Sulle sponde della Magna Grecia

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Il Mediterraneo e i Mediterranei nei luoghi della Magna Grecia attraverso le voci della poesia che trova le sue radici in Leonida di Taranto e Ibico. Poeti cari a Salvatore Quasimodo e Cesare Pavese. 

Il centro del Mediterraneo poetico trova nei poeti delle archeologie le eredità sino a Raffaele Carrieri e a quella generazione che ha fatto delle eredità il nodo del Novecento soprattutto in un passaggio tra Foscolo, Leopardi, D’Annunzio. 

Il lavoro “Sulle sponde della Magna Grecia” è un prezioso ed encomiabile testo, risultato di uno studio composito durato anni, che rende omaggio ad alcune tra le più importanti figure di intellettuali che hanno vissuto la città di Taranto e oltre come geografia dell’anima.
Il titolo originario, “Sulle rive di Taranto”, è stato translato in un significante più ampio che conduce alla grecità. 

Grecia, la culla della civiltà intesa come capacità di rappresentare, attraverso l’estetica della parola, l’immanenza umana nell’universalità del sentire. Illustri esponenti di una letteratura che trae il suo respiro nella visione metafisica dell’esistenza hanno avvertito l’esigenza di sottolineare l’importanza della grecità nel linguaggio lirico. Tra questi vanno ricordati Salvatore Quasimodo e Francesco Grisi, Giuseppe Selvaggi. Pierfranco Bruni con questo libro (edito da Passerino Editore, coautrice Marilena Cavallo, curatela di Rosaria Scialpi), dimostra di accogliere il testimone imprimendo un considerevole solco nel prestigioso tracciato che da 40 anni porta avanti con in mezzo il Festival della Magna Grecia di Taranto degli anni 1995-1999.

La visione delle tre M. che Pierfranco Bruni ha applicato alla cultura del Mediterraneo sono metafora dentro il destino stesso del Maditerraneo. Ovvero Mare, Madre, Memoria sono tre codici che Bruni ha contestualizzato nel concetto storico ed esistenziale di una lettura della cultura letteraria dei Mediterranei, che sono presenti in quasi tutti gli studi di Bruni.
Analitici approfondimenti che ripercorrono lo pneuma vitale (in greco πνεῦμα) di questi poeti che hanno cantato il mito, l’essenzialità di una terra che si lega ineluttabilmente alle radici della cultura occidentale mediante il rimando alla cultura greca.
Un documento che non vuole essere un “rimembrare” e un “raccontare” la poesia meridionale intesa come un nucleo distinto e circoscritto all’interno di una limitata territorialità. Come si legge nel libro: «Non esiste una letteratura locale. Esiste, invece, una letteratura di autori che vivono nella propria terra. Oppure esiste una letteratura che racconta, ora con motivi lirici ora con motivi realisti, l’appartenenza ad una terra». Quindi un voler accogliere in sé la missione di farsi portavoce dell’universalità dell’essere poeti in un canto lirico che è espressione di un ritorno all’origine mediante l’attraversamento del percorso di nascita – vita – morte, nell’ottica nicciana dell’eterno ritorno del sempre uguale. Nel canto di Carrieri, Pierri, Spagnoletti, Fornaro, Scotellaro, Sinisgalli e Bodini si vive un atavico desiderio di circolarità che si manifesta con la centripeta forza di un nostalgico ritorno alla propria infanzia: «I poeti si portano dentro le allegorie dei luoghi, i quali non vengono mai sepolti ma recitati sulle onde di un vento che raccoglie nostalgie». Il testo avrà una nuova edizione prossimamente con un articolato viaggio in tutto il Mediterraneo del Novecento della Magna Grecia comprendente i legami con le sponde greche delle geografie poetiche e culturali.