partecipato ad un forum presso l’Istituto degli affari esteri, dove è stato affrontato il tema delle priorità strategiche della Serbia e dei vantaggi che avrebbe l’Europa accettando la Serbia tra le sue fila.
Dicevamo delle tensioni che perdurano nell’area e, infatti, a tal proposito Đurić ha avuto modo di sottolineare anche la tragica situazione nella quale versano i serbi in Kosovo e Metohija, dalle cui regioni sono stati di fatto espulsi da tutte le istituzioni, dalla polizia, dalla magistratura, e che si sono trovati a dover subire l’imposizione di sindaci nelle loro comunità con iniziative di regime.
Allo stesso tempo, il ministro ha spiegato che oggi l’economia serba si sviluppa in collaborazione con l’Italia, che è il secondo investitore europeo, ricordando che solo nelle ultime 24 ore è stata costruita la fabbrica “Fiat Grand Panda” a Kragujevac e la fabbrica “Ariston” di Niš, che dà un nuovo volano all’economia serba.
In altri tempi, ad una notizia del genere, ogni italiano avrebbe manifestato il proprio orgoglio per società italiane che per lo strepitoso successo aprono dei punti di produzione all’estero. Purtroppo così non è, dal momento in cui Fiat (ove mai ancora esista questa denominazione) ha trasferito la propria sede ad Amsterdam in Olanda per poter pagare meno tasse e controllare meglio i propri affari, e sempre ad Amsterdam, sempre per gli stessi motivi fiscali, si è trasferita pure la Ariston Thermo Holding già dal 2021.
Considerando che queste grandi società sono di proprietà dei soci che devono rispondere ai propri azionisti di cento nazioni e di mille stati differenti, considerando che certamente gli azionisti legittimamente perseguono l’obiettivo del massimo profitto per il quale è stata presa la decisione del trasferimento in uno Stato dell’Unione Europea che, per la pressione fiscale è preferito agli altri Stati aderenti all’UE, mi sfugge il motivo per sentirmi orgoglioso. Lo sarei stato, insieme a tanti altri italiani, se queste società fossero per davvero italiane portando ricchezza a questa Nazione, ma è evidente che così non è: l’unico beneficio (ma beneficio non è, è diritto) lo traggono i loro dipendenti per il posto di lavoro lavoro e per la retribuzione della quale godranno fino a quando i soci, gli azionisti, non decidano di chiudere gli stabilimenti in Italia ed aprirli, ad esempio, in Cina dove è risaputo che i diritti dei lavoratori sono pari a quelli garantiti qui in Italia.
Allora, carissimo signor Marko Đurić, prima di entrare in questa Unione Europea attenderei che quantomeno si renda omogenea la pressione fiscale su tutto il territorio dell’Unione consentendo al genio di ogni Nazione di emergere e gareggiare alla pari. Questo, nell’interesse di tutti, anche il vostro.
Paolo Scagliarini