Una lettura per i “padreterni” del XXI secolo

ivb

È bastato un virus per far saggiare all’uomo del XXI secolo i propri limiti. Con la dichiarata pandemia la paura dell’estinzione serpeggia in ogni casa. Tante le ipotesi e le congetture in ordine all’origine del virus. Tra queste quella che vorrebbe la sua prima comparsa in un laboratorio di scienziati. Sta di fatto che l’uomo, vocato alla ricerca che parte dalla contemplazione dell’esistente, è invece, in alcuni casi, arrivato a clonare pecore, a violare la natura più intima degli esseri viventi, a creare chimere composte di materiale vivente di varia origine e specie, e tanto non sempre per ragioni o scopi condivisibili o filantropici. Certamente il coronavirus ridurrà, almeno per un certo tempo, il numero dei sostenitori della manipolazione selvaggia in nome di ciò che chiamano ricerca e progresso.

A costoro, a coloro che ritengono di poter saccheggiare il creato senza poi doverne pagare le conseguenze, suggeriamo di tornare con i piedi per terra leggendo e meditando il capitolo 38 di Giobbe.

“Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
Cingiti i fianchi come un prode,
io t’interrogherò e tu mi istruirai.

Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?

Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?

Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?

Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde».

Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all’aurora,
perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?

Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
È sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.

Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell’abisso hai tu passeggiato?
Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell’ombra funerea?

Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?

Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!…


Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?

Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d’oriente sulla terra?
Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c’è nessuno,
per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?

Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l’ha generata?
Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell’abisso si raggela.

Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l’Orsa insieme con i suoi figli?

Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?

Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: «Eccoci!»?
Chi ha elargito all’ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?

Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?

Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?

Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?”