Una donna russa ed una ucraina sulla via Crucis
Venerdì Santo. Il Santo Padre Francesco vive la Via Crucis con la “santificazione” del mistero sacrificale, come è nel viaggio cristiano. È un atto non solo di fede, ma di esemplare lungimiranza, in cui la carità francescana e paolana (non solo paolina che è la confessione profetica del mistero in Cristo) rappresentano il voler essere in fede di pace soprattutto in una temperie precipitata nel dolore degli uomini.
Di quegli uomini che sono popolo e non solo civiltà. Popolo sì, sempre. Perché dalla escatologia alla ortodossia se non si resta Popolo di Dio si entra in una antropologia in grado di leggere il sottosuolo delle civiltà come velo dei demoni. Già, la lezione di Dostoevskij è il cuore delle voci che giungono come “chiari di bosco”, della agostiniana Zambrano, a notificare una assenza di metafisica.
Voler capire. Non voler giustificare. Voler unire. Non voler esprimere posizioni. Questa volta sto con papa Francesco e con il suo gesto di unire, di abbracciare, di amare quei popoli che sono genti di comunità in comunione di ricerca. Allora. Credo che la volontà di Papa Francesco nel far porgere un preciso segnale di speranza, di profonda umanità e cristianità, nel corso della Via Crucis, ad una donna Russa e ad una donna Ucraina, all’insegna dell’amore e della famiglia, sia un gesto emblematico sul quale bisogna riflettere al di là di ogni bandiera colorata e di ogni marcetta per la pace e comizietto di piazza.
Questa volta Papa Francesco mi trova convintamente al suo fianco. Non bisogna disperare gli uomini. Disperando gli uomini si creano macerie nelle civiltà e le macerie sono voragini di disperazioni. Il Cristiano è un credente nel Popolo di Dio che conosce però l’esistenza del mito, dei miti, degli archetipi. Il Cristiano deve poter abitare quella uscita di sicurezza che non è dominio è sabotaggio. Ma mistero e profezia.
Bisogna saper usare le parole perché le parole sono gesti, sono azioni nella nuvola della metafora, sono parabole che incidono solchi e restano immagini che includono e escludono. Non sto con chi sventola bandiere colorate nelle piazze o agisce come se conoscesse verità nate dal proselitismo dalle penne ideologiche. In questi mesi o settimane abbiamo assistito ad una non conoscenza storica assurda e il senso del libero arbitrio ha puntato a sconfiggere la ragione.
Russia. Ucraina. Occidente. Oriente. Gli uomini formano i popoli, ma ciò è stato dimenticato. Distorto. Manipolato. Disorientato. Sono stati usati vocabolari come se fossero schegge a grappoli. Ciò è dovuto ad una non cognizione antropologica, filosofica, umana della geografia che forma sempre la geopolitica. L’apparenza è sembrata impossessarsi di ciò che definisco il vero oltre il certo. Dominati dal sottosuolo dei demoni siamo diventati distratti mentre le morti sono la morte.
Una Via Crucis è un atto. Ma non solo. È una preghiera nell’anima della Russia e della terra Ucraina. Una preghiera che il Santo Padre ha lasciato come Cristo in Croce e come Cristo risorto. Uomini di fede o uomini senza fede, che possiamo essere, per una volta ancora o per una volta sola, per essere non una sola volta però, ascoltiamo il segno di Francesco in Cristo in questo tempo di devastazioni e non cerchiamo giustificazioni o ragioni, che non significa Ragione, e facciamo in modo di osservare un gesto di comunione per un uomo che è stato crocifisso per la vanità della storia e del potere. Quello di papa Francesco è un gesto di grande umanità e carità per tutte le Chiese di Occidente e di Oriente.
Pierfranco Bruni