Zelensky e i doni al Papa. Gaffe o Manifesto dell’ateismo militante?
Com’è noto, nel recente suo viaggio a Roma, il presidente dell’Ucraina Zelensky ha incontrato papa Francesco. Le agenzie di stampa e i media hanno rendicontato e rilanciato cronaca ed esito di questo incontro evidenziando come, di fatto, le posizioni tra la Santa Sede e il Governo di Kiev siano al momento inconciliabili.
All’atto del commiato è seguito il silenzio della porta lasciata aperta dal Vaticano, che istituzionalmente confida sempre in un ravvedimento nel tempo, e lo sbamm! della porta sbattuta da Zelensky con la sua affermazione: «Rispetto il Papa ma non abbiamo bisogno di mediatori».
È chiaro che l’Ucraina, insieme alle forze che la sostengono, e dunque insieme agli USA ma anche all’Italia, non punta a ristabilire la pace quanto a vincere la guerra.
A margine di questo incontro storico, riportato dagli organi di stampa, sia pure a corredo della notizia all’apparenza più importante, c’è stato lo scambio di doni tra il Pontefice ed il presidente ucraino, che di fatto ha reso plasticamente visibili le distanti posizioni di entrambi: un ramo d’ulivo contro un giubbotto antiproiettili sul quale è raffigurata la Vergine Maria ed i colori dell’Ucraina più un quadro ritraente l’Odigitria senza il Bambino.
Lo scambio di doni è un atto di protocollo, un gesto di cortesia, uno dei tanti ai quali si assiste ricorrentemente in occasione delle visite ufficiali dei capi di Stato e solitamente utile a riempire di colore la grigia cronaca riportata sui giornali.
Ma quello tra il Papa e Zelensky, a parere di chi scrive, non è stato un semplice scambio di doni. Da ambo le parti si è deciso di dialogare per simboli, simboli religiosi, simboli di fede. Entrambe le parti, pur dovendo affrontare un tema grave quale quello della guerra, hanno pensato di scambiarsi doni che rimandano a realtà alte. Se per il papa una scelta del genere può risultare scontata, non altrettanto può dirsi per il presidente dell’Ucraina che avrebbe potuto offrire in dono un qualcosa di qualificante la cultura e l’identità ucraina e invece ha optato per una infelice invasione di campo. Da parte papale è stato offerto all’ospite un ramoscello d’ulivo in bronzo, segno di pace. Un dono che richiama il ramoscello d’ulivo portato dalla colomba a Noé mentre ancora imperversava sulla terra il diluvio universale; è chiaramente il segno della speranza che preannuncia già nei momenti di difficoltà un nuovo inizio. Un segno ben augurale consegnato a chi, tuttora, non riesce a vedere, chiuso nella sua arca, che la pace è là fuori.
Zelensky ha invece donato a papa Francesco una figura di Madonna dipinta su un pezzo di un giubbotto antiproiettili, il che potrebbe stare a significare che scudo e difesa sia Maria, la Madre di Dio. Questa sarebbe potuta essere una libera e benevola interpretazione delle intenzioni del donante se a questo regalo non fosse seguito l’altro che, di fatto, non lascia spazio a molte interpretazioni: l’icona dell’Odigitria senza il Bambino (Gesù). Zelensky ha motivato la modifica dell’icona, intitolata “La Perdita”, a ricordo di tutti i bambini scomparsi e parrebbe che la motivazione se la siano bevuta (tutti?) i nostri amici e colleghi della stampa che non hanno dimestichezza col mondo orientale, con la funzione delle icone, con la simbologia, con la sacralità.
Ma tralasciando per motivi di spazio la funzione liturgica delle icone, non possiamo non considerare la loro portata simbolica ma anche teologica e dogmatica. L’icona sacra non è un’opera d’arte, e nell’Europa orientale, Ucraina inclusa, questo è un concetto molto chiaro. L’icona trascrive in immagini quanto riportato nelle sacre scritture e, già per questo, ogni aggiunta, o ogni “eliminazione”, come nel nostro caso, è sacrilega e blasfema. Peraltro, le icone raffigurano realtà atemporali, l’eterno, il nuovo mondo. Molto sinteticamente l’Odigitria è l’icona nella quale la Madre di Dio, la Theotokos, indica quale unica Via di salvezza il Figlio che ha in braccio. L’icona taroccata e regalata da Zelensky al Papa, riportando cancellato il Figlio, ha una Madre di Dio senza Figlio, che indica quale via di salvezza il vuoto, il nulla, le tenebre e che nega la maternità della Santissima Vergine Maria. È un’icona anticristica, senza Dio, senza speranza per l’umanità. È un’icona dell’ateismo più spinto.
Ora delle due l’una: o Zelensky è di tale crassa ignoranza da aver fatto una grandissima gaffe o ha portato il manifesto dell’ateismo militante in Vaticano. In entrambi i casi ci sarebbe da riflettere.
Paolo Scagliarini